Vittorio Sgarbi mandato a processo per ingiuria dalla Camera, ma la causa è estinta: la decisione dei giudici
La Camera ha mandato a processo Vittorio Sgarbi per diffamazione più di due anni dopo la richiesta del giudice e il procedimento è stato dichiarato estinto
La Camera dei deputati ha impiegato quasi due anni e mezzo per dare il suo parere su un processo civile per diffamazione che coinvolgeva Vittorio Sgarbi e la presidente di Italia Nostra, Mariarita Signorini e nel frattempo il procedimento è stato dichiarato estinto.
L’autorizzazione della Camera dei deputati
Il 7 maggio la Camera ha dato l’autorizzazione per un processo civile contro Vittorio Sgarbi, per un’accusa di diffamazione e quindi una richiesta di risarcimento, che risalivano al 2019.
La giudice Liliana Anselmo del tribunale di Firenze, dopo aver ricevuto la comunicazione da parte del Parlamento, ha però decretato che il provvedimento era estinto. La richiesta era arrivata alla Camera a ottobre 2022 con un limite per la risposta di 90 giorni.
Fonte foto: ANSA
La Camera, invece, ha impiegato due anni e mezzo per dare una risposta. Di conseguenza il processo non si è potuto svolgere e Sgarbi non ha subito alcuna conseguenza.
Cosa ha fatto Sgarbi nel 2019
Durante una trasmissione di Radio Radicale del 19 ottobre 2019, Vittorio Sgarbi è stato impegnato in un dibattito con la presidente di Italia Nostra, Mariarita Signorini.
Il dibattito ruotava attorno all’esportazione all’estero dell’opera di Leonardo Da Vinci, l’Uomo Vitruviano, famosissimo disegno dell’artista, che è anche rappresentato sul retro della moneta da 1 euro italiana.
L’opera avrebbe dovuto essere portata dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia al museo del Louvre, a Parigi. Sgarbi, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ansa, definì Signorini “oca giuliva, demente, morta di sonno, gallina, incapace“.
Cosa ha deciso la Camera
Il tribunale aveva chiesto alla Camera di valutare se quanto detto da Sgarbi fosse compatibile con le sue funzioni di deputato e, di conseguenza, se il suo operato fosse coperto dall’immunità parlamentare.
La Camera ha decretato che le parole di Sgarbi non rientravano nel “nesso funzionale ammesso nell’esercizio dell’attività di parlamentare” anche perché pronunciate fuori dall’aula e non a Montecitorio.
Di conseguenza Sgarbi avrebbe dovuto essere processato e la giudice avrebbe dovuto stabilire se le sue parole fossero o meno diffamatorie. Signorini aveva chiesto un risarcimento di 50mila euro, ma non è stato possibile nemmeno stabilire se le fosse effettivamente dovuto.
