7 ottobre, attivista israeliana contro Francesca Albanese: "Cadute di stile da Reggio Emilia a Liliana Segre"

Da Israele parla l’attivista Angelica Edna Calo Livne: “Da Francesca Albanese cadute di stile, non ha capito la portata di quanto accaduto il 7 ottobre”

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Passano le ore, ma per Israele il 7 ottobre rimane la giornata più lunga da ricordare. E da passare. L’orologio è come se si fosse fermato alle 6.29 di due anni fa. Il ricordo è nitido, con i 1.200 morti la ferita è ancora aperta, con oltre 45 dei 250 rapiti che sono ancora nelle mani di Hamas e almeno 20 sono già morti da tempo. Non bastano i rilasci di ostaggi con il contagocce e non senza l’effetto mediatico cercato e ottenuto dai miliziani al momento della consegna dei cadaveri o dei sopravvissuti, nella maggior parte dei casi stremati o ridotti pelle e ossa. E non bastano le inchieste per individuare le falle dell’intelligence israeliana. Il dolore prevale ancora, ma non cancella le speranze di pace. A Virgilio Notizie, l’intervista ad Angelica Edna Calo Livne, docente universitaria, attivista e già animatrice di un progetto teatrale che in passato aveva ideato e portato avanti progetti che coinvolgevano sia arabi che israeliani. Le sue parole, dalle critiche a Francesca Albanese al sentimento dei cittadini di Tel Aviv nei confronti di Benjamin Netanyahu.

I colloqui a Sharm-el-Sheik

Mentre la popolazione commemora le vittime del 7 ottobre, a Sharm el-Sheikh, in Egitto, si svolgono i negoziati per trovare un accordo sul piano di pace proposto da Donald Trump.

Hamas ha fatto sapere di aver richiesto, se entrerà in vigore, 400 camion di aiuti quotidiani nella Striscia di Gaza, come riferito dal canale qatariota Al-Arabi. Israele sostiene che attualmente ne entrino 300 al giorno.

Hamas avrebbe anche accettato di consegnare le armi a un’autorità egiziano-palestinese, chiedendo agli Usa garanzie che i propri leader, una volta lasciata la Striscia, non siano perseguitati.

Rifiuterebbe, invece, “la presenza dell’ex primo ministro britannico Tony Blair come governatore di Gaza”, mentre accetterebbe “che svolga un ruolo di supervisione a distanza”.

Un secco no arriva, infine, alla proposta di consegna della Striscia a un comitato di transizione internazionale.

Tensione Israele-Vaticano

Intanto faticano a stemperarsi le tensioni tra Israele e il Vaticano, dopo che l’ambasciata presso la Santa Sede ha criticato le parole del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

In una nota, l’ambasciata ha scritto:

“Ciò che più preoccupa è l’uso problematico dell’equivalenza morale laddove non è pertinente. Ad esempio, l’applicazione del termine ‘massacro’ sia all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre, sia al legittimo diritto di Israele all’autodifesa. Non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli.  Ci auguriamo che le dichiarazioni future riflettano questa importante distinzione”.

Il tutto mentre anche la prossima settimana proseguiranno alcune commemorazioni per il 7 ottobre, in occasione dell’anniversario del calendario ebraico, in particolare nel cimitero nazionale israeliano sul monte Herzl.

L’intervista ad Angelica Edna Calo Livne

Come vive questa giornata a due anni di distanza, che ricordo ha di alcune di quelle vittime, direttamente o indirettamente?

“Ricordo sicuramente Lilian, massacrata quel 7 ottobre a tal punto che ci sono voluti 40 giorni per il suo riconoscimento: neppure i figli sono stati in grado di identificarla, si è dovuti ricorrere al dna. Eppure lei portava cittadini palestinesi da Gaza in Israele a curarsi e sottoporsi a chemioterapia. Ancora non mi capacito del perché sia stata uccisa e con tanta brutalità. Come lei molti altri quel giorno: fino a poco fa ero con i miei nipoti, che mi hanno distratta un po’. Poi, però, appena sono tornati a casa ho acceso la tv ed è stato uno strazio”.

Cosa si dice oggi in Israele?

“È una giornata terribile, è insopportabile vedere le testimonianze di madri, padri, mogli o bambini, che sono due anni che sono sotto le bombe e le sirene, e raccontano delle nonne uccise perché non avevano fatto in tempo a chiudere le porte blindate per evitare l’irruzione dei terroristi. Mi fa ancora più morire il fatto che si parli di resistenza, paragonandola a quella dei partigiani: questi non sono andati a tagliare i seni delle donne, giocandoci poi a pallone in strada”.

L’eco delle manifestazioni in Europa e in Italia arriva anche in Israele, così come le polemiche intorno alla figura di Francesca Albanese, dal 2022 relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. Cosa ne pensa? 

“Credo che sia stata protagonista di una serie di cadute di stile, se così possiamo definirle, sia con il sindaco di Reggio Emilia, sia con Liliana Segre. Ciò che emerge anche sulla figura del marito (Massimiliano Calì, funzionario della Banca Mondiale ed ex consulente per il Ministero dell’Economia Nazionale della Palestina, NdR), la rende una figura ancora più controversa. Ma io semplicemente mi chiedo: non so se abbia figli, ma se ne avesse e avessero subìto quello che è toccato ai bambini di Sderot o altre città israeliane il 7 ottobre, continuerebbe ad avere lo stesso comportamento di parte? Credo che chiunque veda le sagome dei bambini bruciati nei loro letti, come accaduto negli attacchi di due anni fa, non sosterrebbe le stesse tesi”.

C’è un altro tema delicato: l’accusa di genocidio che da più parti viene oggi rivolta a Israele. Cosa ne pensa?

“Questo è un termine coniato da un ebreo in un campo di concentramento, per riferirsi alle operazioni sistematiche e brutali di Goebbels, Himmler e Hitler per liberarsi degli ebrei, nei campi di concentramento, nelle camere a gas, ecc. Non c’è paragone, Israele non sta seguendo la stessa strada: se avesse voluto compiere un genocidio nei confronti dei palestinesi avrebbe inviato i propri caccia, bombardando a tappeto ovunque. Invece invia a piedi i propri soldati, tra i quali ci sono tre dei miei quattro figli, per identificare i combattenti di Hamas, porta a porta. È chiaro che è una guerriglia e loro si nascono dietro scudi umani, quindi purtroppo le vittime civili ci sono comunque. Sotto Gaza sappiamo che ci sono 700 km di tunnel, che arrivano anche a profondità di diversi piani sotto terra e dove ci sono moltissime armi: se si colpisce un edificio sotto cui c’è un arsenale, sarà inevitabile che tutto salti in aria, con le conseguenze del caso”.

Ma lei pensa che ci sia ancora speranza in una pace?

“Assolutamente sì, lo spero e lo credo. Ieri ho ascoltato l’appello di due dissidenti palestinesi di Gaza, che sono nascosti per evitare di essere uccisi da Hamas e che ribadivano di voler collaborare con Israele, per una pace. Non importa se saranno due Stati o uno per due popoli, ma non possiamo smettere di sperare”.

Questa drammatica condizione rischia di alimentare nuovo odio reciproco?

“Se senti un ragazzo di 14 o 15 anni in corteo che urla ‘Quest’anno a Natale non appendete nulla sull’albero, metteteci un sionista’ certo capisci che l’indottrinamento e l’odio sono duri da estirpare. Ma ricordiamoci che noi e i gazawi siamo le vere vittime. Noi non smetteremo di lottare per riavere gli ostaggi, ma una soluzione dovrà essere trovata per pacificare questa terra”.

attivista-israeliana-francesca-albanese-israele-7-ottobre Facebook Angelica Edna Calo Livne / ANSA