Honda EZ-9 Cub, lo scooter culto e rivoluzionario degli anni ’90

’Honda EZ-9, meglio conosciuto come CUB è stato un modello rivoluzionario

Foto di Alex Ricci

Alex Ricci

Divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Nato per avvicinare le famiglie al motociclismo, l’Honda EZ-9, meglio conosciuto come CUB è stato un modello rivoluzionario, in grado di ridefinire il concetto di motocicletta grazie a prestazioni di primissimo livello e un appeal invidiabile. Molti se lo ricordano come un superscooter, un mitico ibrido tra il ciclomotore per quattordicenni e una moto vera senza cambio. Presentato il 7 agosto 1990 al Motor Show di Tokyo, l’EZ-9 venne introdotto nel mercato il 23 settembre dello stesso anno in Giappone al prezzo accattivante di 249.000 yen di allora, con l’obbiettivo di 500 unità prodotte. In breve tempo i numeri aumentarono per il mercato europeo dove aveva ottenuto un buon successo tra appassionati e non.

“Vogliamo trasmettere la gioia di andare in motocicletta a più persone”
“Vogliamo che ci si diverta con la terra”
“Vogliamo sviluppare una moto da fuoristrada di questo genere”

Questi temi divennero il concetto di sviluppo dell’EZ-9. Honda voleva una mezzo che aiutasse nuove persone a scoprire il piacere della motocicletta.

L’IDEA

Su questa base, il primo problema affrontato fu: “come possiamo interessare nuove persone?” E analizzando le preferenze per il tempo libero di questi possibili utenti e attraverso varie esperienze, si convinsero che il messaggio che doveva arrivare fosse “le moto sono divertenti da guidare.” Il problema era che il divertimento, soprattutto il culto del fuoristrada, non veniva trasmesso e quando si tratta di fuoristrada, le opportunità per il grande pubblico di avvicinarsi sono limitate. Per convincere un nuovo pubblico, la risposta di Honda fu “Famiglia”. Concentrati sulle tendenze delle famiglie a godersi varie attività all’aria aperta, decisero di partire da una moto da fuoristrada che si guidasse senza patente, accessibile e divertente.

honda cub

IL DESIGN

Doveva sembrare amichevole, facile e divertente e il primo studio fu il design. Doveva somigliare ad un articolo sportivo, votato al divertimento e che chiunque volesse guidare. Dopo aver studiato un’ampia gamma di soluzioni, dalla BMX allo scooter, in Honda convennero che la meccanica non piaceva o non colpiva su un articolo dedicato alle famiglie. Venne quindi adottato un design avvolgente che copriva tutte le parti meccaniche e lo faceva somigliare più a un mezzo acquatico o da neve (aspetto tutt’altro che insignificante). Dietro alle coperture colorate era alloggiato in posizione centrale il motore monocilindrico due tempi da 89,7 cc, il collettore di scarico, l’unità di trasmissione, il serbatoio della benzina da 3,6 litri e quello dell’olio per la miscela da mezzo litro.

Adottando autentici equipaggiamenti da fuoristrada come il paramotore, le sospensioni telescopiche e pneumatici tassellati da 100/90-12 all’anteriore e 130/90 dietro, anche lo sterzo era nascosto dalla sovrastruttura che fungeva da parafango, con un’ampia “luce” dalla ruota come sulle moto da fuoristrada. La sella, solitamente abbinata alle tonalità bicolore scelte, era abbastanza grande per due persone, ma non è mai stata dichiarata biposto in quanto privo di poggiapiedi, mentre le pedane e il manubrio largo sono ideali per lo sterrato.

LA MECCANICA

Come accennato, il motore di serie era un monocilindrico due tempi raffreddato ad aria da quasi 90 cc, ma non potendo circolare per strada, veniva venduto con un secondo propulsore da 49 cc da applicare secondo il codice della strada. Di base non era stato concepito per la normale circolazione e anche gli indicatori di direzione e gli specchietti retrovisori erano optional. La trasmissione primaria sfruttava il sistema a cinghia trapezoidale, mentre quella finale, ispirata alle moto più ortodosse, era a catena con una serie di coperture che davano continuità al design snello e sinuoso dell’EZ-9, come i cerchi pieni.

Con entrambi i freni al manubrio, ed eliminati i comandi del cambio risultava più facile da guidare e oltre alle prestazioni in velocità, è stato il primo veicolo automatico a cinghia trapezoidale ad utilizzare un meccanismo di freno/frizione motore per produrre l’effetto frenante in rilascio del gas e soprattutto in discesa, garantendo più sicurezza e facilità in fuoristrada.

A completamento dell’operazione “simpatia”, la denominazione EZ-9 per l’Europa venne modificata in “Cub”, scelta che generò non poche perplessità dato che lo stesso nome era da anni attribuito ad un altro ciclomotore Honda, con un consolidato successo e prodotto incessantemente dal 1958.

LA NEVE

Cambiando completamente prospettiva, la somiglianza con un mezzo da neve non fu casuale del tutto e nell’ottobre del 1991 venne presentato al Motor Show di Tokyo l’EZ NEVE. La forcella anteriore era stata trasformata in unità da sci, mentre la trazione posteriore non presentava più la ruota, ma un’unità a cinghia (cingolo da neve), identica a quella delle motoslitte. Non vi è notizia del suo arrivo in Italia e non vi sono tracce di alcun prezzo d’acquisto.

Sulla scia del successo ottenuto dall’EZ-9, l’azienda francese MBK propose la sua alternativa con il modello Scoop, ma a parte copiarne l’estetica, non vi somigliava in nulla. Mentre la giapponese era nata con concetti tecnici nuovi e una precisa missione, lo Scoop era semplicemente la base del celebre Booster, travestito da qualcos’altro e neanche troppo bene. Il motore non era centrale, ma davanti all’asse posteriore come sui comuni scooter, la ciclistica non era studiata per il fuoristrada e non aveva la catena.

Utilizzato inizialmente come veicolo da paddock, sfruttato per circolare in aree private e non regolamentate, in pochissimo tempo divenne per molti adolescenti il ciclomotore dei desideri, lo stargate tra il più classico scooter (segmento in grande espansione all’epoca) e la motocicletta. Col passare del tempo, se ne vedevano sempre più regolarmente convertiti alla circolazione pubblica e per gli amanti del genere, questo cinquantino automatico è diventato ed è rimasto un “cult” inimitabile.