Casco integrale e guanti obbligatori in moto: la nuova legge fa discutere

In Spagna stanno valutando di introdurre l'obbligatorietà del casco integrale e dei guanti omologati.

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Carlo Portioli

Esperto moto custom

Le moto e la musica, mia moglie e gli amici, la birra e le chiacchere ma più di tutto amo cercare di capire. Le mie opinioni sono espresse dall'alto di niente.

Qualche giorno fa è uscita la notizia che in Spagna stanno valutando di introdurre l’obbligatorietà del casco integrale e dei guanti omologati per rispondere al numero crescente di incidenti gravi in moto.

La proposta spagnola sembra non essere un caso isolato, ma una tendenza comune in tutta la UE, che vede nell’aumento dei sistemi di protezione obbligatori la risposta all’incremento degli incidenti mortali. “Perchè no, se le nuove regole aiutano a salvare vite…” verrebbe da dire ed è una posizione legittima verso una risposta certamente razionale ed efficace ad un problema tragico, ma a guardare questa tendenza con più attenzione, si vede che qualcosa non funziona.

Non c’è dubbio che sia stato importante rendere obbligatori alcuni dispositivi di sicurezza per i motociclisti, su tutti il casco e l’ABS di serie, così come è indubbia l’importanza di incentivare l’uso di strumenti di protezione quando sia viaggia su due ruote, ma questa tendenza a far ricadere esclusivamente sulle vittime la responsabilità di proteggersi è segno di una rinuncia a rendere migliore l’ambiente in cui i motociclisti si muovono. E’ come se il legislatore dicesse: “Visto che non siamo in grado di rendere più sicure le strade, tanto vale che siate voi a prendere le precauzioni per proteggervi“.

Traffico caotico, scarsa manutenzione dell’asfalto, poche pattuglie in strada, uso dello smartphone alla guida come prassi ormai accettata e mai veramente combattuta sono le principali cause dell’aumento dei rischi per i motociclisti, ma visto che risolverli è complicato e costoso, allora la tendenza diventa quella di fare leggi che li obbligano a vestirsi come Lancillotto prima di salire in sella. Abdicare a rendere sicure le strade per i motociclisti vuol dire arrendersi al progressivo imbarbarimento dei comportamenti di chi si muove su di esse… allora avanti con caschi integrali e guanti obbligatori, ma perché non rendere obbligatorio anche lo smart-jacket e il giubbotto con le protezioni, gli stivali e i pantaloni in kevlar anti-scivolo? Qualcuno potrebbe pensare a un certo punto, secondo questa logica implacabile, che non ci sia soluzione più efficace per salvare le vite dei motociclisti di vietare le moto. Mutuando lo stesso principio, sarebbe come basare la sicurezza aerea sull’obbligo dei paracaduti o come togliere il porto d’armi ed introdurre l’obbligo dei giubbotti antiproiettile.

Non mi permetto di giudicare negativamente posizioni diverse che, nel dibattito sulla sicurezza stradale, hanno l’obiettivo di salvare vite umane ma mi permetto di ricordare che tante persone che vanno in moto lo fanno anche per il piacere di sentire il vento caldo d’estate che fa sbattere la maglietta sulla pelle, per sentire quel vento che asciuga il sudore dalla loro faccia mentre viaggiano con il casco aperto, insomma vanno in moto “per sentirsi un re”, come ha detto un amico l’altra sera.

Lo fanno rispettando le regole stradali e chiedono solo di non dover rinunciare a tutto questo per l’incapacità di garantire intorno a loro un contesto sicuro. Invece questo tipo di leggi sembrano basarsi sul principio “Puoi avere più sicurezza solo se rinunci a un po’ di libertà” e in un mondo di crescenti pericoli (reali e percepiti), un principio così si sa dove inizia ma non si sa dove finisca.