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CRONACA NERA

Villa Pamphili, Francis Kaufmann estradato in Italia: come riconoscere un "mostro" secondo la criminologa

I genitori di Anastasia, uccisa da Francis Kaufmann e ritrovata a Villa Pamphili: “Non avevamo capito che fosse un mostro”. L'analisi della criminologa

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Eleonora Lorusso

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2001, ha esperienze in radio, tv, giornali e periodici nazionali. Conduce l’annuale Festival internazionale della Geopolitica europea. Su Virgilio Notizie si occupa di approfondimenti e interviste, in particolare su Salute, Esteri e Politica.

"Non avevamo capito che fosse un mostro". Le parole, che pesano come macigni, sono della madre di Anastasia Trofimova, la donna trovata senza vita a Villa Pamphili a Roma il 7 giugno scorso, poco distante dal cadavere della figlia Andromeda. Il riferimento è a Francis Kaufmann, conosciuto anche con il (falso) nome di Rexal Ford, fermato in Grecia dopo la fuga. A Virgilio Notizie, l’analisi della psicologa e criminologa forense Cristina Brasi.

I genitori di Anastasia: "Non immaginavamo fosse un mostro"

"Siamo sconvolti. Non avremmo mai immaginato che quell’uomo potesse fare una cosa del genere". Così hanno dichiarato i genitori di Anastasia ai microfoni di Chi l’ha visto nella puntata di mercoledì 9 luglio, senza riuscire a trattenere le lacrime alla luce di quanto accaduto.

L’ipotesi degli investigatori è che la donna possa essere stata soffocata da Kaufmann, a cui ora sarà prelevato un campione di Dna per compararlo con quello di Andromeda e confermarne la paternità.

Il luogo del ritrovamento dei cadaveri, a Villa Pamphili

I sospetti e le contraddizioni

Secondo quanto emerso finora, Kaufmann avrebbe conosciuto Anastasia, originaria della Siberia, a Malta, dove la 28enne sarebbe andata a studiare.

L’incontro sarebbe avvenuto a settembre 2023.

L’ultimo contatto con la madre sarebbe avvenuto con una videochiamata il 27 maggio scorso.

In quella occasione sarebbe stato presente anche l’uomo, che le assicurava di essere una brava persona e di voler mettere su famiglia. In una email del 2 giugno – 5 giorni prima del ritrovamento del suo cadavere a Roma – Anastasia invece avrebbe parlato proprio alla madre di alcuni problemi con l’uomo.

Lui, invece, durante una conversazione con un amico, avrebbe detto di essere stato lasciato dalla compagna, che non sarebbe stata "più interessata ad essere madre".

La doppia identità e la personalità di Kaufmann

Sotto la lente degli investigatori, dunque, ci sono le testimonianze raccolte finora, ma anche la personalità di Francis Kaufmann, alias Rexal Ford, che dopo il ritrovamento dei corpi di Anastasia e Andromeda, si è diretto in Grecia, a Skiathos, chiedendo in prestito del denaro a un amico negli Stati Uniti.

In precedenza aveva ricevuto un finanziamento pubblico dal Ministero della Cultura (Mic) per il film Stelle della Notte, sotto forma di tax credit a una società di produzione con sede nel quartiere Parioli di Roma, ma che Kaufamann non avrebbe mai intascato direttamente.

Dubbi che si aggiungono alla personalità enigmatica dell’uomo.

L’intervista a Cristina Brasi

A Chi l’ha visto? i genitori di Anastasia si tormentano per non essere stati capaci di riconoscere in Kaufmann una persona pericolosa (parlano di "mostro"). Ma è possibile capirlo e come si fa?

"Non esiste un pattern comportamentale univoco per distinguere una persona malvagia o pericolosa, perché ciascuno tende a manifestare in maniera specifica determinate caratteristiche. Esistono, però, schemi comportamentali e indicatori non verbali che possono essere ricorrenti: per esempio, la manipolazione, l’aggressività, la mancanza di empatia e determinati stati emotivi, come la tensione, l’inganno, il disprezzo e la rabbia. Questi elementi, però, vanno interpretati anche tenendo in considerazione la cultura di appartenenza: i gesti e le espressioni, infatti, possono variare significativamente, sia tra culture diverse che tra individui differenti".

Ma è possibile capire se una persona è "malvagia"?

"Questo è un concetto che, dal punto di vista psicologica, è meno facilmente definibile rispetto alla crudeltà o alla pericolosità. Potremmo definirla come la volontà consapevole di infliggere sofferenza fisica o psicologica ad altre persone. Può essere caratterizzata, ad esempio, dall’incapacità di provare empatia o dispiacere, se si compiono azioni dannose. L’altro non viene percepito come un essere umano con i propri sentimenti, ma come un oggetto da manipolare, sfruttare o anche distruggere. È quello che si chiama ‘de-umanizzazione della vittima’".

Come si definisce e si può capire se una persona è pericolosa?

"Nel contesto criminologico e psicologico forense riguarda la probabilità che un individuo commetta nuovi reati o metta in atto comportamenti dannosi per se stesso o per gli altri in futuro. Non è un tratto di personalità, ma si basa sulla valutazione di fattori come precedenti penali, storie di violenza, bullismo, aggressività, recidività o la presenza di disturbi di personalità, o anche abusi su animali. Ci sono elementi che possono aiutare a identificare una persona pericolosa, come l’abitudine alla menzogna e all’irresponsabilità patologica, comportamenti manipolatori o l’abuso di sostanze, o ancora mancanza di controllo degli impulsi, senso di superiorità e visione paranoide della realtà".

Quali possono essere i campanelli d’allarme?

"Per chi non è uno specialista, identificare la malvagità non è semplice perché chi la mette in atto è molto abile nel mascherare i propri intenti. Però ci sono campanelli d’allarme importanti, comportamenti che se ripetuti nel tempo possono indicare una pericolosità potenziale: per esempio, l’indifferenza o persino il divertimento di fronte alla sofferenza altrui; l’incapacità di consolarsi o scusarsi in modo sincero; la mancanza di rimpianto dopo aver causato un dolore agli altri che, anzi, a volte si aggiunge al tentativo di incolpare proprio la vittima. Spesso i soggetti pericolosi mentono e sanno essere molti convincenti, anche quando forniscono storie contraddittorie. Un altro segnale è la tendenza a usare l’altro per raggiungere i propri obiettivi, che siano economici o sociali ed emotivi, senza curarsi delle conseguenze per l’altro. Infine, attenzione al gaslighting, che significa cercare di mettere in discussione la percezione della realtà degli altri, portandoli a dubitare della propria sanità mentale e della propria memoria".

Tutto questo avviene senza che la vittima ne sia consapevole oppure rendendola incapace di reagire?

"Spesso le persone di questi tipo appaiono carismatiche e con un fascino che serve loro a conquistare la fiducia della vittima, salvo poi mettere in atto comportamenti manipolatori. Di frequente si ritengono speciali, superiori agli altri, disprezzano le regole che valgono per tutti e pensano di meritare di più. Richiedono costantemente attenzione e favori, e ritengono di averne pienamente diritto senza dover ricambiare. Tendono a controllare ogni aspetto della vita di chi li circonda, e usano la paura per ottenere ciò che vogliono, tramite minacce dirette o velate, o anche con linguaggio corporeo intimidatorio. Cercano anche di allontanare la vittima dagli amici e dalla famiglia, come dalle reti di supporto, per renderle più dipendenti da loro e da poterle controllare. Infine, possono esserci esplosioni di rabbia intense e inaspettate anche per piccole frustrazioni, che servono a intimidire l’altro".

Domani Kaufmann arriverà in Italia: cosa rischia?

"Kaufmann non ha presentato ricorso contro la decisione di estradizione e questo ha accelerato il trasferimento in Italia. Il primo provvedimento è la custodia cautelare in carcere, poi segue un interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari (gip) e in questa fase l’indagato ha la facoltà di rispondere alle domande di gip e pm oppure di avvalersi della facoltà di non rispondere, come ha fatto in precedenza, in Grecia. Le accuse principali a suo carico sono di duplice omicidio aggravato, intanto le autorità proseguono gli accertamenti, come le cause della morte delle vittime, le transazioni finanziarie e telefoniche. Se ci saranno prove sufficienti, sarà rinviato a giudizio e in Italia le pene per i reati contestati possono arrivare anche all’ergastolo".

C’è l’ipotesi di una infermità mentale?

"Sarà certamente fondamentale, in caso di rinvio a giudizio, quali siano le motivazioni del reato. Occorrerà quindi un’analisi approfondita del profilo psicologico, se e quando sarà richiesta una perizia. Solo così si potrà capire se al momento del fatto ci sia stata un’infermità mentale tale da incidere sulla sua capacità di intendere e volere".

Se ci si trovasse in dubbio, in situazioni manipolatorie, a chi è bene rivolgersi?

"C’è senza dubbio una certa difficoltà nelle vittime a riconoscere di avere a che fare con persone malvagie o con intenti manipolatori, così come la difficoltà di dover accettare di essere stati con un cosiddetto ‘mostro’: è una forma di difesa psichica, che porta a negarlo, nel tentativo di difesa. Si tende ad allontanare da sé la crudeltà, la cattiveria, anche se queste esistono. Ma se si riconosce tutto questo, è fondamentale rivolgersi alle forze dell’ordine, che hanno anche personale formato e specializzato nel riconoscere il quadro e poter accogliere le vittime, con l’intento di supportarle e tutelarle".

ANSA

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