Fabiana Udenio dalla Rai a Netflix, sullo sfondo le battaglie negli Usa per il figlio nello spettro autistico
Ha iniziato con Strehler, ha conquistato Hollywood e sogna l’Italia: Fabiana Udenio racconta la sua vita tra cinema, maternità e la serie Netflx "FUBAR"
Fabiana Udenio ha attraversato 40 anni di carriera con una forza silenziosa e una coerenza rara. Dalla Roma teatrale degli esordi, passando per la televisione italiana degli anni Ottanta (è stata la prima annunciatrice di Rai 3), fino ai set internazionali di Hollywood, ha sempre scelto di restare fedele a se stessa, anche quando questo significava cambiare strada. Attrice dalla versatilità sorprendente, capace di passare dalla commedia cult Austin Powers al recente ruolo nella serie Netflix FUBAR accanto ad Arnold Schwarzenegger, Fabiana Udenio è anche una madre che ha affrontato da sola sfide enormi per il bene di suo figlio. Oggi è una donna che guarda avanti, ma con i piedi ben piantati nella realtà: consapevole, grata, pronta a nuove avventure professionali, anche in Italia. In questa intervista racconta la passione per il suo mestiere, il significato profondo della famiglia, le battaglie affrontate per l’inclusione e il senso di libertà conquistato nel tempo. Con la stessa autenticità che le suggeriva Strehler quando aveva appena 17 anni: “Ricordati di essere semplice, vera, fresca”.
Com’è stata l’esperienza accanto ad Arnold Schwarzenegger in FUBAR?
“Bellissima, sotto tutti i punti di vista. Il personaggio mi ha colpito subito perché ha tanto in comune con me: una donna che ha messo la famiglia al primo posto, con un marito assente, e che poi comincia a pensare anche a se stessa. È passionale, romantica, concreta. E Arnold è una forza della natura: carismatico, generoso, divertente, ma anche serissimo sul set. Sa combinare ironia e professionalità come pochi”.
Netflix
Fabiana Udenio in FUBAR, serie Netflix
Dato che il personaggio le somiglia, cos’è per lei la famiglia?
“Definirla è quasi riduttivo. È fatta di legami profondi, amore incondizionato, soprattutto con mio figlio. Quando sei genitore ti prendi una responsabilità immensa. Io ho vissuto e vivo lontano dalla mia famiglia d’origine, che è in Italia, e questo mi ha sempre pesato. Ma non ho mai esitato a mettere la famiglia al primo posto”.
Quando nel 1983 è partita dall’Italia per l’America, pensava fosse per sempre?
“Non era previsto. Vennero a girare alcune scene in Italia per Una vita da vivere, una soap americana. Dovevo restare tre settimane, poi mi offrirono un contratto di un anno a New York. Era un’occasione unica. Da lì ho iniziato a fare avanti e indietro, grazie anche a mia sorella che lavorava in Alitalia. Negli Stati Uniti ho trovato più meritocrazia. Ogni volta che tornavo in Italia trovavo condizioni difficili da accettare. E il lavoro mi riportava lì, dove mi sentivo valorizzata”.
È contenta delle scelte fatte?
“Sì. Le mie scelte sono sempre state molto meditate. Oggi sono grata di potermi definire un’attrice internazionale. E mi piacerebbe molto tornare a lavorare anche in Italia. Recitare nella mia lingua, riscoprire certi colori espressivi. E anche per mio figlio, che ama l’Italia”.
Quando ha capito che voleva essere un’attrice?
“Prestissimo. Prima ancora del concorso Miss Teenager, vinto da preadolescente. Frequentavo un piccolo teatro a Roma, il San Genesio, e già da bambina imitavo le pubblicità. Era una passione naturale. Nessuno in famiglia era nel mondo dello spettacolo. Poi, dopo Miss Teenager, arrivò il provino con Strehler per La tempesta, e da lì iniziò davvero tutto”.
Da Strehler al cinema internazionale. Ma prima c’era stata la televisione. Com’è nata la sua esperienza da annunciatrice su Rai 3?
“Era il 1979. Dopo aver fatto teatro con Strehler e una commedia musicale con Modugno, mi proposero di diventare il volto della neonata terza rete Rai. Volevano modernizzare l’immagine dell’annunciatrice. Mi inventai anche la tutina rosa, una cosa molto mia. C’era spazio per creatività: tra un programma e l’altro inserivo piccole rubriche, qualcosa di personale. Non pensavo fosse un ruolo storico, ma poi è entrato nelle Teche Rai”.
Ha cambiato percorso perché televisione le stava stretta?
“No, mi divertiva. Quando mi presero per essere il primo volto della terza rete Rai, fu un’esperienza bella e innovativa. Avevo fatto un provino anche per Domenica In con Pippo Baudo, che era entusiasta, ma forse l’essere stata già scelta da RaiTre ha creato un raffreddamento. Avrei potuto essere una delle ragazze del mese, ma andò diversamente. Poi ho fatto anche una soap italiana, Secrets, ma fu trasmessa d’estate e nessuno la vide. Un’occasione persa”.
Il grosso successo è arrivato per il personaggio di Alotta Fagina in Austin Powers. Le è mai pesato essere ricordata per quello?
“No, anzi. È diventato un film cult. Mi sono divertita tanto a girarlo, e ho capito solo dopo quanto fosse geniale tutto il progetto. Non mi ha mai etichettata. Ho fatto subito dopo ruoli completamente diversi, anche più drammatici”.
Negli Stati Uniti si è mai sentita incasellata come l’italiana?
“No, ho sempre recitato in presa diretta, con il mio accento, e mi sono adattata a tanti ruoli: russa, francese, messicana. Oggi c’è molta più apertura. Il personaggio in FUBAR, per esempio, era pensato per una madre latina, ma nessuno ha mai voluto cambiare nulla perché fossi italiana. Conta di più l’internazionalità, l’essenza del personaggio”.
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Qual è stato il ruolo più difficile da interpretare nella sua vita, anche fuori dallo schermo?
“Quello della guerriera. Non amo il conflitto, eppure ho dovuto combattere tante battaglie. Per mio figlio, per i suoi diritti a scuola, per l’inclusione. Ho pensato spesso che mi sarebbe piaciuto essere avvocato. Ma ho imparato a lottare, anche se a malincuore”.
Suo figlio vive una condizione particolare: è nello spettro dell’autismo. Com’è stata questa esperienza per lei, da madre?
“Dura. Mio figlio ha avuto bisogno di un supporto educativo e sanitario continuo. In California, fortunatamente, ci sono state risorse pubbliche importanti. Ma con i tagli federali, ogni anno è una battaglia. Ho lottato per garantirgli l’inclusione scolastica, contro la tentazione di isolarli in classi speciali. È stato molto difficile, anche perché essere madre single rende tutto più pesante. Ma non si può mollare”.
E come si vive la sanità negli Stati Uniti in un momento in cui si preannunciano tagli?
“È un sistema complesso e a volte spaventoso. Se non hai un’assicurazione o non rientri in determinate categorie – anziani, disabili o famiglie sotto una certa soglia – puoi trovarti in grande difficoltà. Ho visto madri angosciate. Arnold Schwarzenegger stesso ha creato una fondazione per sostenere l’educazione pubblica dopo scuola. Ma bisogna restare vigili. E agire a livello locale, come lui dice spesso, dove fortunatamente i contatti sono più facili”.
Da madre, cosa le fa più paura?
“Che un giorno io possa non esserci, e lui non sia completamente indipendente. La cosa che mi rende più felice è vederlo fare qualcosa senza di me. Ma la paura c’è. Poi lui una volta, in quinta elementare, mi disse: Focus on the present and the future will be easy and happy, concentrati sul presente e il futuro sarà facile e felice. È un consiglio che provo a seguire ogni giorno”.
Oggi il suo presente è facile e felice?
“Non facile. Ma felice, sì. Ora posso anche dedicarmi un po’ di più a me stessa, alla mia passione per la recitazione, e questo mi fa stare bene”.
Indipendenza: quanto costa per una donna?
“Quanto la libertà. Cioè: non ha prezzo. È una scelta che a volte ti isola, ma è più forte di te. Se ce l’hai dentro, non puoi ignorarla. Seguire chi sei è l’unico modo per guardarti allo specchio senza rimpianti”.
40 anni di carriera: cosa l’ha fatta andare avanti e cosa l’ha spaventata?
“Mi ha spinta l’amore per questo mestiere. Mi ha spaventato la precarietà che è aumentata con lo streaming, quando sono spariti i residuals, i diritti d’autore per le repliche televisive. C’è stato uno sciopero lungo. È cambiato tutto. Oggi si lavora di più, ma si guadagna meno. E l’intelligenza artificiale è una sfida seria. Però è anche un’epoca di grandi opportunità. Se sai reinventarti, puoi ancora andare avanti: ci sono anche più possibilità, più apertura”.
Netflix
Fabiana Udenio sul set di FUBAR
Se domani arrivasse una proposta dall’Italia, la accetterebbe?
“Sì. Mi piacerebbe molto lavorare nella mia lingua, tornare in Italia, anche perché mio figlio ama stare lì. Tra le persone che stimo c’è Paola Cortellesi: la trovo incredibile, come attrice e come regista. L’ho scoperta tardi, vedendo un film con lei su un aereo: sono poi andata a recuperare tutto ciò che aveva fatto, compreso lo straordinario C’è ancora domani. Ecco, mi piacerebbe lavorare con lei, o con Paolo Sorrentino. L’Italia ha tanto talento, mi piacerebbe farne parte”.
Anche se fosse una proposta di conduzione per la tv?
“Assolutamente. Ho fatto anche la corrispondente per Rai International, negli anni Novanta, con Renzo Arbore. Mi piace raccontare, fare domande. E oggi non temo di passare da un linguaggio all’altro. Ho fatto tanto, non ho paura di cambiare pelle e mi sento libera”.
Quando si è sentita davvero la donna che voleva essere?
“Ogni volta che ho un momento di dubbio, mi guardo dentro. Ho delle lettere di Strehler che conservo gelosamente appese alla parete. Una dice: Ricordati di essere semplice, vera, fresca. Me lo scrisse quando avevo diciassette anni. Cerco di essere ancora così. Non è sempre facile, ma è l’unica via che conosco. Essere se stessi, nella vita come nel lavoro: è faticoso ma ti fa vivere bene. Mentire o fingere è molto più pesante”.
Se fosse un fiore, quale sarebbe?
“Un girasole. Perché cerco sempre la luce. Cerco la felicità”.
E il sole intorno al quale gira sarebbe suo figlio?
“Resto sempre viva anche nei miei altri aspetti: come donna, come attrice. Non voglio annullarmi mai. Una madre realizzata è anche una madre più serena”.
