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Fabrizio Corona e la rivelazione del pentito Scarface, l'accusa di essere "in rapporti con clan mafiosi"

Le confessioni sulla "super mafia" del pentito "Scarface": "Fabrizio Corona aveva contatti con Cantarella"

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Mirko Vitali

GIORNALISTA

Giornalista esperto di politica e attualità, attento anche ai temi economici e alle dinamiche del mondo dello spettacolo. Dopo due lauree umanistiche e il Master in critica giornalistica, lavora e collabora con diverse testate e realtà editoriali nazionali

William Alfonso Cerbo, noto in ambienti malavitosi come “Scarface“, ha sostenuto che Fabrizio Corona avrebbe avuto rapporti con esponenti della mafia. Il pentito 43enne è stato il collettore economico a Milano del clan Mazzei di Catania. Tra le sue confessioni, la conferma dell’esistenza di una “super mafia” a tre teste, cioè l’esistenza di un’alleanza per gli affari in Lombardia tra affiliati a Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra.

Le confessioni di Scarface: “Fabrizio Corona aveva contatti con Cantarella”

Ciò che è emerso negli ultimi anni grazie all’inchiesta Hydra, condotta dalla Dda di Milano e dai carabinieri del Nucleo investigativo, è stato confermato da “Scarface”, come riportato dall’ANSA.

Tra i vari capitoli messi a verbale da Cerbo, c’è anche quello in cui viene menzionato l’ex “Re dei paparazzi”: Cantarella, “storico affiliato al clan Mazzei”, avrebbe avuto “rapporti con Fabrizio Corona, che in più occasioni si rivolgeva” a lui “quando aveva problemi su Milano”.

Fabrizio Corona

“Scarface” ha anche citato il caso “in cui Corona gli chiese (a Cantarella, ndr) un recupero credito di 70mila euro da fare a Palermo per una truffa patita da un amico”.

Nel 2011, ha aggiunto il pentito 43enne, “ricordo che fece venire Corona e Cecilia Rodriguez alla mia discoteca ‘Bho'” di Catania. Le indagini erano passate anche per una decisione del gip che bocciò, nel 2023, gran parte degli arresti, poi però confermati da Riesame e Cassazione. E a Viola e Cerreti nei mesi scorsi era anche stata rafforzata la scorta per le minacce ricevute”.

La nascita della “super mafia”

A proposito della “super mafia”, Cerbo ha spiegato di essersi trovato “in mezzo alla nascita di questo sistema” e che nell’associazione mafiosa si sarebbe occupato soprattutto di bancarotte e truffe.

Lo chiama “nuovo sistema” o “sistema lombardo”. Le zone d’azione sarebbero state tra Milano e Varese, con legami anche col mandamento di Castelvetrano (Trapani), quello di Matteo Messina Denaro.

Gli sviluppi sono emersi nella maxi udienza del procedimento a carico di 146 persone, tra abbreviati e udienza preliminare, davanti al gup Emanuele Mancini (rinvio al 4 novembre), nel corso della quale il procuratore Marcello Viola e i pm hanno depositato gli atti di indagini integrative.

L’alleanza, sempre secondo quanto raccontato da “Scarface”, è nata nel 2019. Presenti “Cantarella e Vestiti, in primis”, ossia Gaetano Cantarella, detto Tano, scomparso nel 2020 per un caso di “lupara bianca”, e Giancarlo Vestiti, tra gli imputati e che farebbe parte della camorra dei Senese.

Un sistema “che si è alimentato anche grazie a me – ha sottolineato Cerbo – in quanto io in quel preciso momento storico ero a Milano a fare illeciti“.

Il pentito: “Una sera cenai con Lele Mora”

Cerbo ha anche parlato degli affari risalenti al 2019 all’Ortomercato di Milano. “Una domenica sera andammo a cenare – ha riferito – a casa di Lele Mora (…) Lui, Lele Mora, voleva sapere esattamente che tipo di frutta avrei potuto fornire, le quantità e la scontistica. Mi disse Lele che era in strettissimo rapporto con il presidente della Sogemi“.

Sempre per quel che riguarda l’alleanza delle tre mafie, Cerbo ha affermato che vide personalmente nascere la “coalizione tra il gruppo di Cantarella” ed il “gruppo di Vestiti”, tra cui Filippo Crea, “gli albanesi e un campano di bassa statura amico del giocatore Ciro Ferrara (quest’ultimo non coinvolto nell’indagine, ndr)”. “Un giorno mi riservò un privé a nome del giocatore”, ha aggiunto “Scarface”.

“Solo così credo di liberarmi definitivamente da questo cancro” per dare “un futuro migliore ai miei figli”, ha scritto nel memoriale il pentito per spiegare la sua decisione di collaborare con la giustizia.

ANSA

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