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Roberto Saviano a processo contro Matteo Salvini, la stretta di mano e il "vergognati" detto al ministro

Scontro in aula tra Matteo Salvini e Roberto Saviano, nel processo per diffamazione in cui lo scrittore è imputato per dei post contro il vicepremier

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Claudio Carollo

GIORNALISTA

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di cronaca e attualità economico-politica, interessandosi nel tempo di tematiche sociali e sport. Ha collaborato con diverse testate nazionali, con esperienze anche in radio.

Scintille tra Roberto Saviano e Matteo Salvini durante il processo per diffamazione a carico dello scrittore. L’autore di Gomorra e il vicepremier si sono ritrovati in tribunale a Roma in merito alla querela dell’allora ministro dell’Interno, per alcuni post pubblicati nel 2018, tra cui uno in cui definiva il segretario della Lega "ministro della Mala Vita". Nella stretta di mano tra i due in aula, Saviano avrebbe detto a Salvini "vergognati".

La stretta di mano e il "vergognati" a Salvini

"Ho stretto la mano a Saviano in aula e lui mi ha detto ‘vergognati’. È un maleducato, ma non è certo un reato" ha riferito Matteo Salvini ai giornalisti che lo attendevano fuori dall’aula al termine dell’udienza.

Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha deciso di non ritirare la querela ed è stato ascoltato come parte offesa nel processo, che vede imputato Roberto Saviano per l’accusa di diffamazione ai suoi danni.

Matteo Salvini fuori dall’aula al termine dell’udienza nel processo per diffamazione contro Roberto Saviano

Queste le sue parole:

"Ho ritenuto i post offensivi da ministro, da cittadino, da segretario di partito. Sono abituato alla critica politica ma espressioni come ‘amico della ‘ndrangheta’ e ‘ministro della mala vita’ non lo sono: si voleva far riferimento a una contiguità alla ‘ndrangheta che a me fa orrore" ha affermato Salvini davanti al giudice monocratico di Roma.

Le parole di Matteo Salvini

Il vicepremier ha affermato di essere rimasto stupito dai post al centro della vicenda, del 12, 21 e 22 giugno 2018, anche rileggendoli a distanza di anni, spiegando di aver ritenuto "lesive e offensive" le frasi di Saviano e da non poterle considerare come "critiche politiche".

"Diciamo che sono venuto a conoscenza dei post dallo staff della comunicazione. Ero ministro dell’Interno da una ventina di giorni, una macchina complessa. Quelle esternazioni furono seguite e condivise da milioni di persone", ha detto sottolineando il seguito social dello scrittore.

Matteo Salvini ha aggiunto di ritenere "di aver contribuito" alla lotta alle mafie e che, inoltre, per i figli qualche problema ad andare a scuola" con il papà definito "ministro della ‘Mala Vita’ lo ha portato".

Il leader della Lega ha poi risposto alle domande della difesa, rappresentata dall’avvocato Antonio Nobili, riguardo alla volontà espressa in un suo post di togliere la scorta a Roberto Saviano se fosse andato al Governo.

"Era una dichiarazione politica" ha affermato il ministro, sottolineando di vivere "come l’imputato sotto scorta da anni, non lo ritengo un privilegio e nemmeno un vantaggio. So che ci fu la polemica, ma la scorta non la toglie l’organismo politico o partitico: non credo sia spendibile come argomento".

"Il mio era un atto politico, gradevole o non gradevole: prima di dar del ‘mafioso’ a qualcuno bisogna pensarci 100 volte", ha aggiunto Salvini.

La risposta di Roberto Saviano

In tribunale, Roberto Saviano ha fatto dichiarazioni spontanee, affermando che "Salvini difende il suo deputato Furgiuele suocero di Salvatore Mazzei condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso" e ribadendo le frasi oggetto dell’accusa di diffamazione.

"Certo, riutilizzerei l’espressione ‘ministro della Mala Vita’ che è di Gaetano Salvemini. Io ritengo di avere tutto il diritto di utilizzare il paradigma di Salvemini per criticare Matteo Salvini" ha detto l’autore, citando l’opera dello storico pugliese riferita all’ex presidente del Consiglio Giovanni Giolitti.

E ancora: "È stata una giornata importante perché finalmente Matteo Salvini, dopo anni, è venuto a rendere testimonianza. Mi ha sconvolto perché non si ricordava, ometteva: ha balbettato qualcosa sulla scorta dicendo che per lui era una valutazione politica. La retorica sta chiaramente cadendo, continuare a dire: ‘sotto il mio governo ci sono gli arresti’ che ci sono stati sotto tutti i governi. La cosa assurda è che è emersa la figura di un politico che fa e dice cose senza pensarci".

ANSA

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