Dentro l’Autodromo Hermanos Rodriguez: respiro corto, velocità e la magia del Messico

A oltre 2.200 metri d'altitudine, l'Autodromo di Città del Messico è un mix di sfida tecnica, emozione pura e passione. Il Foro Sol è pronto a dare spettacolo

Foto di Matteo Mattei

Matteo Mattei

esperto di motorsport e automotive

Classe 1982, a Favalanciata cresce con pane e Max Biaggi. Ha collaborato con varie testate online spaziando tra Esports e motori. Il mio motto: ''Per aspera ad astra''.

Pubblicato: 22 Ottobre 2025 09:30

A Città del Messico è tutto diverso. L’aria è più sottile, il respiro più corto. Non si tratta solo di emozione o adrenalina: è pura fisica. A oltre 2.200 metri di altitudine, l’ossigeno scarseggia e tutto cambia, dal comportamento del motore alla resa dell’aerodinamica, fino alle sensazioni del corpo del pilota, che deve adattarsi a un ambiente dove ogni battito e ogni curva pesano un po’ di più. Tra lunghi rettilinei, curve lente e un tifo incredibile, ecco uno dei circuiti più affascinanti del mondiale di F1.

Il tracciato

Ogni curva dell’Autodromo Hermanos Rodríguez costringe a dosare forza e concentrazione in modo diverso. Nel rettilineo principale, uno dei più lunghi del mondiale con oltre 1.200 metri, le monoposto scivolano leggere, quasi libere dal carico aerodinamico. Ma è un’illusione, appena si frena, le gomme non danno la stessa fiducia di Austin o Silverstone. L’asfalto è liscio, poco utilizzato, e serve tempo perché si “gommi”. La prima frenata, alla Curva 1, è una scommessa.

Settore 1

Il primo settore è puro coraggio. Dopo la partenza, si superano i 350 km/h prima della staccata più violenta del tracciato, quella di Curva 1. Si frena con decisione, ma la sensazione è sempre quella di arrivare troppo lungo. Poi una chicane rapida: Curva 2 e Curva 3, dove è facile bloccare l’anteriore sinistra. Se si arriva puliti, si guadagna tempo prezioso sul rettilineo successivo. Qui il trucco è mantenere fluida la guida, perché la rarefazione dell’aria riduce la stabilità del retrotreno in accelerazione. La monoposto tende a scodare leggermente quando si apre il gas, ma se i piloti riescono a guidarla con dolcezza, premia in trazione. In gara, questo è anche il punto più delicato per i sorpassi: scia lunga, e ruota contro ruota fino a Curva 4.

Settore 2

Si entra nel cuore tecnico del circuito. Il secondo settore è una sequenza di curve medie e veloci, da Curva 6 a 11,  serve equilibrio tra grip meccanico e stabilità aerodinamica. In Messico l’aerodinamica non funziona come altrove. Con l’aria rarefatta, le ali generano circa il 25% in meno di carico. Per compensare, vengono utilizzate configurazioni da “massimo carico”, praticamente da Montecarlo, ma la macchina continua a sembrare leggera sull’anteriore. Ogni cambio di direzione va preparato con attenzione, senza strattoni. Le gomme sono sotto stress costante, la pista è liscia, la temperatura alta, e il rischio di graining è sempre dietro l’angolo. Quando gli pneumatici cominciano a granulare, il volante vibra e la macchina perde progressivamente aderenza. Chi riesce a tenerle in temperatura con una guida pulita, qui può fare la differenza.

Settore 3

Poi arriva il Foro Sol, lo stadio più incredibile della F1. Svolta a sinistra e i piloti entrano in una curva lenta sotto un anfiteatro che esplode di colori e bandiere. È come entrare in un concerto rock a 100 km/h. Le tribune del Foro Sol, costruite all’interno dell’ex stadio di baseball, sono il cuore pulsante del GP Messico. Ogni passaggio è un boato, e quando sei dentro, il rumore del motore si fonde con quello della folla. È un’emozione che pochi tracciati al mondo sanno regalare. Poi si esce verso l’ultima parte, una combinazione tecnica con le Curve 13-14-15, dove serve trazione e precisione per lanciarsi sull’ultimo rettilineo.

Numeri e curiosità

L’Autodromo Hermanos Rodríguez è un tracciato unico nel suo genere, tanto per le sue caratteristiche tecniche quanto per le sfide che impone ai piloti. Con una lunghezza di 4,304 chilometri e 17 curve da affrontare per 71 giri, la pista di Città del Messico mette alla prova la precisione e la resistenza di ogni monoposto. Situato a 2.285 metri sul livello del mare, è la quota più alta di tutto il calendario F1. Qui si raggiungono velocità di punta impressionanti, oltre i 360 km/h, lungo il rettilineo principale di oltre un chilometro. Curiosamente, è anche una delle piste in cui i piloti cambiano marcia meno spesso. Il record sul giro in gara appartiene a Max Verstappen, che nel 2023 fermò il cronometro sull’1:17.774, confermando il feeling speciale tra il campione olandese e questo circuito in alta quota.

Il tracciato è intitolato ai fratelli Pedro e Ricardo Rodríguez, due pionieri del motorsport messicano, scomparsi tragicamente in gara. Ogni curva, ogni muro, porta il loro nome e la loro eredità. Il circuito originale, nato nel 1962, è stato rinnovato nel 2015 con l’attuale layout. È un perfetto mix di storia e modernità, il rettilineo infinito è rimasto, ma la vecchia curva Peraltada, oggi divisa in due sezioni per motivi di sicurezza, è un omaggio al passato.

Statistica e storia

Dal 1963, il GP del Messico ha visto 24 edizioni. Il più vincente è Max Verstappen, con cinque successi rispettivamente nel 2017, 2018, 2021, 2022, 2023. Ma tra i grandi protagonisti di questo tracciato ci sono anche Jim Clark, che negli anni ’60 firmò 4 pole position, e Lewis Hamilton, il britannico qui ha festeggiato 2 titoli mondiali, nel 2017 e 2018. Negli ultimi anni, anche la Ferrari ha trovato terreno fertile: Leclerc nel 2023 e Sainz nel 2024 hanno conquistato la pole position, con lo spagnolo che proprio qui ha ottenuto la sua ultima vittoria in rosso. Il record di affluenza spetta al 2022, con più di 395 mila spettatori durante il weekend. Un dato che racconta quanto la passione messicana per la F1 sia autentica e viscerale.

Sfida tecnica

Correre a 2.200 metri significa anche una cosa: i motori soffrono. Meno ossigeno significa meno potenza, e le turbine devono lavorare più intensamente per compensare. È un equilibrio delicato, spingere troppo porta al surriscaldamento, se si risparmia, si perde velocità. Anche il raffreddamento è un problema serio: l’aria sottile porta meno calore via dai radiatori, e le temperature interne delle vetture salgono in fretta. I team lavorano con configurazioni di raffreddamento estreme, ma ogni piccolo errore si paga caro.

Il futuro del circuito

L’Autodromo è ormai un appuntamento fisso nel calendario F1 fino al 2030, grazie al rinnovo siglato nel 2023. È un tracciato che unisce tecnologia e cuore, modernità e passione. Negli ultimi anni ha anche ampliato le sue attività con eventi di Formula E, concerti, e iniziative green per ridurre l’impatto ambientale del GP. Il Messico, oggi, è uno dei GP più sostenibili della stagione. E mentre il mondo guarda a Las Vegas o Miami per spettacolarità, a Città del Messico resta la magia di un popolo che vive la F1 come una festa nazionale, e un circuito che, a ogni giro, ricorda quanto sia sottile il confine tra il limite e l’emozione.

L’ultimo rettilineo sembra non finire mai. Il tachimetro supera i 350, il muro del Foro Sol si allontana alle spalle, e in cuffia si sente solo il battito del cuore. Questo circuito non è solo una pista: è un’esperienza. Un luogo dove ogni respiro costa fatica, ma ogni curva regala emozioni.