Daria Bignardi e le rivelazioni sui "prigionieri palestinesi devastati" e sul divorzio con Luca Sofri
La solitudine, la volontà di incontrare i prigionieri palestinesi, i viaggi, il legame con i figli, la separazione dall’ex marito Luca Sofri e molto altro: Daria Bignardi, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro Nostra solitudine, edito da Mondadori, ha riflettuto a fondo sul suo lavoro, sul suo privato e su diversi temi di attualità.
- Daria Bignardi: "Prigionieri palestinesi scheletrici, ho provato a incontrarli"
- La riflessione sul patriarcato
- Il divorzio dall'ex marito Luca Sofri: "Una casa che crolla"
Daria Bignardi: “Prigionieri palestinesi scheletrici, ho provato a incontrarli”
Intervistata dal Corriere della Sera, la giornalista ha spiegato che il nuovo libro è nato dalla sua esigenza di continuare a sondare i temi dell’isolamento e dell’ombra, come già fatto nelle due precedenti opere Libri che mi hanno rovinato la vita e Ogni prigione è un’isola.
La necessità di elaborare un nuovo libro l’ha avvertita dopo il viaggio in Vietnam con suo figlio Ludovico per i cinquant’anni dalla fine della guerra.
“Al ritorno m’è venuta una gran tristezza – ha spiegato Bignardi -. Il mio terapeuta mi ha proposto di vedere un esperto di EMDR. Ho fatto un tentativo: “Può essere un trauma dell’infanzia. O di quando stava ancora nella pancia di sua madre”. Ho interrotto gli incontri, non ero a mio agio. Ma mi sono decisa a ricostruire la storia della mia solitudine”.
La giornalista ha fatto un viaggio interiore, arrivando a capire che a farla sentire sola è “la globalizzazione, una smania di vendere e comprare”. Poi, a fine gennaio, c’è stata una prima tregua tra Israele e Hamas: “Tutti parlavano degli ostaggi israeliani e nessuno delle condizioni dei prigionieri palestinesi. Devastati, scheletrici: riferivano di torture e abusi. Ho deciso di provare a incontrarli”.
A Milano ha parlato anche con Wael Al-Dahdouh, il giornalista di Al Jazeera che ha perso moglie e figli nei bombardamenti. “Non voleva parlarne perché, dice, non può permettersi di piangere – ha raccontato Bignardi -. Sente la responsabilità di essere un esempio. Incontri uno così e pensi: “Ma io ho diritto di pensare ai miei traumi?”. Ho capito che la mia sofferenza c’entrava con queste forme di solitudine”.
La sua avventura in Medio Oriente è partita da At-Tuwani, il villaggio in Cisgordania di No Other Land. Ha incontrato poi i ragazzi di Operazione Colomba, l’Ong che accompagna i pastori per evitare che i coloni gli sparino. “Dormono con loro quando temono di essere aggrediti, sono guardie del corpo disarmate”, ha raccontato.
In quei luoghi la solitudine è “vietata” perché “non si può mai stare soli”. “Volontari e cooperanti – ha aggiunto – risentono di questa socialità ininterrotta. La solitudine serve anche per ricaricarsi, elaborare ciò che ci accade. Come un’onda: da un lato la soffriamo, dall’altro la desideriamo. Scrivendo ho capito che, come dice Emily Dickinson, sono anche affezionata alla mia solitudine”.
La riflessione sul patriarcato
Bignardi ha anche riflettuto sul tema relativo al patriarcato, ricordando come si è comportata quando sono nati i suoi figli: “Lavoravo tanto: scrivo della fatica che facevo nel cercare di essere la madre perfetta, l’angoscia che provavo. Nonostante avessi letto tutta Virginia Woolf e le altre femministe, quando ho avuto una famiglia e dei figli sono stata colpita da un incantesimo: ho dimenticato tutto”.
La giornalista ha sottolineato che non intende rimproverare nulla agli uomini che le sono stati a fianco. Ma se stessa sì “perché io queste cose le avevo studiate. In tante donne c’è una vocazione all’accudimento rischiosa. Viene meno lo spazio per elaborare i propri vissuti”.
E ancora: “Mia figlia e le sue amiche le vedo attentissime a non farsi incastrare. Riconoscono, nelle loro mamme e nonne, qualcosa da non replicare. Guardandole, come dice Luisa Muraro, sembra davvero che il patriarcato sia al capolinea. Spero poi non vengano colpite anche loro dall’incantesimo”.
Bignardi ha avuto molta popolarità anche a livello televisivo. Non era il suo obbiettivo diventare famosa: “Alla televisione sono arrivata per caso. Da ragazza frequentavo i collettivi: ho sempre amato più gli ambienti underground. Solo di recente mi sono resa conto del legame tra solitudine e pregiudizio: la superficialità e l’esagerazione della tv ti restano addosso”.
Il divorzio dall’ex marito Luca Sofri: “Una casa che crolla”
Per la prima volta la giornalista ha anche parlato della fine del matrimonio con Luca Sofri. “Il divorzio è una casa che crolla – ha spiegato – credo sia stato quello ad avermi riportata ai traumi originari. Senza, forse non sarei arrivata a fare i conti con la mia solitudine. In Uganda, nella foresta, ho incontrato i gorilla: il loro sguardo primordiale mi ha fatto tornare alla mente un episodio”.
“Mentre ci stavamo separando – ha aggiunto – in casa ho creato una specie di altare. Un barbagianni impagliato, pelli di coniglio dei nativi americani, una piuma d’aquila, piante, minerali. Poi, in un negozio di giocattoli, ho comprato delle galline gonfiabili e le ho appiccicate tutte per terra, all’ingresso. I miei figli mi guardavano perplessi. Non sapevo perché lo stessi facendo”.
“Facendo questo viaggio nella solitudine, mi sono resa conto che forse, in quel momento di crisi, stavo chiedendo protezione al mondo animale“, ha concluso.