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Delitto di Garlasco, difesa Stasi torna ad attaccare Andrea Sempio sull'impronta 33: "È sua e c'è sangue"

Svolta nel caso Garlasco? Secondo i periti, nominati dalla difesa di Stasi, l'impronta 33 apparterebbe ad Andrea Sempio

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Giorgia Bonamoneta

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista, si concentra sulla politica e la geopolitica, scrive anche di economia e ambiente. Laureata in Editoria e Scrittura presso La Sapienza di Roma, ha iniziato a scrivere per una testata impegnata sui diritti civili, prima di lavorare in diverse testate di attualità.

È stata depositata la consulenza dattiloscopica e genetica dell’impronta 33 voluta dalla difesa Stasi. Le conclusioni dei periti raccontano la presenza di Andrea Sempio nella villetta. L’impronta palmare sarebbe la sua e quella sul muro è un mix di sudore e materiale ematico appartenente alla vittima Chiara Poggi.

L’impronta appartiene a Sempio

Secondo Oscar Ghizzoni, Pasquale Linarello e Ugo Ricci l’impronta 33 è intrisa di sudore e materiale ematico. La conclusione dell’analisi tecnico-dattiloscopica ha portato a una relazione tecnica sul tavolo del procuratore aggiunto Stefano Civardi e delle PM Giuliana Rizza e Valentina De Stefano.

In questa, i genetisti parlano di una impronta palmare “intensa”, come di chi vi ha esercitato il proprio peso contro. Non si tratta di sfioramento, come durante una normale discesa delle scale, ma di un’azione simile a quella di sporgersi dalla soglia della scala che conduce alla cantina.

Impronta 33 sul muro delle scale verso la cantina

L’impronta sarebbe da ricondurre ad Andrea Sempio per via delle ormai famose “15 minuzie” ben identificabili che corrispondono all’impronta palmare dell’indagato.

Mix di sangue e sudore

La consulenza parla di un mix di sudore e sangue, probabilmente proprio della vittima Chiara Poggi. Specifica però che non si tratta di sangue da “primo contatto”, ma da contatti successivi, oppure da contatti di una mano con sangue parzialmente essiccato o, ancora, di una mano sommariamente ripulita, per esempio sui vestiti.

Il risultato dell’analisi si oppone a quello firmato dagli esperti scelti dalla famiglia Poggi, che invece giudicarono l’impronta 33 come un “appoggio veloce”, prodotto quindi da un palmo in movimento, sudato o sporco, ma non insanguinato.

Anche le minuzie comparabili, secondo la valutazione di Redaelli e Biondi, vennero ridotte da 15 a 5. I due esperti attribuirono il resto a “interferenze murarie e non a strutture papillari reali”.

Il lavoro in laboratorio

Come è stato raggiunto il risultato? Bisogna sottolineare che l’intonaco, raschiato nel 2007 dai carabinieri, non è più disponibile, perché venne spruzzata sull’impronta la ninidrina. Per questo la prova venne dichiarata inutilizzabile.

Per ricostruire la traccia è stata quindi trovata un’alternativa: la riproduzione del sopralluogo dell’epoca. Sono state fatte prove sperimentali con sudore, sangue e un mix di sudore e sangue. Sono inoltre state sottoposte a calce intrisa di materiale biologico e fotografati tutti i risultati.

Nell’ultima pagina del documento si legge che tutte le impronte generate da mano imbrattata di sudore intenso e sangue (a eccezione del primissimo contatto con il muro) hanno lasciato semplici ombreggiature sempre meno intense. Da qui il risultato dell’analisi sull’impronta 33.

ANSA

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