Toyota lavora su un motore che cattura la CO2 dall’aria

Toyota spinge sul motore ad idrogeno e sul filtro che pulisce la CO2 dall'aria circostante. Il funzionamento nel dettaglio e i vantaggi del motore ad idrogeno

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Francesco Menna

Ingegnere Meccanico

Laureato in Ingegneria Meccanica, sono un appassionato di motori e musica. Quando non scrivo, suono la chitarra. Il mio sogno? Lavorare nel mondo automotive.

Il mondo dell’automotive è in continua evoluzione. La continua ricerca di soluzioni innovative per abbattere le emissioni inquinanti pone l’accento su tecnologie che, fino a pochi anni fa, sembravano pura fantascienza. Tra le Case automobilistiche che hanno sperimentato di più, c’è sicuramente Toyota.

Mentre molti Costruttori hanno optato direttamente per le auto elettriche, la Casa giapponese ha investito su un’ampia gamma di soluzioni diversificate, come il motore a idrogeno (sia in versione fuel-cell che a combustione interna) collaudato in pista sulla Yaris GR da corsa in alcune gare di durata. Ma non è tutto: Toyota, in collaborazione con Kawasaki Heavy Industries, ha realizzato un filtro capace di eliminare la CO2 dall’ambiente circostante.

Motore Toyota: come funziona il filtro per la CO2

Il filtro che elimina la CO2 dall’aria è una soluzione senza richieste energetiche. L’idea di base consiste nel filtrare l’anidride carbonica usando il sistema di aspirazione del motore a combustione. È compatibile con tutti i motori endotermici, incluso quello a combustione di idrogeno che stanno testando in Toyota.

Esso è costituito da due dischi, uno posto vicino al tradizionale filtro dell’aria, l’altro posizionato vicino ai punti caldi del gruppo propulsore. Il sistema è molto simile al catalizzatore utilizzato per il trattamento dei gas di scarico. Quindi, è costituito da un monolite ceramico o metallico che offre una vasta superficie interna per favorire la velocizzazione delle reazioni. Questo supporto ha una struttura a nido d’ape che permette il flusso attraverso di esso. I metalli catalizzatori sono ad esempio platino, palladio e rodio, definiti metalli nobili.

In aggiunta, però, c’è un secondo filtro rivestito di un materiale specifico, sviluppato da Kawasaki Heavy Industries. Quest’ultimo reagisce a temperature superiori di 60 °C e aiuta l’anidride carbonica raccolta dall’ambiente circostante a separarsi e dissolversi in un terzo elemento. La diluizione dell’inquinante avviene in un contenitore in cui è presente un fluido specifico.

Quanta CO2 è possibile ripulire

Dai test effettuati in pista, è stato possibile filtrare 20 grammi di CO2 dopo aver percorso circa 90 chilometri di distanza. Ad ogni pit stop, i meccanici hanno sostituito manualmente il filtro. Le soste sono state effettuate ad intervalli di 20 giri, l’equivalente proprio dei 90 chilometri precedentemente citati.

Al momento, però, Toyota e Kawasaki Heavy Industries, sono al lavoro per automatizzare anche il processo di sostituzione dei filtri e puntare a raccogliere una maggior quantità di anidride carbonica. La vera rivoluzione di questo sistema è che, a differenza di altri filtri per la CO2, quello brevettato da Toyota e Kawasaki Heavy Industries non richiede energia in quanto non è necessario azionare ventole di aspirazione, né fornire calore aggiuntivo visto che uno dei dischi è montato proprio in prossimità dei punti caldi del motore.

Gli ultimi sviluppi di Toyota per la sostenibilità

Come già anticipato, con il motore ad idrogeno e il filtro per assorbire la CO2 dall’ambiente circostante, gli sforzi e la ricerca di Toyota per una mobilità più sostenibile sono incredibili. La vera rivoluzione, tuttavia, arriverebbe proprio dal propulsore testato in pista lo scorso anno sulla Yaris GR: è un tre cilindri 1,6 litri.

Si tratta di un motore a combustione alimentato da idrogeno allo stato liquido e rappresenta il passo successivo della controparte ad idrogeno gassoso. Il cambio di stato comporta nuove sfide, ma anche nuove opportunità. Cominciando dai limiti tecnici di questo propulsore, bisogna considerare che l’idrogeno ha caratteristiche completamente differenti rispetto ai tradizionali combustibili fossili.

Il fenomeno della preaccensione, cioè quando il combustibile si accende prima dello scocco della scintilla della candela a seguito dell’incremento improvviso di pressione nella fase di risalita del pistone, è ancora più evidente. L’aumento di pressione comporta anche un incremento delle temperature e degli stress meccanici a cui sono sottoposti i componenti del gruppo propulsore.

Riuscendo, però, a limitare questo fenomeno, è possibile sfruttare i vantaggi del motore a idrogeno. Innanzitutto, le emissioni di CO2 sono molto basse e sono legate alla combustione di una parte dell’olio in uso dal propulsore. Gli NOx persistono a seguito della presenza di ossigeno in camera di combustione. Negli ultimi 12 mesi di sviluppo, la potenza è aumentata del 24%, mentre la coppia ha subito una miglioria del 30%.

Un altro vantaggio dell’utilizzare l’idrogeno liquido invece di quello gassoso è che non servono i serbatoi di forma cilindrica. Di solito in questi ultimi viene immesso idrogeno gassoso ad elevata pressione. Quello liquido, invece, viene stoccato in normali serbatoi, come quelli adoperati per la benzina e il Diesel.

Lato temperatura, invece, il discorso è un po’ più complesso: per mantenere la forma liquida, è necessario abbassare e mantenere la temperatura a -253 °C, dunque molto al di sotto dello zero. Questa complicazione riguarda principalmente le stazioni di servizio. Dal punto di vista del funzionamento, invece, un combustibile liquido ha una maggiore densità energetica. Ciò si traduce in una maggior potenza erogata. Com’è facilmente intuibile, usare l’idrogeno ha i propri vantaggi a patto, però, di saper gestire le sfide di un combustibile altamente reattivo.