Emanuela Loi ricordata dalla nipote poliziotta, la lettera in onore dell'agente di scorta di Borsellino
Emanuela Loi, poliziotta della scorta di Borsellino morta nella strage di via D'Amelio, ha una nipote che si chiama come lei e che fa il suo stesso mestiere
In via D’Amelio a Palermo, fra gli agenti di scorta di Paolo Borsellino, quel giorno del 19 luglio 1992 c’era anche la poliziotta Emanuela Loi. La nipote, che porta lo stesso nome della zia e che come lei ha scelto di indossare orgogliosamente la divisa, ha scritto una lettera in occasione del 33esimo anniversario della strage.
- La lettera della poliziotta Emanuela Loi alla zia
- L'orgoglio di indossare la stessa divisa
- Il ringraziamento alla zia Emanuela Loi
La lettera della poliziotta Emanuela Loi alla zia
La nipote di Emanuela Loi ha letto il suo scritto in occasione dell’anniversario della strage di via D’Amelio, celebrato alla caserma Lungaro di Palermo.
Presenti diversi rappresentanti delle istituzioni, così come i parenti delle vittime e l’unico sopravvissuto al massacro, Antonio Vullo.
Palermo, 19 luglio 2025 – Celebrazione per il 33esimo anniversario della strage di via d’Amelio
L’orgoglio di indossare la stessa divisa
Nella missiva, la poliziotta 32enne Emanuela Loi ricorda quella zia che non ha mai conosciuto ed esprime orgoglio per il suo coraggio e il suo sacrificio. Questo l’incipit della lettera:
Cara Emanuela, nonostante io non abbia avuto la fortuna di conoscerti, sento una profonda connessione con te. Il tuo nome, che porto con orgoglio, è un costante promemoria del tuo coraggio e della tua dedizione alla giustizia. La tua storia, il tuo sacrificio mi hanno insegnato l’importanza di lottare per ciò che è giusto, anche di fronte alle difficoltà.
Poi il ricordo di quella zia conosciuta solo di fama, perché uccisa a 24 anni dal tritolo che sventrò via D’Amelio. Nonostante le due “Emanuela Loi” non si siano mai conosciute, indossano la stessa divisa e il testamento morale della zia è presente da sempre nella vita della nipote:
[La giovane Emanuela Loi è una ragazza che] È cresciuta in stanze in cui i segni di Emanuela erano ovunque, in cui il dolore si è fatto da parte solo per lasciare spazio alla memoria. Una famiglia in cui la mafia non è un affare lontano, di cui sente parlare al telegiornale, ma è la cosa che ha ucciso la sorella di tuo padre. Mia madre e mio padre mi hanno raccontato della tua dedizione al lavoro e del tuo essere sempre positiva e solare, col tuo sorriso inconfondibile stampato sul viso per affrontare ogni situazione, anche la più difficile. Sono orgogliosa di poter continuare, in qualche modo, i tuoi passi.
Poi il riferimento all’orgoglio della stessa divisa, che Emanuela, agli inizi degli anni ’90, ha vestito quasi per uno scherzo del destino: non voleva fare la poliziotta, ma la maestra, e al concorso per entrare in polizia andò solo per accompagnare la sorella. Ma era brava Emanuela e quel concorso lo vinse. La presenza della zia è fortissima, scrive la nipote:
A volte, sento come se stessi vivendo la tua vita, come se i tuoi sogni e le tue passioni fossero anche i miei.
Poi il ricordo dei primi incarichi della zia:
La protezione della casa dell’allora onorevole Sergio Mattarella, i piantonamenti sotto casa del boss Francesco Madonia, la protezione della senatrice Pina Maisano, vedova di Libero Grassi.
Il ringraziamento alla zia Emanuela Loi
Infine il ringraziamento alla zia:
Vorrei poter ringraziarti per l’esempio che hai lasciato, per la forza che hai dimostrato e per l’ispirazione che continui a essere per me e per tutte le persone che fanno il nostro lavoro. Spero di poter onorare la tua memoria vivendo una vita che rifletta i tuoi valori e la tua passione per la giustizia. Sarò sempre grata per l’eredità che hai lasciato e per l’amore che mi hai sempre trasmesso.
Nei giorni seguenti alla strage di Capaci, Paolo Borsellino sapeva di avere un bersaglio disegnato dietro la schiena. “Sono un morto che cammina”, diceva. Per questo di tanto in tanto, per proteggere i suoi agenti di scorta, cercava di sfuggire alla loro sorveglianza, anche solo per andare a comprare le sigarette. Era il suo modo per dire ai mafiosi “Colpitemi ora, che sono solo”.
Poi il ricordo degli ultimi giorni di vita di Emanuela Loi:
Manuela era tornata a Palermo dalla Sardegna il 17 luglio. Aveva la febbre, la mamma le aveva detto di restare a casa, in malattia, ma lei no, non voleva che qualche collega dovesse rinunciare alle ferie per colpa sua. Non erano in molti a voler fare quel servizio. Manuela invece non si tirava indietro, forse per coraggio, forse anche per incoscienza, ma forse soprattutto, per una cosa molto più semplice e tanto più potente: il senso del dovere.
Infine l’abbraccio ideale alla zia, da parte di una nipote fiera e sinceramente affezionata:
Spero che, in qualche modo, tu sia orgogliosa di me. Grazie per avermi ispirato a essere una persona migliore.
Con affetto, tua nipote Emanuela.