Negli stabilimenti del dopoguerra serviva un mezzo pratico per spostare pezzi e persone tra le linee. Così prende forma il Typ 2: telaio nudo, motore dietro, in mezzo il vuoto. Pochi elementi, incastrati con logica. Lo chiameranno T1. Poi Volkswagen Bulli. Ha portato attrezzi, valigie, casse, mobili, sedie pieghevoli. Ha assolto soltanto alla sua funzione. All’inizio era così: una scatola in movimento, senza bisogno di altro.
Oggi cambia tutto sotto. Il motore smette di fare rumore, ma spinge. La batteria è infilata nel pianale, incassata, e i materiali sono altri: plastica dura, alluminio, rivestimenti più leggeri. Il telaio è più rigido, la carrozzeria disegnata con limiti nuovi. Dentro è un piano da arredare: sedili che scorrono, si ribaltano, spariscono. Lo spazio non si guarda, si usa.
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Un mezzo per lavorare, poi per partire
Nel dopoguerra, mentre l’Europa si rimette in piedi, un uomo apre un taccuino e disegna un rettangolo con le ruote. L’ispirazione arriva da un carrello motorizzato, usato per spostare materiali negli stabilimenti di Wolfsburg. Quel disegno diventa un progetto. E il progetto prende forma. Il primo modello monta un boxer a quattro cilindri, lo stesso del Maggiolino. È semplice, affidabile, raffreddato ad aria. Pochi cavalli, problemi ancora meno. Il motore è dietro, la trazione posteriore, il telaio robusto: longheroni in acciaio, sospensioni basiche, freni a tamburo. Carica merci, persone, attrezzi, strumenti, biciclette, casse di birra. Lo guidano dai muratori ai medici condotti.
La carrozzeria squadrata, il parabrezza diviso e il muso schiacciato lo rendono riconoscibile all’istante. Nella versione Samba ha ventitré vetri, in quella Westfalia un lavello, un letto, un armadietto in compensato. Ogni configurazione finisce dentro una vita diversa. Dopodiché, succede qualcosa. Il T1 devia il percorso. Si infila nelle università americane, sulle spiagge californiane, nelle comuni hippy. Woodstock bussa. Lo scelgono i figli della controcultura, lo colorano a mano, lo vivono come casa mobile. Diventa uno spazio condiviso, un rifugio nomade, un simbolo pratico di libertà. Dentro ci si mangia, ci si dorme, si parte senza una meta. Il sedile posteriore si trasforma in letto, il frigo è sufficiente per due birre e una notte sotto le stelle.
Mentre le berline mostrano status, il T1 offre comodità. Mentre gli altri impongono forma, lui concede possibilità. Per questo resta. Era utile allora, lo è ancora adesso. Nel 1976, persino Steve Jobs ne vende uno per finanziare il primo computer Apple. Oggi resiste nei raduni, nelle rimesse, nei progetti di restauro fatti in garage. Restaurato o scassato, il T1 fa ancora il suo mestiere: unire persone, trasportare storie, tenere accesa la scintilla del possibile. Oltre settant’anni dopo, continua a muoversi. A modo suo, con lo stesso spirito di allora.
Volkswagen T1 (1950–1967) – Scheda tecnica
- Motore: 4 cilindri boxer, benzina, da 1.131 a 1.493 cm³ (raffreddato ad aria), potenza da 25 a 44 CV
- Cambio: manuale a 4 marce
- Trazione: posteriore, motore posteriore longitudinale
- Velocità max: circa 85–110 km/h in base alla versione e al carico
- Consumi: circa 9,0–9,7 L/100 km in ciclo misto; serbatoio da circa 40 litri
- Lunghezza: circa 4.280 mm
- Bagagliaio: variabile a seconda della configurazione; capacità di carico fino a 1.200 kg
- Peso: tra 890 e 1.140 kg (in base all’allestimento)
- Posti: da 2 a 9 (in base alla versione)
Forma nuova, stesso gesto
L’idea parte da lontano, molto prima che la linea di produzione si metta in moto. Nella testa di chi progetta la ID. Buzz risponde a una domanda precisa: cosa resta di un’icona, quando il mondo intorno evolve? Volkswagen risponde guardando avanti, con lo sguardo pieno di memoria. Il progetto prende forma sulla piattaforma MEB, pensata per l’elettrico. Il motore sta dietro, la trazione pure. Ma qui finisce il parallelo tecnico e inizia un’altra storia. L’ID. Buzz è più lunga, più larga, più silenziosa, più connessa. È concepita per vivere dentro una città digitale, fatta di corsie preferenziali, colonnine, aggiornamenti software.
Eppure, nella sua forma tondeggiante, nel muso corto, nel taglio delle superfici, qualcosa torna. Dentro, sedili facili da spostare e il pianale piatto, continuo. I rivestimenti durano, si puliscono, fanno il loro mestiere. Anche i materiali raccontano una scelta: meno spreco, domina la sostanza. La plancia non invade, il display centrale da 12 pollici gestisce tutto senza diventare invasivo. La tecnologia ti accompagna.
Su strada la risposta è puntuale. Il “cuore” da 204 cavalli muove la massa con decisione, la coppia arriva all’istante, le manovre sono facili. Nei tratti stretti gira con agilità, grazie a un diametro di sterzata sorprendente per le dimensioni. In viaggio mantiene un passo regolare, silenzioso. L’autonomia dichiarata supera i 400 km, la ricarica rapida riporta in strada in poco più di mezz’ora. Esiste anche la versione Cargo, meno rifinita ma altrettanto solida: due portiere scorrevoli, vano da 3.900 litri, pianale basso, facile da caricare. Pensata per chi lavora ogni giorno e ha bisogno di spazio vero, non di fronzoli.
Il T1 stava nel budget di un operaio. Si guidava con le mani sporche e le tasche vuote. I prezzi di listino della Buzz partono da 60.000 euro. A bordo, lo stesso impulso: caricare, partire, costruirsi un rifugio. Dove il T1 si fermava sulla sabbia, la Buzz si ricarica. Dove si aprivano i finestrini per prendere aria, ora si apre il tetto per far entrare luce. La forza della Buzz emerge nell’esperienza quotidiana. Le scelte tecniche sostengono una visione precisa e coerente. Raccolgono una storia interrotta e le danno un contesto nuovo. Se il T1 nasce da un’idea di ricostruzione, la Buzz scolpisce transizione con altri strumenti. Il look la rende riconoscibile, ma è nell’uso quotidiano che si capisce cosa porta con sé. Segue chi la guida senza fare resistenza, come succede con il Volkswagen Bulli. Ecco è la vera eredità: una base solida che lascia spazio a interpretazioni sempre diverse in viaggio.
Volkswagen ID. Buzz (2022–oggi) – Scheda tecnica
- Motore: elettrico sincrono a magneti permanenti, potenza di 150 kW (204 CV)
- Cambio: automatico monomarcia a riduzione fissa
- Trazione: posteriore, motore posteriore longitudinale
- Velocità max: circa 145 km/h
- Consumi: circa 21 kWh/100 km in ciclo WLTP; batteria da 77 kWh netti (82 kWh lordi)
- Lunghezza: 4.712 mm
- Bagagliaio: 1.121 litri (fino a 2.205 litri con sedili posteriori abbattuti)
- Peso: circa 2.511 kg (in base a dotazioni e configurazione)
- Posti: 5 (opzionale 6 o 7 nella versione long wheelbase)