Fare il pieno di benzina nelle autostrade italiane costa in media il 30% in più. In un self service comune, riempire un serbatoio di circa 40 litri costa intorno ai 58 euro per un’automobile di media cilindrata, mentre la stessa operazione in un’area di servizio della rete autostradale viene a costare 16 euro in più. Un dato che fa riflettere, soprattutto in estate, quando aumenta il traffico dei conducenti italiani sulle autostrade.
La “caccia al colpevole” prosegue senza sosta, a discapito dei guidatori, gli unici a pagarne davvero le conseguenze. Poi è il classico gioco dello scaricabarile, dove nessuna delle parti coinvolte ammette delle responsabilità. Una situazione assai poco piacevole, alla quale, però, abbiamo fatto l’abitudine. Siccome documentarsi a fondo può comunque essere utile, nel corso dei prossimi paragrafi cercheremo di affrontare la questione in maniera approfondita.
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I motivi della differenza
Non è facile comprendere i motivi della differenza di prezzo tra città e autostrada per fare rifornimento, specie perché tutte le parti in causa si scaricano a vicenda le responsabilità. I gestori delle pompe di benzina puntano il dito sulle società autostradali, sostenendo che la tariffa extra sia figlia delle royalties che loro vantano su ogni litro venduto.
Le società autostradali, invece, sostengono che il costo superiore sia frutto dell’esigenza di avere un servizio attivo sette giorni su sette e 24 ore su 24. Sicuramente, e questo è un dato di fatto, la privatizzazione di Autostrade ha aumentato il valore delle royalties negli ultimi anni, raggiungendo il 4% del prezzo del carburante al litro, ben 7 centesimi in più.
L’aumento delle royalties dovuto alla privatizzazione spiega però solo in parte la grande differenza di prezzo che resta tra i rifornimenti in città e quelli sulle autostrade. Pur essendo uno dei massimi produttori di carburante al mondo, una qualità che avrebbe dovuto garantire prezzi più concorrenziali, l’Italia è il Paese che ha la benzina più cara in tutta Europa.
Il problema abbastanza evidente è di organizzazione e distribuzione. Lungo l’intera penisola, il numero di distributori è elevato e corrisponde al doppio rispetto a nazioni come Francia e Germania. L’Antitrust ha più volte auspicato la riduzione del numero di pompe di benzina sul territorio italiano per favorire una maggiore concentrazione ed efficienza.
Confronto improponibile con Germania e Francia
Ad influenzare i prezzi, inoltre, è la mancanza di diversificazione da parte dei distributori italiani che vivono quasi esclusivamente di benzina. Senza un’offerta diversificata, difficilmente i prezzi possono diventare più convenienti. Intanto il prezzo di un pieno per un’auto di media cilindrata, in autostrada continua a costare circa il 30% in più rispetto alla città.
Stando ai dati forniti dall’Unione petrolifera, il numero di distributori in Italia è il doppio rispetto ai valori di Germania e Francia e ogni stazione di servizio in media eroga, cioè vende, un terzo del carburante rispetto a quelli degli altri Paesi. La situazione cambierà, prima o poi? Le pressioni esercitate dai conducenti italiani, ormai giunti al punto di rottura, avranno degli effetti sugli attori della filiera? Filtra un generale pessimismo, ma un barlume di speranza rimane: speriamo di ricevere delle buone notizie in futuro.