Si definisce con il termine estradizione quel processo legale attraverso per cui una persona accusata o condannata per un reato in un Paese, detto Paese richiedente, viene richiesta e consegnata alle autorità di un altro Paese, detto Paese estradante, per affrontare le accuse o scontare una pena. È regolata da trattati bilaterali o multilaterali tra le nazioni coinvolte e segue procedure stabilite dal diritto internazionale.
Gli accordi definiscono i limiti per cui può essere richiesta l’estradizione, e le condizioni e l’iter da seguire per concederla o rifiutarla. L’obiettivo dell’estradizione è consentire ai Paesi di cooperare nel perseguire la giustizia e prevenire la fuga di individui che sono ricercati per reati commessi in un territori diversi da quelli in cui si trovano.
Differenza tra estradizione attiva e passiva
Nel nostro ordinamento, l’estradizione è definita attiva o dall’estero se è richiesta dall’Italia. È invece passiva o per l’estero se è richiesta da un altro Paese e concessa dall’Italia.
Nel processo attivo, il Procuratore Generale presenta la domanda al Ministero della Giustizia. Nel processo passivo, la Corte d’Appello e il Ministero della Giustizia prendono decisioni in base alla domanda ricevuta.
Anche il Parlamento ha il potere di concludere accordi di estradizione, come nel caso dell’accordo tra Italia e Stati Uniti che considera la prescrizione del reato secondo le leggi dello Stato richiedente.
Il principio della doppia incriminazione
Affinché l’estradizione possa avvenire, è necessario il rispetto del principio di doppia incriminazione. Significa cioè che il fatto per cui si richiede l’estradizione, ad esempio un omicidio, sia considerato reato in entrambi i Paesi coinvolti.
La qualificazione giuridica può differire, ma è essenziale che il fatto sia punibile in entrambi gli ordinamenti.
Cos’è il divieto di bis in idem
Il principio del divieto di bis in idem, vietando la duplicazione di processi per gli stessi fatti, si applica sia a livello nazionale che internazionale. Se un individuo è stato giudicato per gli stessi fatti in un altro Paese, l’estradizione non è concessa.
Come funziona il mandato di arresto europeo
Il mandato di arresto europeo semplifica la procedura di estradizione tra gli Stati membri dell’Unione Europea, consentendo la consegna diretta sulla base di un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria.
Significa che quando un mandato è emesso dalle autorità giudiziarie di un Paese dell’UE, è valido in tutto il territorio comunitario. La misura è in vigore dal 1° gennaio 2004 e ha sostituito i lunghi procedimenti di estradizione previsti in precedenza.
Nel caso in cui un cittadino italiano, ad esempio, commetta un crimine dentro i nostri confini nazionali per poi recarsi in un altro Paese, come la Germania, l’ordinanza di arresto disposta dal gip si trasformerebbe in un mandato di arresto europeo da eseguire all’estero.
Il Paese che esegue il mandato – in questo esempio la Germania – ha fino a 60 giorni dall’arresto della persona per decidere se eseguire l’estradizione. Se l’indagato acconsente, la decisione deve essere presa entro 10 giorni.
Da quando il mandato di arresto europeo viene eseguito, il Paese ha poi un massimo di 10 giorni per consegnare la persona arrestata al Paese che ha emanato l’ordinanza.