L’errore fatale dell’automotive europea: futuro a rischio

L’industria automobilistica europea vive un periodo di forti incertezze per quanto riguarda le vetture elettriche: rischia di essere bruciata dalla Cina

Foto di Manuel Magarini

Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Sulle auto elettriche l’Europa ha fissato degli obiettivi molto ambiziosi da portare a termine entro il 2030, peccato che, allo stato attuale, scarseggino le proposte economiche. Per questo, Pechino fa davvero paura, avendo maturato un vantaggio competitivo importante. Gli esperti predicano scetticismo circa l’effettiva capacità di colmare il gap con proposte come BYD Seaugull o la Wuling Bingo, le quali hanno beneficiato di una lungimirante campagna.

Gli obiettivi per il 2030

L’unica speranza secondo gli studiosi consiste nel modificare le regole sui propulsori a combustione interna, sul punto di avviarsi verso l’estinzione precoce. Stando alle stime, i veicoli a batteria costituiranno l’80% delle intere vendite entro la fine del decennio. Nell’UE una formula basata sul peso e sulle emissioni di anidride carbonica determinerà un sensibile aumento delle vendite, pena delle sanzioni pesanti.

Tuttavia, l’organo comunitario ha concesso una deroga, inerente agli e-Fuel. Un’eccezione frutto delle forte pressioni esercitate dalla Germania. Non a caso, i marchi premium tedeschi hanno iniziato la fase sperimentale, senza ottenere gli esiti auspicati. dLe istituzioni danno per scontata la commercializzazione di auto elettriche veramente accessibili in grandi quantità. Tuttavia, le aziende hanno tergiversato troppo e ora ne pagano le conseguenze. Il modello più low cost rimane la Dacia Spring, con un prezzo di listino di circa 21.000 euro, davanti alla Renault Twingo, con 22.000 euro.

Di recente, pure Stellantis ha bussato alla porta, attraverso la Citroen e-C3. Il modello francese, in vendita a poco meno di 24.000 euro, è stato oltretutto realizzato nei confini puntuali, come puntualizzato dalla Casa del Double Chevron all’anteprima mondiale. Poi ci sono dei progetti in corso di sviluppo, uno su tutti la Volkswagen ID.2 (dopo averne presentato il concept), che dovrebbe uscire il prossimo anno a circa 25.000 euro.

Il netto divario di prezzo rispetto alla Cina

In definitiva, già rimanere sulle suddette soglie è un compito gravoso da portare a termine, pur sfigurando in confronto alle city car a combustione interna, le quali costavano circa 12.000 euro in passato. Tra la Citroen C1, la Ford Ka, la Peugeot 108 e la Seat Mii gli acquirenti avevano l’imbarazzo della scelta. Poi, però, l’inasprimento delle normative da parte dell’UE ha provocato un deciso ritocco verso l’alto del costo delle entry level, intorno ai 20.000 euro.

Nella Repubblica del Dragone le auto cinesi sono, invece, disponibili a metà prezzo, e nemmeno in Europa subiscono dei rilevanti sovrapprezzi. I futuri ingressi in listino avranno un’autonomia di 150-160 km e una velocità massima di circa 90 km/h: sufficienti a soddisfare la quasi totalità delle esigenze di guida abituali. Meno brillante è, invece, la percorrenza sulle lunghe distanze.

Secondo la società finanziaria Jefferies, le immatricolazioni di BEV in Europa saliranno a 8,9 milioni nel 2030, dai 2,1 milioni del 2023. Ma le previsioni sono probabilmente troppo ottimiste, segnala Forbes. Se le aziende non cambiano passo, esiste la concreta possibilità che la Cina tolga loro delle importanti quote nel Vecchio Continente. Per la svolta i Costruttori avranno il dovere di ridurre in misura significativa i prezzi d’accesso, attraverso batterie meno onerose e tecniche di produzione di massa. Inoltre, sarebbe di aiuto i sussidi governativi, tipo gli incentivi auto in via di definizione da parte del Governo italiano per il 2024.