Toyota non si ferma più: vendite record per la Casa nipponica

Vendite in forte crescita per il gigante Toyota che sfiora gli 877.000 veicoli ad aprile, ma il futuro è incerto tra dazi USA e rafforzamento dello yen

Foto di Tommaso Giacomelli

Tommaso Giacomelli

giornalista automotive

Nato e cresciuto a Lucca, laureato in Giurisprudenza a Pisa, sono riuscito a conciliare le due travolgenti passioni per auto e scrittura. Una grande fortuna.

Pubblicato: 31 Maggio 2025 10:00

Toyota ingrana la marcia giusta e centra un aprile da record. Il colosso giapponese dell’automobile ha registrato una crescita delle vendite globali del 10%, sfiorando quota 877.000 veicoli venduti nel solo mese primaverile. Numeri mai visti prima in questo periodo dell’anno. Ma dietro l’impennata non ci sono solo i meriti industriali di Toyota: a spingere la domanda, infatti, è stata l’ombra lunga dei dazi americani, quelli annunciati dal presidente Donald Trump e destinati a rimescolare le carte dell’intero settore automotive.

È proprio nei primi giorni di aprile, infatti, che dalla Casa Bianca è arrivata la mazzata: una tariffa aggiuntiva del 25% su tutte le automobili importate negli Stati Uniti. Una misura pensata per tutelare l’industria nazionale, ma che rischia di far esplodere i costi per le Case estere e, di riflesso, per i consumatori. Toyota ha subito capito il rischio e, come tanti altri produttori, ha colto l’attimo: ha accelerato le consegne, potenziato la distribuzione e raccolto i frutti prima che i dazi potessero frenare il mercato.

Numeri da primato e rischio dazi sullo sfondo

La produzione globale del Gruppo è aumentata del 7,8%, raggiungendo circa 815.000 veicoli: anche questo un primato storico per il mese di aprile. A fare da traino, ovviamente, sono stati i mercati esteri, con una crescita del 9,7% fuori dal Giappone, pari a 756.190 veicoli venduti. Negli Stati Uniti, dove si teme l’impatto più diretto delle tariffe, la crescita è stata del 10% su base annua.

Eppure, nonostante il contesto avverso, Toyota ha scelto una linea chiara: niente aumento dei prezzi. Il gigante nipponico ha ribadito che non trasferirà sui consumatori americani i costi legati ai dazi. Una scelta coraggiosa, apprezzata dagli analisti per il suo valore strategico sul breve termine, ma che potrebbe diventare insostenibile se le misure protezionistiche statunitensi dovessero consolidarsi nel tempo.

Il Giappone si risveglia dopo lo scandalo

La buona notizia arriva anche dal fronte interno. Dopo il tonfo dell’anno scorso legato allo scandalo delle false certificazioni – che aveva costretto Toyota a fermare temporaneamente la produzione di alcuni modelli – il mercato domestico ha rialzato la testa. In Giappone, le vendite sono cresciute dell’11,8%, toccando quota 120.674 unità. Un segnale importante che conferma la solidità della ripresa e la tenuta della fiducia dei consumatori giapponesi verso la loro casa automobilistica di riferimento.

Prospettive e preoccupazioni

Ma non è tutto oro quel che luccica. Toyota, infatti, guarda con realismo al futuro. Per l’anno fiscale che si chiuderà a marzo 2026, l’azienda prevede un calo netto dell’utile del 34,9%, portandolo a 3.100 miliardi di yen, ovvero 18,9 miliardi di euro. Le ragioni? Oltre ai dazi imposti da Trump, pesa la previsione di un rafforzamento dello yen rispetto al dollaro, fattore che rende meno competitiva l’esportazione dei veicoli giapponesi all’estero.

Il combinato disposto di queste due variabili rischia di intaccare i margini operativi anche per un titano come Toyota. Se l’azienda non riuscirà a compensare con una produzione localizzata in Nord America o con strategie alternative di mercato, la tenuta nel medio-lungo termine sarà messa a dura prova.

Una corsa contro il tempo

Quello che si è visto ad aprile somiglia molto a un effetto-scorta, un tentativo – riuscito – di anticipare l’impatto delle politiche protezionistiche americane. Ma nel mondo dell’automotive, la programmazione non può fermarsi al mese successivo. I prossimi dati diranno se Toyota sarà capace di assorbire lo shock oppure se anche il primo della classe dovrà piegarsi a nuove regole di mercato.