De Amicitia di Cicerone alla seconda prova di Maturità 2025 al Classico, versione e traduzione: cosa sapere

Maturità 2025, proposto Cicerone per la seconda prova scritta del liceo Classico: la traduzione del De amicitia

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Al via la seconda prova scritta dell’esame di maturità che riguarda le materie caratterizzanti i singoli percorsi di studio. Gli studenti del liceo Classico si sono trovati ad affrontare la temuta versionetraduzione dal latino. Dopo 16 anni, è stato riproposto Cicerone. In particolare, è stata chiesta un’analisi del Laelius de amicitia, opera che riflette filosoficamente sul concetto di amicizia.

Maturità 2025, seconda prova liceo Classico: testo di Cicerone, cosa sapere

Cicerone mancava dall’esame di Stato dal lontano 2009. La scelta di proporlo nel 2025 lo rende l’autore latino con più ‘apparizioni’ all’esame di maturità, ben 17 dal dopoguerra a oggi. Medaglia d’argento per Seneca, fermo a quota 16. Terzo gradino del podio per Tacito a quota 5.

La traduzione richiesta agli studenti fa parte dell’opera Il Laelius de amicitia, più semplicemente nota come De amicitia (“Sull’amicizia”). Si tratta di un dialogo scritto nell’ultimo periodo ciceroniano. Fu messo nero su bianco tra l’estate e l’autunno del 44 a.C. e dedicato a Tito Pomponio Attico.

Testo di Cicerone alla maturità 2025ANSA
La prova di latino ai licei classici per l’esame di maturità 2025

L’opera è ambientata nel 129 a.C.. Cicerone si immaginò un dialogo tra Mucio Scevola, Gaio Fannio e Lelio, impegnati a discutere su tutte le sfumature dell’amicizia. Dallo scritto emerge l’unione della visione epicurea (tipicamente attichiana) e di quella stoica (ciceroniana).

Traduzione del De amicitia, i concetti chiave

Nell’antichità solamente l’epicureismo aveva teorizzato di svincolare il concetto di amicizia da quello di utilitas. Anche Cicerone, che nell’opera fa ampio uso di autorevoli fonti, sostiene positivamente la riflessione relativa all’amicizia libera dal vincolo politico.

Nel passaggio scelto per la seconda prova della maturità 2025, è Gaio Lelio a parlare. Cicerone gli fa ricordare Scipione Emiliano, da poco scomparso.

In particolare Lelio riflette sul senso dell’amicizia, descrivendola come un legame che nasce in modo naturale nell’animo umano e risulta cruciale per corroborare i rapporti che sono l’abc della convivenza civile.

Pre-testo e testo della traduzione

Di seguito il pre-testo della traduzione:

  • Saepissime igitur mihi de amicitia cogitanti maxime illud considerandum videri solet, utrum propter imbecillitatem atque inopiam desiderata sit amicitia, ut dandis recipiendisque meritis, quod quisque minus per se ipse posset, id acciperet ab alio vicissique redderet, an esset hoc quidem proprium amicitiae, sed antiquior et pulchrior et magis a natura ipsa profecta alia causa.
  • Molto spesso, quando rifletto sull’amicizia, mi sembra che si debba considerare prima d’ogni cosa questo: se l’amicizia sia desiderata per la debolezza nostra e la scarsezza dei nostri mezzi, cosicché dando e ricevendo favori, ciò che uno da sé non potesse fare, lo ricevesse da un altro e a sua volta lo contraccambiasse; o questo, si, sia il proprio dell’amicizia, ma la causa ne sia un’altra, più intima e più bella e più veramente naturale.

Di seguito il testo proposto:

  • Amor enim, ex quo amicitia nominata est, princeps est ad benevolentiam coniungendam.
    Nam utilitates quidem etiam ab eis percipiuntur saepe, qui simulatione amicitiae coluntur et observantur temporis causa. In amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium. Quapropter a natura mihi videtur potius quam ab indigentia orta amicitia, adplicatione magis animi cum quodam sensu amandi, quam cogitatione quantum illa res utilitatis esset habitura. Quod quidem quale sit, etiam in bestiis quibusdam animadverti potest, quae ex se natos ita amant ad quoddam tempus et ab eis ita amantur, ut facile earum sensus adpareat. Quod in homine multo est evidentius, primum ex ea caritate, quae est inter natos et parentes, quae dirimi nisi detestabili scelere non potest, deinde, cum similis sensus exstitit amoris, si aliquem nacti sumus, cuius cum moribus et natura congruamus, quod in eo quasi lumen aliquod probitatis et virtutis perspicere videamur. Nihil est enim virtute amabilius, nihil quod magis adliciat ad diligendum, quippe cum propter virtutem et probitatem etiam eos, quos numquam vidimus, quodam modo diligamus.

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