Salgono senza soluzione di continuità i prezzi delle auto nuove in Italia. Nonostante le difficoltà incontrate dalle famiglie comuni, il settore delle quattro ruote non guarda in faccia a nessuno. Le ultime rilevazioni del Centro Studi Fleet&Mobility confermano quella che era l’impressione di tanti conducenti, costretti spesso a ripiegare nell’usato.
Seppur siano consapevoli dei rischi impliciti nell’acquisto di una vettura a seconda mano, in particolare se il conducente rappresenta uno sconosciuto, le alternative sono peggiori. Anche rimanere “appiedati” non è, infatti, una vera opzione, specie per chi abita fuori dai grandi centri abitati. Se le linee di trasporti pubblici scarseggiano, e magari tocca fare i pendolari per raggiungere il luogo di lavoro, ecco allora che sei spacciato.
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Cifre da capogiro
Secondo l’ultimo rapporto del Centro Studi Fleet&Mobility, nel 2023 gli italiani hanno speso ben 46 miliardi di euro nelle auto nuove. Si tratta di un incremento del 22,3%, dettato da varie cause. In parte c’entra l’aumento delle immatricolazioni (da 1,3 a 1,3 milioni in dodici mesi), ma soprattutto pesa l’aumento dei listini. Infatti, due anni fa la spesa totale sostenuta era stata di 37,6 miliardi. Nemmeno il 2007, con i suoi 2,5 milioni di registrazioni e 45 miliardi di euro, aveva raggiunto vette simili.
Il prezzo medio è di 28.800 euro, prossima ai 29.000 euro, soglia con ogni probabilità destinata a essere superata entro la fine del 2024. Nel 2022 il costo veleggiava sui 28.100 euro, in aumento di 700 euro. Qualora la tendenza venisse mantenuta, la media sarebbe di 29.500 euro.
Un aumento significativo, se pensiamo alla situazione ante Covid, quando bisognava porre in preventivo un investimento intorno ai 21.000 euro. Certo, qualche eccezione esiste, ma sono sempre meno, anche perché meno profittevoli nella prospettiva dei produttori. Nella forsennata ricercata agli utili, vari brand rinomati nel Vecchio Continente sono sul punto di abbandonare il segmento A. Di annunci ne sono già arrivati da compagnie del calibro di Mercedes. Che, certamente, ha fatto del premium la vocazione fin dagli inizi, ma annoverava in listino la Classe A. Quest’ultima, aggiornata alcuni mesi orsono, è sul punto di lasciare in maniera definitiva le concessionarie.
Per quanto riguarda Stellantis, la nuova Lancia Ypsilon ha subito un netto ritocco verso l’altro in confronto alla precedente serie. In precedenza, era una simpatica utilitaria, amata soprattutto dal pubblico femminile, oggi una macchina dagli elevati contenuti tecnologici e dai materiali pregiati. Delle virtù tradotte in cifre d’acquisto superiori. Persino la regina delle low-cost qual alla Dacia Sandero è molto più cara rispetto al pre-pandemia: allora venduta a 7.000 euro circa, adesso richiede quasi il doppio della spesa (13.250 euro).
Le cause
Sulle cause del vertiginoso aumento incidono diversi fattori. Oltre all’inflazione e alle possibile speculazioni, negli ultimi anni i modelli hanno compiuto un deciso balzo sul fronte tecnologico. Non si poteva fare altrimenti, dati i severi standard imposti dalla Commissione Europea, che dal mese di luglio impone pure l’adozione del limitatore automatico di velocità. “I costruttori – osserva Pier Luigi del Viscovo, Fondatore e Direttore del Centro Studi Fleet&Mobility – hanno aumentato i valori netti e ora per alleggerire il prezzo delle vetture chiedono incentivi finanziati coi soldi dei contribuenti”.