Nel cuore della cristianità, ogni Conclave si carica di significati che vanno ben oltre la semplice elezione di un nuovo Papa. Nei giorni precedenti all’elezione del successore di Papa Francesco, ad esempio, hanno tenuto banco suggestioni come il gabbiano poggiato sul comignolo della Cappella Sistina e altri presagi.
Tra eventi imprevisti, simbolismi fortuiti e pronostici ribaltati, l’attesa della fumata bianca si colora spesso di episodi curiosi e leggende urbane. Alcuni si trasformano in fenomeni mediatici, altri scatenano interrogativi.
Il gabbiano sul comignolo: leggenda o messaggio?
Nelle ore cariche di suspense che precedono l’annuncio del nuovo Pontefice, ogni dettaglio viene osservato con attenzione – è il caso di dirlo – religiosa. Nel marzo 2013, mentre il mondo attendeva la fumata bianca dalla Cappella Sistina, un gabbiano decise di posarsi proprio sul comignolo da cui sarebbe uscito il fumo. Una scena surreale, diventata virale, che catturò l’attenzione di milioni di spettatori in diretta mondiale. L’uccello marino, impettito e apparentemente imperturbabile, fu immortalato dalle telecamere internazionali come fosse il guardiano del segreto papale. Così nacque persino un account Twitter dedicato, dove l’uccello divenne protagonista ironico di quel momento solenne.
Da allora, il gabbiano è diventato un simbolo ufficioso dei conclavi moderni, un ospite inatteso che molti tornano a cercare nel cielo di Roma nei giorni decisivi. Ecco che anche nel 2025 il gabbiano è tornato sul comignolo della Sistina, per quello che in molti credenti hanno interpretato come un messaggio.
La fumata gialla che destabilizzò tutti
Oggi la sequenza delle fumate durante il Conclave è nota: nera per l’assenza di elezione, bianca per l’annuncio del nuovo Papa. Ma non è sempre stato così. Fino al 2005, infatti, esisteva una terza fumata di colore giallo, poco conosciuta, ma molto significativa. Si trattava della fumata di prova, usata dai tecnici del Vaticano per verificare che il sistema funzionasse correttamente. Questo test veniva effettuato prima dell’inizio del Conclave ed era un banalissimo passaggio tecnico. Eppure, poteva generare confusione tra i fedeli. Ecco che dal pontificato di Benedetto XVI in poi, con l’introduzione di una stufa elettronica separata per i fumogeni, la prova è stata eliminata. Oggi, il meccanismo è così sofisticato che ogni errore è ridotto al minimo. Ci sono due stufe, una per bruciare le schede, l’altra per produrre il fumo visibile dalla piazza. E in caso di elezione, oltre alla fumata bianca, a disperdere ogni dubbio pensano le campane della Basilica di San Pietro.
Il fulmine sopra il Cupolone
Il 2013 è stato un anno che ha riscritto le regole (non scritte) del Conclave. Prima ancora che iniziasse, una scena apocalittica aveva già scosso l’immaginario collettivo: un fulmine che colpisce la cupola di San Pietro. Era l’11 febbraio, giorno delle clamorose dimissioni di Benedetto XVI, evento senza precedenti nell’epoca moderna. L’immagine, fotografata da un reporter dell’agenzia Ansa, fece il giro del mondo e in tanti collegarono l’evento naturale a quanto appena accaduto. Per molti fu un segno divino, per altri solo una coincidenza atmosferica.
La “maledizione” dei papabili
“Chi entra Papa in Conclave ne esce cardinale”: è questo un vecchio adagio vaticano che si è puntualmente confermato più volte nella storia, come una maledizione. Nel 1978, dopo la morte improvvisa di Giovanni Paolo I (durato appena 33 giorni sul soglio pontificio), si aprì un secondo Conclave nello stesso anno. I nomi in lizza erano perlopiù gli stessi di poche settimane prima: l’arcivescovo progressista di Firenze Giovanni Benelli e il conservatore Giuseppe Siri, da decenni alla guida dell’arcidiocesi di Genova. Siri fu protagonista anche di un clamoroso incidente mediatico: alcune sue dichiarazioni rilasciate a un giornale torinese provocarono scalpore tra le porpore. Siri sminuì il primo discorso di Papa Luciani, affermando che non era stato scritto da lui, ma dalla Segreteria di Stato. Inoltre, criticò implicitamente le dinamiche interne. Queste frasi furono lette da molti come un tentativo di influenzare il Conclave. Siri smentì pubblicamente l’intervista, ma il danno ormai era fatto. Al termine dell’ottavo scrutinio, sorprese tutti un nome venuto dall’Est: Karol Wojtyła, il primo Papa non italiano dopo oltre quattro secoli. Un outsider, come spesso accade nei momenti decisivi della storia della Chiesa.
Inoltre, Giuseppe Siri fu al centro di un altro fatto controverso, avvenuto vent’anni prima. Secondo alcune fonti ufficiose, Siri sarebbe stato un Papa eletto, ma mai proclamato. Nel 1958 avrebbe ottenuto i voti necessari all’elezione. Tuttavia, quest’ultima sarebbe stata bloccata da pressioni interne ed esterne. Si tratta, comunque, di una teoria mai confermata e ritenuta da molti infondata.
In tempi più recenti, il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio fu eletto nel 2013 con il nome di Francesco e in pochi poterono dire di averlo previsto. Nonostante fosse stato un serio contendente nel Conclave del 2005, nel 2013 nessuno dava Bergoglio tra i favoriti, né stampa, né bookmaker. I pronostici si concentravano su volti noti come Angelo Scola o Odilo Scherer. E invece, ancora una volta, la Chiesa scelse la sorpresa.