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CURIOSITÀ 15 OTTOBRE 2025

Ciclone atlantico sull'Italia: perché si forma e cosa provoca

Marta Ruggiero

Marta Ruggiero

Giornalista pubblicista e videomaker

Giornalista, videomaker, copywriter e content creator. Mi occupo di attualità, economia, politica, intrattenimento, costume e società. In passato ho lavorato in ambito televisivo. Osservo e racconto storie: penna e videocamera sono le mie fedeli compagne di viaggio.

Il clima segue meccanismi sempre più imprevedibili. L’Italia, infatti, si prepara ad affrontare il passaggio dal caldo estremo a precipitazioni importanti, con l’arrivo di un ciclone atlantico che potrebbe avere effetti rilevanti sul meteo delle nostre regioni.

Temperature sopra la media si scontreranno con l’arrivo di un nuovo impulso freddo in discesa dal Nord Europa, favorendo la formazione di un nuovo e potente ciclone. Infatti trarrà ulteriore energia dalle acque ancora miti del Mediterraneo.

L’Atlantico arriva nel Mediterraneo: cicloni sempre più potenti e frequenti

L’alternanza esasperata tra fasi intense di caldo e precipitazioni estreme è ormai un fenomeno che non può più essere considerato fuori dalla norma: indica piuttosto che il sistema climatico sta rispondendo alle alterazioni imposte dalle emissioni di gas serra. Nel Mediterraneo, uno dei climate hot spot mondiali, questa dinamica si manifesta con crescente evidenza, rendendo l’area più suscettibile a fenomeni meteorologici estremi come onde di calore, nubifragi e cicloni.

I cicloni atlantici, tropicali o subtropicali, si formano generalmente sopra le acque con una temperatura superiore ai 26 °C, dove l’evaporazione è intensa. L’aria umida che risale condensa, rilascia calore latente e alimenta il sistema, innescando moti convettivi che rafforzano la bassa pressione al centro. Il risultato è una struttura auto-sostenuta di venti rotanti attorno a un cuore caldo, con bande di nubi a spirale e spesso con la presenza di un occhio. Da qui la famosa espressione “nell’occhio del ciclone”.

Nell’Atlantico, le onde tropicali che emergono dall’Africa fungono da semi-perturbazione, che può evolvere in ciclone se le condizioni ambientali — instabilità, umidità, vento verticale favorevole — lo permettono. Quando un ciclone di questo tipo progredisce verso nord-est, può interagire con correnti a getto e sfruttare contrasti termici con masse d’aria fredda per rigenerarsi o riciclarsi come sistema extratropicale. In certi casi, parte di questa energia può propagarsi verso l’Europa, influenzando il Mediterraneo.

Cosa succede quando i cicloni arrivano in Italia

Non è raro che i cicloni atlantici giungano sino all’Europa meridionale a al Mediterraneo, trovando un ambiente eccessivamente carico di energia termica. In particolare, le deviazioni meridionali del getto polare e fenomeni di rossby wave breaking possono favorire l’intrusione di aria ad alto potenziale di vorticità, innescando delle ciclogenesi locali. Si tratta di una meccanica tipica dei cicloni extratropicali, che possono evolvere in sistemi intensi.

In molti casi, cicloni che si sono formati o raffinati in mare aperto entrano nel Mediterraneo o generano celle secondarie, che possono svilupparsi ulteriormente sfruttando il calore marino tipico dei nostri mari. Fenomeni di intensificazione rapida avvengono tipicamente tra novembre e marzo, con una media di cinque o sei eventi l’anno.

Un caso peculiare è quello dei Medicane, da Mediterranean hurricane, che sono sistemi ibridi tra tropicale e extratropicale che possono sviluppare un nucleo caldo e velocità di vento notevoli, se le condizioni termiche del mare sono favorevoli.

Perché gli eventi estremi si intensificano in Italia

Negli ultimi decenni le temperature superficiali del Mediterraneo hanno mostrato delle anomalie: periodi di marine heat wave, con valori diurno‑notturni ben al di sopra della media. Questo caldo aggiuntivo eleva l’evaporazione e la quantità di vapore acqueo disponibile in atmosfera che rappresentano carburante per le tempeste.

Con una quantità maggiore di calore latente rilasciabile, i cicloni e le perturbazioni convettive nel Mediterraneo possono intensificarsi più facilmente. Tra l’autunno e la primavera, fino al 20/60% delle ore con fulmini sono associate a cicloni vicini. In sostanza, i fenomeni convettivi estremi – come grandine, fulmini, precipitazioni intense – aumentano in presenza di cicloni mediterranei attivi.

Il riscaldamento globale può alterare la dinamica delle onde planetarie, il comportamento del jet stream e la frequenza delle deviazioni meridionali, che favoriscono l’ingresso di perturbazioni nell’area del Mediterraneo.

L’Italia è penalizzata da un territorio morfologicamente complesso, con infrastrutture spesso poco resistenti e una urbanizzazione in aree a rischio idrogeologico. Le piogge intense concentrate in poche ore saturano il suolo e generano frane e allagamenti gravi. Le stazioni meteorologiche, che segnalano che gli episodi più forti, mostrano una tendenza al rialzo nella zona del Mediterraneo.

Per limitare i rischi servono azioni urgenti. Un monitoraggio sofisticato, preallerta tempestive, infrastrutture adattate e una forte politica di mitigazione climatica per ridurre il riscaldamento globale. Solo comprendendo i meccanismi fisici ci si può preparare efficacemente alle sfide che il cambiamento climatico impone. Contemporaneamente, però, è necessario invertire la rotta smettendo di attuare azioni che danneggiano l’ambiente.

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