Giorgia Meloni contro i No Tav e le proteste in Val di Susa: "Solidarietà a uomini e donne in divisa", la nota
Giorgia Meloni condanna le tensioni esplose tra i manifestanti e la polizia durante le proteste No Tav in Val di Susa: "Questo non è dissenso"
Un pomeriggio caldo, quello che ha avuto luogo in Val di Susa con le proteste dei No Tav. La premier ha indicato come “vergognoso” lo scontro verificatosi tra alcuni dimostranti con il volto occultato e le forze dell’ordine. Per Giorgia Meloni si tratta di “atti di guerriglia urbana indegni di una Nazione civile” e ha espresso la sua “solidarietà e vicinanza ai nostri uomini e donne in divisa“.
- La condanna di Giorgia Meloni
- La nota di Matteo Piantedosi
- La protesta dei No Tav in Val di Susa
- Il movimento No Tav e la morte di Soledad e Massari
La condanna di Giorgia Meloni
Nel pomeriggio di sabato 26 luglio, nel corso della seconda giornata del Festival Alta Felicità, un corteo di manifestanti No Tav ha raggiunto l’autostrada Torino-Bardonecchia. Alcuni dimostranti hanno aperto uno scontro con le forze dell’ordine e gli agenti hanno risposto con dei getti d’acqua.
Estinti i disordini, Giorgia Meloni è intervenuta sui social per condannare come “vergognoso” ciò che hanno posto in essere “gruppi organizzati di No Tav” che hanno “lanciato pietre e fumogeni contro le Forze dell’Ordine”.
Secondo la premier si è trattato di “atti di guerriglia urbana indegni di una Nazione civile, che non hanno nulla a che vedere con l’espressione del dissenso e che condanniamo con fermezza”. Quindi il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato parole di conforto alle autorità intervenute per contenere i disordini.
Inoltre Giorgia Meloni ha ricordato che “con il decreto sicurezza voluto dal Governo” questi atti “potranno essere puniti con maggiore severità e fermezza”.
La nota di Matteo Piantedosi
Anche il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, come riporta Ansa, ha commentato i fatti accaduti in Val di Susa in una nota. “Quanto accaduto è semplicemente vergognoso”, scrive il Viminale.
“È il volto peggiore di un estremismo ideologico che va isolato e represso con fermezza”, continua la nota, e si aggiunge: “Dietro la facciata di un evento ‘culturale’ si è consumata l’ennesima, inaccettabile azione di violenza organizzata ai danni dello Stato, delle sue infrastrutture e di chi le difende”.
Infine: “Mi è stato assicurato il massimo impegno nell’identificazione di tutti i responsabili”.
La protesta dei No Tav in Val di Susa
Alle 13 di sabato 26 luglio ha avuto inizio la seconda giornata del Festival dell’Alta Felicità. Un corteo di migliaia di partecipanti partito da Venaus ha bloccato l’A32 Torino-Bardonecchia e si è diviso in tre fronti: uno che proseguiva la marcia, uno diretto verso il futuro deposito alle porte di Susa e uno, infine, si è mosso verso il cantiere di San Didero.
La manifestazione è nata per chiedere la chiusura dei cantieri dell’Alta Velocità, una battaglia che i No Tav (No-Treni ad Alta Velocità) conducono dai primi anni Novanta, ovvero da quando sono comparsi i primi cantieri per la linea Torino-Lione.
Le tensioni si sono alimentate quando un gruppo di manifestanti ha divelto le recinzioni del cantiere di San Didero. Verso le forze di polizia sono stati lanciati sassi e bombe carta. I poliziotti hanno respinto l’attacco con l’uso di idranti. Per il momento, su entrambi i fronti, non risultano esserci feriti.
Il movimento No Tav e la morte di Soledad e Massari
La prima manifestazione ufficiale del movimento No Tav ebbe luogo il 2 marzo 1995 a Sant’Ambrogio di Torino, alle porte del capoluogo piemontese. Nel periodo immediatamente successivo agli attivisti e le attiviste si aggiunsero i centri sociali di Torino, gli occupanti di edifici e terreni per motivi di protesta (squatters) e gruppi di estrema sinistra.
Le manifestazioni si fecero sempre più tese, fino a quando le forze dell’ordine non individuarono nelle divisioni anarco-insurrezionaliste le frange più violente. In questo contesto, con l’accusa di ecoterrorismo e associazione sovversiva, nel 1998 furono arrestati Maria Soledad Rosas, attivista argentina, e i suoi compagni Edoardo “Baleno” Massari e Silvano Pelissero. Rosas e Massari avevano una relazione.
Ai tre vennero contestate alcune azioni di sabotaggio e attentati ai cantieri della Val di Susa dal 1996 al 1998. Massari, chiuso nel carcere Le Vallette di Torino, il 28 marzo 1998 si tolse la vita impiccandosi nella sua cella. La sua tragica morte portò a una corposa manifestazione per le strade di Torino, con decine di striscioni che recitavano: “Sole e Silvano liberi”.
In una lettera inviata ai suoi compagni, Maria Soledad Rosas – che scontava i domiciliari presso la comunità Sottoiponti di Bene Vagienna (Cuneo) – scrisse: “Se mettermi in carcere vuol dire castigare una persona, mi hanno già castigata con la morte o meglio con l’assassinio di Edo”.
L’11 luglio 1998 Maria Soledad Rosas si tolse la vita all’interno della comunità, impiccandosi. In seguito le indagini stabilirono che le accuse rivolte a Rosas, Massari e Pelissero erano infondate.