Garlasco, Garofano parla delle "moltissime macchie di sangue sul muro" dove è stata trovata l'impronta 33
Delitto di Garlasco, l'analisi approfondita di Luciano Garofano sull'impronta 33: le conclusioni del generale
Il generale Luciano Garofano, già comandante del Reparto dei Carabinieri specializzato in indagini scientifiche, è tornato a parlare e ad analizzare attentamente la tanto discussa impronta 33, elemento che, secondo le conclusioni della consulenza della difesa di Alberto Stasi, potrebbe segnare una svolta nel caso del delitto di Garlasco. Secondo Garofano, però, quell’impronta è interessante solo da un punto di vista esperienziale, ma non sul piano fattuale.
- Garlasco, l'analisi di Luciano Garofano sull'impronta 33
- Il generale: "Se ci fosse stata una traccia di sangue sarebbe stata prelevata"
- Garofano: "Se l'impronta fosse dell'omicida la parete si sarebbe imbrattata"
Garlasco, l’analisi di Luciano Garofano sull’impronta 33
Per i consulenti di Stasi, l’impronta 33 è attribuibile ad Andrea Sempio e sarebbe intrisa di sudore e sangue. Secondo Garofano, che ha esaminato la vicenda della traccia lungo le colonne del settimanale Oggi, i test dei periti di Stasi sono siì interessanti, ma non risolverebbero in alcun modo il caso.
Sono “test interessanti da un punto di vista esperienziale ma non lo sono sul piano fattuale anche in relazione all’impossibilità di ricreare le situazioni originarie che generarono quell’impronta e, tra queste, le condizioni di temperatura, umidità, composizione della parete ecc. visto che i test non sono stati fatti nell’abitazione dei Poggi”, scrive il generale.
ANSA
Garofano ha inoltre ricordato che qualsiasi ipotesi deve sorreggersi su dati circostanziali obiettivi. Ha quindi spiegato che nella parete in cui fu identificata l’impronta 33 i suoi ex colleghi del Ris rintracciarono “moltissime macchie di sangue anche delle dimensioni di pochi millimetri”.
Le macchie furono individuate attraverso una attenta osservazione preliminare a luce bianca e, successivamente, mediante una approfondita ispezione con le luci forensi che consentono di mettere in evidenza tracce non visibili a occhio nudo.
Il generale: “Se ci fosse stata una traccia di sangue sarebbe stata prelevata”
Garofano ha aggiunto che “se ci fosse stato il minimo sospetto che quell’alone più scuro – l’ombreggiatura di cui parlano i consulenti della difesa di Stasi, che dopo il trattamento con la ninidrina diventerà l’impronta 33 – corrispondesse a una traccia di sangue, seppur impercettibile, essa sarebbe stata immediatamente numerata e prelevata”.
Il genarle ha quindi rimarcato che il trattamento con la ninidrina nasce proprio dall’esigenza di sviluppare eventuali impronte “escludendo che quell’alone fosse di sangue: assenza poi confermata dalla ricerca della emoglobina umana”.
Garofano: “Se l’impronta fosse dell’omicida la parete si sarebbe imbrattata”
L’esperto ha inoltre assicurato che è priva di riscontri anche la posizione che i consulenti della difesa di Stasi suggeriscono “per supporre come si sarebbe formata l’impronta 33, collocando un manichino 3D sulla soglia delle scale dove fu scaraventata Chiara: su quel gradino non c’era traccia delle scarpe a pallini (le Frau attribuite al camminamento dell’assassino), ma nemmeno di altre calzature”.
Infine, conclude Garofano, “se quell’impronta fosse stata rilasciata dall’omicida, la parete, in quel punto, si sarebbe fortemente imbrattata di sangue perché sarebbe stata prodotta da un contatto a pressione, analogamente alle tracce delle dita insanguinate lasciate sul pigiama”.
