Le auto a idrogeno, in grado di convertire l’idrogeno in energia elettrica, nonostante siano state presentate ormai all’inizio del secolo, hanno perso la loro popolarità a causa soprattutto della mancanza di infrastrutture per il rifornimento. Nonostante ciò, la ricerca continua e chi prende le decisioni in merito alle politiche comunitarie dell’UE in tema di trasporti e mobilità individuale pensa ancora che il fuel cell abbia un futuro. Dal 2020, la situazione non si è evoluta significativamente, in quanto l’Italia si mostra ancora povera di scelte per il consumatore che volesse scegliere questa alimentazione per la propria auto nuova.
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Tante sigle, un solo obiettivo
In Italia, nel 2024, ci sono ancora molte persone che guardano alle auto elettriche e quelle alimentate a idrogeno come due figure distinte. La “colpa” è della confusione che si crea quando un prodotto non è ancora molto comune in un Paese. Nel resto del mondo, infatti, ad oggi si hanno le idee più chiare.
Le vetture elettriche – in inglese EV, siglia che sta per “electric vehicles”, “veicoli elettrici”, sono quelle che hano un unico obiettivo: muoversi in maniera ecologica, sfruttando le nuove tecnologie per diminuire l’impatto atmosferico dei mezzi sull’ambiente. Queste, si suddividono in due categorie: quelle a batteria, che nel mondo anglofono sono note con la sigla BEV, in cui la “B” sta per “Bactery”, ossia batteria, e quelle FCEV, le auto elettriche “Fuel Cell”, quindi a idrogeno. Entrambi i tipi di vettura hanno di base l’energia elettrica che li mobilita, quello che cambia è il “come”. Le auto a batteria traggono la loro energia dall’esterno e la immagazzinano nella batteria, appunto; quelle a idrogeno, invece, sono in grado di trasformare l’idrogeno internamente.
Problemi e insicurezze
Gli esperti sottolineano già nel 2020 che tra le varie forme di propulsione, solo l’auto elettrica produce zero emissioni locali. Un problema di queste particolari vetture è legato all’autonomia, che da sempre rappresenta un limite e “un’ansia” per i possessori di veicoli elettrici. Ma oggi pare essere in parte risolto, grazie ai nuovi programmi volti all’installazione di colonnine di ricarica anche sulle autostrade. Quello che resta è il problema delle tempistiche per il rifornimento di energia, un interrogativo che permane anche nel 2024, nonostante il progresso delle tecnologie per le vetture elettriche a batteria.
Ed è proprio per questo che si pensa al fuel cell (FCEV), definito anche pila a combustibile, che si affianca alle batterie tradizionali per far funzionare quelle che sono a tutti gli effetti delle auto elettriche. Ma come funziona? Si tratta di una componente in grado di combinare il gas idrogeno (H2) con l’ossigeno che c’è nell’aria (O2), liberando energia elettrica e emettendo vapore acqueo (H2O). Le fuel cell possono essere ‘ricaricate’ direttamente con idrogeno oppure si può utilizzare il reformer, componente che riesce a “ricaricare” idrogeno grazie a un idrocarburo. In entrambi i casi, le auto Fuel Cell offrono un’ottima velocità di rifornimento, abbattendo questo limite.
Auto a idrogeno, in Italia ancora poche
Il serbatoio delle auto a idrogeno si riempie praticamente come le bombole per il metano o il GPL, in maniera molto simile; la Commissione Europea dal 2020 quindi pare puntare molto su questa tecnologia, sperando in un grande cambiamento che possa avvenire da oggi al 2050: l’auspicio è che le auto elettriche a batterie diventino le vetture urbane – come potrebbe avvenire già l’anno prossimo, il 2025, in Norvegia – da usare per i brevi spostamenti in città, mentre le macchine alimentate a idrogeno siano le fedeli compagne dei lunghi viaggi. Questa è la speranza ai piani alti dell’UE.
Perché si avveri c’è da considerare il fatto che mancano le pompe a idrogeno, la cui installazione costa più o meno come le colonnine di ricarica, è vero, ma i cui programmi per l’installazione in Europa in questo momento sono praticamente fermi. Per le vetture elettriche i lavori sono in corso, per le altre ancora non è così comune, anche considerando che nel 2023, in Italia, di auto a idrogeno ce ne sono solo due tipi: Nissan Mirai e Hyundai Nexo, entrambe acquistabili a partire da un prezzo importante. La speranza, è che vada in porto l’idea di Toyota, che nel 2024 ha firmato con BMW per produrre insieme un nuovo modello a idrogeno.
Futuro e presente si mescolano
Già dal 2020 Bosch, che come ben sappiamo è sempre in prima linea per la realizzazione di strumenti e infrastrutture utili alle vetture elettriche, collabora con diverse aziende per creare una piccola flotta di camion a celle a combustibile. L’azienda ritiene che i mezzi pesanti con celle a combustibile emettono molta meno anidride carbonica rispetto a quelli alimentati solo a batteria (considerando le emissioni di CO2 relative a produzione, funzionamento e smaltimento).
L’Hydrogen Council (iniziativa globale che promuove l’utilizzo dell’idrogeno) ritiene che l’economia dell’idrogeno possa diventare competitiva nei prossimi dieci anni, chiaramente per avverare quest’ipotesi servono la volontà politica e importanti investimenti nel settore, oltre che l’impegno – presente, nel 2024 – di grandi aziende, come Coca-Cola e la stessa Toyota che costituiscono un programma per limitare le emissioni. Aspettiamo quindi un’implementazione della tecnologia a idrogeno, mentre intanto Bosch ritiene che nel 2030 un veicolo su tre sarà elettrico.