Scabbia in Italia, aumento dei casi del 750% in alcune città: quali sono i sintomi, i rischi e come si cura
Secondo gli studi l’aumento dei casi di scabbia in Italia è legato alla pandemia, ma non solo: quali sono i consigli della dottoressa Michela Magnano
La scabbia è tornata in Italia, con un boom di casi che in alcune città ha fatto registrare aumenti fino al 750%. È quanto accaduto, per esempio, nella Regione Lazio, dove secondo uno studio pubblicato su Infectious Diseases of Poverty, l’esplosione è avvenuta soprattutto tra il 2020 e il 2023. Come emerge da un altro studio apparso su Sexually Transmitted Infections, nello stesso periodo anche Bologna ha registrato una crescita di casi della malattia. L’intervista a Michela Magnano, dottoressa membro SIDeMaST e Dirigente Medico presso UOC di Dermatologia, Ospedale Versilia, Lido di Camaiore (LU).
- Il ritorno della malattia che sembrava scomparsa
- Una minaccia per la salute pubblica
- L'intervista a Michela Magnano
Il ritorno della malattia che sembrava scomparsa
La scabbia rievoca ricordi che portano al passato, o almeno così si credeva fino a pochi anni fa, in particolare fino a prima della pandemia.
Nel periodo del post-Covid, i casi sono segnalati soprattutto in:
- residenze socio-assistenziali (Rsa)
- scuole
- ospedali
- abitazioni (soprattutto quelle in cui vivono famiglie numerose)
A confermare la maggior diffusione della patologia, che è causata da un parassita invisibile a occhio nudo e che colpisce la pelle, sono anche gli esperti dermatologi della Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST).
Una minaccia per la salute pubblica
Le dimensioni dell’allarme sono tali per cui i ricercatori che hanno curato lo studio apparso su Infectious Diseases of Poverty hanno parlato di una “emergente minaccia di salute pubblica”.
Tra i motivi ci sarebbe un effetto del post pandemia, con il ritorno alle frequentazioni dei luoghi sovraffollati, ma anche una resistenza ai farmaci finora maggiormente in uso per contrastare la patologia.
L’intervista a Michela Magnano
Perché la scabbia, che sembrava una malattia ormai dimenticata, è tornata? Come ha influito la pandemia Covid?
“Durante la pandemia, molte persone hanno vissuto a lungo in ambienti chiusi e sovraffollati, condizioni ideali per la trasmissione del parassita e, probabilmente, anche il frequente ricambio di pazienti nelle strutture sanitarie può averne favorito il contagio. Tuttavia, pare avere giocato un ruolo importante anche una ‘possibile’ nuova aumentata tolleranza ai farmaci: in particolare alla permetrina, il trattamento topico fino a poco tempo fa più utilizzato nel nostro Paese”.
Questo significa che c’è la possibilità che si sia sviluppata una resistenza ai trattamenti finora maggiormente in uso?
“Se si stia effettivamente assistendo a una vera e propria resistenza alla permetrina, o quantomeno a una aumentata ‘tolleranza’ al trattamento, è ancora molto dibattuto. Ci sono studi che dimostrano come l’acaro abbia sviluppato una mutazione che lo renderebbe meno sensibile a questo farmaco. Sempre lo stesso studio, però, ci dice che applicando la permetrina per periodi più lunghi di tempo, il farmaco funziona ugualmente. Altri studi, invece, hanno ipotizzato un’effettiva resistenza a tale molecola, poiché, andando a trattare i pazienti con altre terapie topiche utilizzate in seconda linea (come il benzoato di benzile) esse risultavano efficaci”.
Quindi in parte ci sarebbe una responsabilità dei pazienti?
“No, semplicemente la corretta applicazione dei trattamenti topici per la scabbia spesso è difficile, in quanto presuppone un’applicazione meticolosa su tutta la superficie corporea, da dietro le orecchie alla punta dei piedi, e per alcune fasce d’età come nel caso dei bambini, non sempre è attuabile. Inoltre, i costi della terapia orale, che viene sempre più spesso utilizzata, in quasi tutte le regioni d’Italia sono ancora molto alti e questo trattamento non viene dispensato dal Servizio Sanitario Nazionale. Per questo è possibile che l’utilizzo non corretto della terapia topica oppure orale in termini di quantità di principio attivo e/o modalità e/o tempi di somministrazioni possano in qualche modo aver favorito lo sviluppo di questa “aumentata tolleranza”. La responsabilità, però, non è certo direttamente del paziente”.
Quali altri fattori possono aver influito?
“Possono aver avuto un ruolo anche altri elementi, ambientali o semplicemente casuali. Noi dermatologi, d’altro canto, dobbiamo assicurarci di spiegare nel dettaglio sia come applicare la crema, sia le misure igienico-ambientali da effettuare a domicilio (se possibile aiutandoci con fogli scritti, come raccomandano le linee guida europee), sia della necessità di trattare i contatti stretti”.
Quali sono i sintomi che dovrebbero suonare come campanelli d’allarme, quindi come capire quando è il caso di rivolgersi a un medico per accertamenti?
“Il segnale principale è il prurito persistente, soprattutto notturno: se si dovesse avvertire, è indispensabile rivolgersi al medico per escludere la diagnosi di scabbia. Può essere associato alla comparsa di piccole papule o a lesioni cutanee tra le dita, ai polsi, all’ombelico o ai genitali. Se la diagnosi fosse confermata, è opportuno iniziare subito una terapia adeguata, tenendo conto dell’attuale ed evidente ridotta risposta alla permetrina. È anche importante, come detto prima, trattare tutti i possibili contatti stretti, anche se non presentano sintomi, per evitare un effetto “ping pong” all’interno dei membri della stessa famiglia o della stessa comunità”.
Chi sono le persone più a rischio di contrarre la scabbia?
“Le categorie più vulnerabili sono sicuramente bambini e adolescenti tra i 5 e i 18 anni, anche a causa della frequentazione di ambienti comunitari, dove ci sono contatti stretti, come scuole e palestre. A questi si aggiungono gli anziani, in particolar modo quelli ricoverati nelle RSA e persone con fragilità sociali o sanitarie. Tra questi tutti coloro che vivono in condizioni di sovraffollamento, quali i migranti o i senzatetto”.
Cosa bisogna fare, quindi, in caso si sia contratta la scabbia? Come curarla?
“Sicuramente evitare il “fai da te”: una diagnosi errata può prolungare l’infestazione e facilitare il contagio. In caso di diagnosi accertata di scabbia, bisogna rivolgersi al medico per la prescrizione del trattamento adeguato. Inoltre, è necessario lavare ad alta temperatura (>50°C) gli indumenti e le lenzuola quotidianamente per tutta la durata della terapia”.
Come mai si pensava che fosse una malattia tipica dei paesi sottosviluppati e invece è presente anche in Italia?
“In realtà la scabbia è vecchia come l’umanità e c’è sempre stata, sia nei paesi in via di sviluppo, sia nei paesi industrializzati. Semplicemente, negli ultimi anni, abbiamo assistito a un aumento dei casi anche in Europa che, come precedentemente detto, può essere stato causato da diversi fattori, dal turismo di massa, alla pandemia”.
