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CURIOSITÀ 07 OTTOBRE 2025

La profezia sulla pandemia Big One: sarà peggio del Covid

Matteo Polimeni

Matteo Polimeni

Editor e videomaker

Editor e videomaker con l’anima da storyteller. Mi muovo tra design, arte e architettura, giocando con la comunicazione.

Negli ultimi anni, la parola “pandemia” ha smesso di essere un concetto astratto. Dopo il Covid-19, il mondo intero ha sperimentato sulla propria pelle quanto un virus possa stravolgere la vita quotidiana, le economie e i rapporti internazionali. Eppure, secondo diversi esperti, quello che abbiamo vissuto potrebbe essere solo un avvertimento. È qui che entra in gioco il termine “Big One”, con cui la comunità scientifica si riferisce a una possibile, futura pandemia di proporzioni ancora più devastanti. Un’ipotesi che non nasce dal sensazionalismo, ma da anni di studi, osservazioni e analisi.

Cos’è il Big One

Con “Big One” gli scienziati indicano una potenziale pandemia causata da un agente patogeno nuovo, altamente contagioso e con tassi di mortalità superiori a quelli del Covid-19. David Quammen, autore di libri di divulgazione scientifica, aveva già ipotizzato che la prossima grande emergenza sanitaria sarebbe arrivata da un virus sconosciuto, proveniente dal mondo animale. Una previsione che oggi, alla luce di quanto accaduto, suona come già sentito.

Michael Osterholm, direttore del Center for Infectious Disease Research and Policy (CIDRAP) dell’Università del Minnesota, nel suo libro The Big One: How We Must Prepare for Future Deadly Pandemics, analizza i motivi per cui il mondo non è pronto ad affrontare un evento simile. Nonostante ne abbia appena affrontata una. Secondo lui, molte infrastrutture sanitarie — soprattutto negli Stati Uniti — sono state indebolite, e la mancanza di coordinamento tra governi, enti scientifici e istituzioni pubbliche rappresenta una delle più grandi vulnerabilità del nostro tempo.

A pesare, inoltre, è la distribuzione diseguale delle risorse: durante il Covid-19, i paesi ricchi hanno accumulato vaccini e forniture, lasciando indietro gran parte del pianeta. Un errore che, in caso del “Big One”, potrebbe amplificare il disastro, perché — come ricordano gli esperti — nessuno è davvero al sicuro finché tutti non lo sono.

Qual è lo scenario se dovesse realizzarsi una nuova pandemia

Immaginare una nuova pandemia può sembrare catastrofico, ma serve proprio a comprendere l’urgenza della prevenzione. Un nuovo virus respiratorio, con caratteristiche simili o peggiori del coronavirus SARS-CoV-2 (il COVID 19, per intenderci), potrebbe bloccare in poche settimane la catena di approvvigionamento globale. Non solo farmaci e vaccini, ma anche beni di prima necessità — dal cibo al carburante, dai componenti elettronici ai prodotti per la casa — potrebbero diventare introvabili. In uno scenario del genere, la solidarietà internazionale diventerebbe cruciale, ma la storia recente mostra che i Paesi tendono a chiudersi in se stessi nei momenti di crisi.

Un’altra grande sfida sarebbe la gestione etica delle risorse sanitarie: chi riceverebbe i primi vaccini o i farmaci salvavita?

I lavoratori essenziali, gli anziani, i bambini? Sono domande spinoso, ma che vanno affrontate ora, quando l’emergenza è ancora nell’immaginario.
Inoltre, non è detto che un futuro virus colpisca le stesse fasce di popolazione del Covid-19. L’influenza spagnola del 1918, ad esempio, uccise milioni di giovani adulti sani, vittime di una reazione immunitaria eccessiva nota come “tempesta di citochine”.

Dunque, il messaggio degli esperti è chiaro: non si tratta di se accadrà, ma di quando. Prepararsi significa investire in ricerca, rafforzare i sistemi sanitari, migliorare la comunicazione pubblica e costruire una cooperazione globale reale. Perché in un mondo iperconnesso, dove basta un volo intercontinentale per diffondere un virus in meno di due giorni, l’unica vera difesa è la prevenzione condivisa.

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