La questione della legittimità degli autovelox non omologati è ancora oggi uno dei nodi più controversi del diritto amministrativo degli ultimi anni. La disputa ruota attorno a due termini tecnici che, per anni, sono stati ritenuti sinonimi da Ministeri, enti locali e produttori di apparecchiature per la rilevazione della velocità: approvazione e omologazione.
Tre posizioni della Corte di Cassazione, di cui l’ultima del 6 maggio 2025 (la 12924 del 2025), hanno però smentito questa equiparazione e aperto una frattura interpretativa profonda con il Ministero dell’Interno. Il Viminale, al contrario, continua infatti a sostenere la piena equivalenza tra le due procedure.
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La Cassazione: approvazione e omologazione non sono la stessa cosa
La nuova pronuncia della Cassazione ha riaffermato un principio già espresso nel 2024. Ha chiarito che l’approvazione tecnica di un autovelox da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non può essere considerata giuridicamente equivalente all’omologazione, come invece sostenuto nelle circolari ministeriali emanate negli ultimi mesi.
La Suprema Corte, nel motivare la propria decisione, ha evidenziato come l’articolo 142, comma 6, del Codice della Strada richieda espressamente la preventiva omologazione degli strumenti destinati ad accertare le infrazioni ai limiti di velocità. Questo passaggio normativo, secondo i togati, non può essere aggirato attraverso interpretazioni ministeriali che non trovano fondamento in alcuna fonte primaria del diritto.
Di conseguenza, ogni accertamento effettuato con apparecchiature solo approvate e non omologate è da considerarsi giuridicamente nullo. In termini pratici, le sanzioni amministrative sono annullabili.
Una delle argomentazioni sollevate dalle amministrazioni locali, quando chiamate a rispondere della legittimità degli autovelox, è la cosiddetta buona fede amministrativa. Secondo questa tesi, i Comuni si sarebbero affidati a pareri tecnici e interpretazioni ministeriali considerate autorevoli. La decisione della Cassazione chiarisce che non è sufficiente per garantire la legittimità dell’atto amministrativo. La responsabilità giuridica non viene annullata dalla fiducia nelle circolari: quando l’omologazione è assente, la sanzione è invalida, indipendentemente dall’intento o dalla diligenza soggettiva dell’amministrazione.
La distinzione tecnica tra approvazione e omologazione
La differenza tra approvazione e omologazione, al centro della disputa, non è una questione terminologica. L’approvazione consiste nella valutazione tecnica di un modello di dispositivo, che, una volta approvato, può essere prodotto in serie e commercializzato. Questo processo non comporta alcun collaudo funzionale dei singoli esemplari installati sul territorio.
L’omologazione è invece un procedimento più articolato che prevede il collaudo ministeriale dell’apparecchio con verifiche sul suo funzionamento, sulla sua precisione e sulla sua idoneità a rilevare infrazioni che possono portare a multe, decurtazioni di punti e alla sospensione della patente.
In altri termini, mentre l’approvazione certifica che un dispositivo è adatto allo scopo secondo standard generici, l’omologazione garantisce che il dispositivo sia legalmente autorizzato a fare da strumento di prova nella procedura sanzionatoria.
La nuova ordinanza della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 12924 del 6 maggio 2025, è tornata a esprimersi sulla legittimità delle sanzioni emesse tramite autovelox che non siano stati oggetto di formale omologazione ministeriale. Il caso prende avvio da un ricorso proposto da un cittadino che aveva ricevuto una multa per eccesso di velocità rilevato da un dispositivo privo della omologazione. Dopo il rigetto del ricorso in primo e secondo grado, la Cassazione ha accolto il reclamo del ricorrente e ribaltato la decisione del Giudice di pace.
La Suprema Corte ha affermato che l’approvazione tecnica di un apparecchio non equivale giuridicamente alla sua omologazione. Secondo la normativa in vigore – in particolare il comma 6 dell’articolo 142 del Codice della Strada – gli strumenti utilizzati per l’accertamento delle violazioni ai limiti di velocità devono essere debitamente omologati. La distinzione, osservano i giudici, non è solo semantica: l’approvazione riguarda la conformità del modello, mentre l’omologazione certifica l’idoneità all’uso giuridico attraverso controlli funzionali e prestazionali. Questa distinzione è risolutiva perché – in assenza di omologazione – viene meno la validità probatoria dell’accertamento.
Si legge testualmente che “è illegittimo l’accertamento eseguito con apparecchio autovelox approvato ma non debitamente omologato, atteso che la preventiva approvazione dello strumento di rilevazione elettronica della velocità non può ritenersi equipollente, sul piano giuridico, all’omologazione ministeriale prescritta dall’art. 142, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992”.
I giudici hanno sottolineato che le circolari ministeriali che tentano di assimilare i due concetti sulla base di pareri dell’Avvocatura dello Stato, non possono modificare l’interpretazione autentica di una norma primaria. Questi atti amministrativi non hanno forza normativa e non possono derogare alle disposizioni di legge né vincolare il giudice nella valutazione della legittimità delle sanzioni.
La risposta del Ministero, la circolare che smentisce la giurisprudenza
Nonostante la posizione della Suprema Corte, il Ministero dell’Interno ha diffuso la circolare 995 del 2025, basata su un parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, che ribadisce la tesi secondo cui approvazione e omologazione siano in sostanza equiparabili.
Secondo questa interpretazione amministrativa, la mancanza di una formale omologazione non invaliderebbe la validità degli accertamenti purché l’apparecchio risulti approvato secondo i criteri ministeriali. Questa presa di posizione è stata però contestata dalla Cassazione che ha ribadito l’irrilevanza giuridica di una circolare ministeriale rispetto a una norma di legge e ha ricordato che i giudici non sono tenuti a conformarsi a interpretazioni amministrative prive di rango normativo.
Cosa cambia per automobilisti, Comuni e giudici di pace
Questa contrapposizione ha generato un clima di incertezza giuridica con conseguenze tanto per gli automobilisti quanto per i Comuni e le forze dell’ordine. Da un lato, migliaia di cittadini multati dispongono ora di un fondamento per ricorrere contro sanzioni emesse da autovelox non omologati. Dall’altro lato, molte amministrazioni comunali continuano a installare e utilizzare dispositivi solo approvati, ma privi del timbro di omologazione, esponendosi così al rischio di dover restituire ingenti somme in caso di contenziosi giudiziari sfavorevoli.
Il tavolo tecnico interministeriale
La discrepanza tra giurisprudenza e amministrazione centrale ha reso necessario l’avvio di un tavolo tecnico interministeriale, coordinato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la partecipazione dell’Anci, del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Imprese. Si punta ad armonizzare le normative tecniche e definire la procedura per l’autorizzazione all’uso dei dispositivi di rilevazione automatica della velocità. Fino a quando non verrà emanata una norma di rango primario che chiarisca la questione, i giudici continueranno a fare riferimento alla giurisprudenza prevalente, che oggi pende dalla parte dell’illegittimità delle multe emesse da autovelox privi di omologazione.