Intossicazione da cloro in piscina, quali sono i rischi e cosa fare dopo i primi sintomi
Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), spiega cosa fare in caso di sintomi da intossicazione da cloro: l'intervista
Sta per arrivare l’estate e con il caldo cresce anche la voglia di un tuffo in piscina. Come dimostra però il recente di Roma, però, bisogna prestare attenzione all’intossicazione da cloro. Secondo Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), i casi sarebbero in aumento. Quali sono i rischi e cosa fare dopo i primi sintomi secondo l’esperto.
Il caso di Roma
Lunedì 2 giugno, a Roma, una fuoriuscita di cloro nella piscina della struttura Imperium Eventi ha causato un’intossicazione a cinque bambini che si trovavano in vasca.
Per uno di loro, di 9 anni, si è reso necessario anche il ricovero presso l’ospedale Policlinico Umberto I, in terapia intensiva.
Stando a LaPresse, non sarebbe in pericolo di vita ma rischierebbe comunque gravi danni neurologici, non reversibili.
La colpa sarebbe proprio l’esposizione a elevate quantità di cloro, fuoriuscito dalle bocchette dell’acqua – che è immediatamente diventata gialla – e riversatosi nella vasca in cui si trovata il bimbo.
Degli altri quattro intossicati, due sarebbero stati dimessi dopo essere ricorsi alle cure del pronto soccorso, mentre altri due sarebbero stati ricoverati in reparto, in condizioni non preoccupanti.
Quali sono i rischi dell’intossicazione da cloro
Il cloro viene comunemente impiegato per la disinfezione, specie nelle piscine.
Le sue caratteristiche chimiche, infatti, gli conferiscono una forte azione antimicrobica, permettendo di eliminare i microrganismi con i quali viene a contatto, compresi batteri e funghi.
Il suo impiego, però, deve essere adeguato, in particolare per quanto riguarda le dosi: quantitativi elevati, infatti, possono creare effetti nocivi che vanno da irritazioni delle mucose a danni più gravi, come ustioni a naso, gola, occhi, trachea e grandi vie aeree, anche soltanto dopo pochi minuti dall’esposizione.
Altre conseguenze possono essere tosse ed emissione di sangue con l’espettorato, oltre a conati di vomito e difficoltà respiratorie.
L’intervista ad Alessandro Miani
Come può accadere di essere vittime di intossicazione da cloro, frequentando una piscina?
“L’intossicazione da cloro in piscina può avvenire a causa dell’inalazione dei vapori che possono sprigionarsi. Nel caso in cui ipocloriti e cloroisocianurati, infatti, se vengano a contatto con i correttori di acidità, come acido solforico o cloridrico, possono liberare cloro gassoso, che è un gas tossico per inalazione, responsabile di intossicazioni acute anche molto gravi. Altre possibilità di intossicazione sono tramite ingestione accidentale dell’acqua o per contatto diretto con la pelle o le mucose”.
Chi controlla quanto cloro viene usato?
“Solitamente sono i responsabili della manutenzione, ossia ditte specializzate che possono essere esterne alle piscine, sia private che pubbliche. Il loro compito è quello di controllare che sia seguite le regole in materia di proporzioni tra il volume d’acqua della piscina e la quantità di prodotto disinfettante utilizzato. In Italia, comunque, la disinfezione delle piscine con cloro è disciplinata da uno specifico Regolamento di Igiene delle Piscine (Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003 e successive normative regionali)”.
Come si riconosce una intossicazione da cloro: quali sono i primi sintomi?
“I primi segnali possono comparire rapidamente: vanno dal bruciore a occhi, gola e bocca, che è uno dei sintomi più comuni, all’irritazione delle mucose nasali e delle labbra. Può manifestarsi un dolore o gonfiore alla gola che rende difficile deglutire o parlare. Poi possono esserci anche difficoltà respiratorie, come tosse insistente, senso di costrizione al petto o respiro affannoso, che indicano una possibile esposizione importante, soprattutto nei soggetti asmatici o con vie aeree sensibili. Nei casi in cui il cloro sia stato ingerito, ingerito, solitamente si registrano nausea, vomito e mal di stomaco. Infine, i sintomi più gravi possono essere sangue nelle feci, svenimenti o convulsioni, ma sono rari ma indicano una situazione critica”.
Chi sono i più esposti?
“È chiaro che i bambini, come nel caso di Roma, sono particolarmente vulnerabili per via della loro maggiore sensibilità cutanea e respiratoria, e per la tendenza a ingerire acqua mentre giocano”.
Cosa bisogna fare in caso di intossicazione?
“In presenza di uno o più di questi sintomi, è essenziale agire con prontezza. Il primo passo è allontanare subito il bambino dall’acqua e portarlo in un ambiente ben ventilato. È importante rimuovere immediatamente gli indumenti bagnati e lavare la pelle con acqua tiepida per eliminare eventuali residui di cloro. Se il bambino lamenta nausea o difficoltà a deglutire, non bisogna somministrare cibi o bevande, a meno che non venga espressamente indicato da un medico. È fondamentale contattare i soccorsi o recarsi in pronto soccorso, soprattutto se compaiono difficoltà respiratorie, sintomi gastrointestinali persistenti o alterazioni dello stato di coscienza”.
Nei casi più gravi, come a Roma, si è reso necessario anche il ricovero in terapia intensiva. Quali sono i rischi?
“Nei casi più gravi di intossicazione da cloro nei bambini, con esiti che richiedono il ricovero in terapia intensiva, i rischi principali riguardano il sistema respiratorio e, in misura minore, quello neurologico e gastrointestinale. Alcuni soggetti, infatti, possono avere conseguenze più gravi che dipendono dalla durata e intensità dell’esposizione, età e peso corporeo (i bambini piccoli hanno vie aeree più strette e un sistema respiratorio ancora in sviluppo. Questo li rende più suscettibili all’ostruzione bronchiale e alla mancanza di ossigeno, anche con esposizioni inferiori a quelle tollerabili per un adulto), ma anche da condizioni pregresse come asma, allergie respiratorie, o altre fragilità”.
Il caso di Roma ha interessato, infatti, ben cinque bambini. Da qui l’allarme. Ma sono rari casi del genere?
“Si tratta solo dell’ultimo episodio di una lunga serie che solleva crescenti preoccupazioni sul tema della sicurezza nelle piscine italiane. Colpisce perché ha interessato così tanti bambini tutti insieme, anche se casi analoghi non sono rarissimi. Non si tratta di un allarme dovuto a un allarme in sé, ma che riporta l’attenzione sulle conseguenze di potenziali disattenzioni o incurie da parte di chi dovrebbe tenere occuparsi della manutenzione di una piscina o in generale dei sistemi di purificazione e sanificazione dell’acqua. Andrebbe anche ricordato che esistono anche procedure diverse rispetto all’uso di cloro”.
