Omicidio Nada Cella, chiesto ergastolo per Anna Lucia Cecere: il perché della possibile condanna dopo 29 anni

Il pm Gabriella Dotto ha chiesto l'ergastolo per Anna Lucia Cecere, accusata per l'omicidio di Nada Cella: cosa ha detto durante la requisitoria

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Anna Lucia Cecere avrebbe ucciso Nada Cella perché “voleva sfogare la frustrazione di una vita”, con il commercialista Marco Soracco che “con le sue bugie” si sarebbe reso “il principale responsabile dell’impunità di Cecere per tutto questo tempo”. È quanto riferito dal pm Gabriella Dotto nei due giorni di requisitoria nelle battute finali del processo per l’omicidio di Chiavari, avvenuto il 6 maggio 1996 in via Marsala all’interno dello studio di Soracco. Per Anna Lucia Cecere il pm ha chiesto la pena dell’ergastolo, mentre per il commercialista la reclusione a 4 anni per favoreggiamento.

Chiesto l’ergastolo per Anna Lucia Cecere

Per il pubblico ministero Gabriella Dotto l’imputata Anna Lucia Cecere è la responsabile dell’omicidio di Nada Cella, uccisa a 25 anni a Chiavari (Genova) all’interno del suo ufficio nello studio del commercialista Marco Soracco in via Marsala 14.

Nella sua lunga requisitoria il pm ha ricostruito i fatti di quella mattina del 6 maggio 1996 davanti ai giudici della Corte d’Assise presieduta da Massimo Cusatti.

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L’esterno dell’ufficio di Marco Soracco, all’interno del quale si consumò l’omicidio di Nada Cella il 6 maggio 1996. Il pm ha chiesto l’ergastolo per Anna Lucia Cecere

Quello di Nada Cella è stato “un delitto di impeto commesso con lucida follia da chi voleva sfogare la frustrazione di una vita”, ha detto il pm, per il quale Anna Lucia Cecere sarebbe un individuo “incapace di contenere la rabbia, di indole instabile, reattiva alle provocazioni”.

L’accusa ha chiesto per Anna Lucia Cecere l’ergastolo e il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dei futili motivi, e senza attenuanti.

Il movente dell’omicidio

Sempre nel corso della requisitoria il pm Dotto ha riferito che Cecere avrebbe ucciso Nada Cella “perché invidiosa” e perché “voleva accasarsi”. Quella mattina Nada Cella “le aveva detto di andare via dallo studio come le aveva detto di fare la madre del suo datore di lavoro”, quindi per queste circostanze sarebbe scattata l’aggressione mortale.

Contro Cecere ci sarebbero “numerosi, logici e chiari indizi” e il pm ricorda che “tutte le piste alternative” battute dagli inquirenti all’epoca non portarono ad alcuna direzione. Ansa scrive che tali piste alternative non sono state portate in aula nemmeno dagli avvocati di Cecere (Giovanni RoffoGabriella Martini) e di Soracco (Andrea Vernazza). Anna Lucia Cecere avrebbe dunque ucciso Nada Cella e perché desiderava prendere il suo posto all’interno degli uffici di Soracco, e perché avrebbe voluto le attenzioni di quest’ultimo.

La posizione di Marco Soracco

Come anticipato, il pm Gabriella Dotto ha chiesto una condanna anche per Marco Soracco. Il commercialista è accusato di favoreggiamento e per questo reato la pena massima è di quattro anni. Soracco “con le sue bugie è stato il principale responsabile dell’impunità di Cecere per tutto questo tempo”.

A suffragare la colpevolezza dei due imputati sarebbero anche i loro silenzi. Dotto ha sottolineato come Cecere non si sia mai presentata in aula “perché avrebbe perso di nuovo il controllo di sé” mentre Soracco “ha solo fatto spontanee dichiarazioni talmente contraddittorie che non avrebbero mai retto a un esame approfondito”.

Il reato di favoreggiamento contestato a Soracco sarebbe maturato dal momento in cui non avrebbe raccontato la verità su Cecere. Il motivo è da individuarsi nel fatto che “ha avuto paura di quella donna, quel giorno ne ha constatato la pericolosità” anche in termini di diritto: “Se l’avesse accusata lei lo avrebbe accusato a sua volta”.

Il delitto di Chiavari

Il 7 maggio 1996 i quotidiani nazionali parlano di “un nuovo delitto di via Poma”. Il giorno prima, infatti, una giovane segretaria di 25 anni è stata uccisa barbaramente nel suo ufficio. In via Marsala 14, a Chiavari (Genova), c’è l’ufficio del commercialista Marco Soracco.

Alle 8:30 del 6 maggio Nada Cella è già al lavoro. Alle 9 riceve qualcuno, e questo “qualcuno” si scaglia su di lei con ferocia: la colpisce con un oggetto contundente mai ritrovato, le spezza il collo e la batte ripetutamente sul cranio fino a sfondarglielo. Dietro di sé lascia un pavimento intriso di sangue e un mistero. A scoprire il cadavere è Marco Soracco, arrivato in ufficio alle 9:10. Il telefono squilla, lui risponde ma dall’altra parte mettono giù.

Perché la sua segretaria non ha risposto a quella chiamata? Soracco la chiama a gran voce e raggiunge l’ufficio di Nada. Il corpo è riverso sul pavimento, in una pozza di sangue e in preda agli spasmi. Nada Cella morirà qualche ora dopo all’ospedale di Lavagna per le ferite riportate. Chi l’ha uccisa la odiava. I primi sospetti si concentrano proprio sul datore di lavoro: sua madre Marisa Bacchioni, ad esempio, dopo il trasporto della sventurata in ospedale ha la premura di ripulire lo studio dal sangue. Contro Soracco, tuttavia, non ci sono prove né indizi e il commercialista viene scagionato.

I sospetti, poi, si concentrano su Anna Lucia Cecere: qualcuno riferisce di averla vista uscire trafelata dal palazzo di via Marsala 14 la mattina del delitto, ma a parlare per lei è la scena del crimine. Sul pavimento viene rinvenuto il bottone di un cardigan risultato compatibile con altri bottoni presenti nell’abitazione della donna.

Sulla sedia da lavoro di Nada Cella, inoltre, viene isolato un Dna femminile che però una perizia del genetista Emiliano Giardina non può attribuire ad alcuna persona: i reperti sono esigui, mal conservati e per questo motivo non possono essere utilizzati per trovare un match. La sentenza per il primo processo dell’omicidio di Nada Cella, iniziato quasi 30 anni dopo il delitto, è prevista per il 18 dicembre.

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