A Baku, GP numero 17 della stagione, la Ferrari poteva vincere, ma in realtà ha perso. Un altro schiaffo ben assestato, questa volta dalla McLaren. È un po’ quello che è successo a Monza, ma al contrario, dove la MCL38 non è riuscita a battere la rossa. Abbiamo già ampiamente spiegato le ragioni tecniche della sconfitta. Diversi articoli dedicati mettono sotto la lente di ingrandimento i dettagli che hanno prodotto il risultato: la lenta introduzione delle gomme Hard, l’aria sporca che ha danneggiato le gomme di Charles e l’atteggiamento remissivo del monegasco durante l’attacco di Piastri.
Questi, in estrema sintesi, sono i fattori che hanno contribuito alla sconfitta della Ferrari. Verrebbe da dire “pazienza” in altre circostanze. Ci riferiamo a una stagione dove la rossa non si gioca nulla. E invece, in maniera del tutto inaspettata, il team italiano sarebbe in lizza per il campionato costruttori. Il traguardo non è affatto male. D’altra parte, è dal lontanissimo 2008 che il Cavallino Rampante non si aggiudica questo trofeo, quando la somma dei punti di FelipeMassa e Kimi Raikkonen ha battuto proprio la McLaren. Ecco perché la gara di ieri assume un risultato fastidioso.
Il tutto, anche considerando che Sainz poteva evitare di falciare Perez. Andare a braccetto verso il muro non è stata una buona idea. Era meglio mantenere una traiettoria più aperta e tenerlo dietro ancora per due giri. Così facendo, se anche Leclerc non si fosse fatto passare, i punti racimolati dal team con una prima e una terza posizione sarebbero stati molti di più. La Ferrari avrebbe quasi raggiunto la Red Bull e accorciato parecchio sulla McLaren. Diciamo questo perché Vasseur non molla la presa su questo argomento. Al contrario, continua a spingere la scuderia italiana verso tale obiettivo.
Intendiamoci, tenere alto il morale della truppa è cosa buona. Forse però, massimizzare i risultati e non buttare via quelli acquisiti sarebbe decisamente più utile rispetto al mare di chiacchiere fatte in un secondo tempo. Fred dice che non hanno commesso un errore strategico. Poi però sostiene che sarebbe stato meglio entrare ai box un giro prima con Leclerc. Una delle due riflessioni pare fuori luogo, o comunque i due ragionamenti non collimano affatto. Noi pensiamo che andasse bene la chiamata al giro successivo. Bastava spingere di più nella prima tornata e non sottovalutare l’attacco di Piastri.
F1, GP Baku: Ferrari sapeva cosa evitare per perdere, ma lo ha fatto lo stesso
La Ferrari ha imparato a gestire le gomme, su questo siamo tutti d’accordo. Specialmente dopo la pausa estiva, infatti, sia in qualifica che in gara le due SF-24 hanno mostrato una certa destrezza nell’amministrare le coperture. Ci riferiamo al ciclo di isteresi che viene messo in atto con le mescole nuove. Questo è il momento in cui i compound si deformano e viene immessa l’energia necessaria all’interno della carcassa per poi sfruttare il livello massimo di grip. Al sabato i “due Carlo” lo hanno fatto alla perfezione, potendo godere di pneumatici in perfetta condizione per spingere durante tutta la tornata.
In gara, però, con un alto quantitativo di carburante a bordo, le cose sono andate in maniera differente. Come sappiamo ormai a menadito, le caratteristiche sospensive della rossa impongono un warm-up meno aggressivo. Questo significa che, rispetto ai diretti competitor, la vettura italiana tarda un po’ di più a stabilizzare le temperature su entrambi gli assi della vettura. Un tratto distintivo che non può essere visto esclusivamente in maniera negativa. Al contrario, può consentire ai piloti di non stressare eccessivamente le coperture e garantire così il corretto ciclo di vita dello pneumatico.
Anche per questo viene adottata la tattica della “slow introduction”, mossa che Bryan Bozzi, l’ingegnere di pista di Charles, si è premurato di ricordare un paio di volte quando Leclerc è tornato in pista dopo la sua prima e unica sosta. Tuttavia, quando arriva una vettura rivale come un treno, sarebbe meglio sveltire questa pratica per evitare che Piastri, ad esempio, esegua una staccata decisiva e ti superi facilmente in curva 1. Il monegasco ha detto che lo ha lasciato passare, o per dirla meglio, che non ha opposto resistenza perché il suo obiettivo era quello di restituirgli il favore pochi giri più tardi.
Peccato che la MCL38 fosse tremendamente competitiva nel T2, specialmente in curva 16. Parliamo della piega che immette nel lunghissimo tratto ad alta velocità di percorrenza che conduce le monoposto sulla linea di meta. In questo punto, la trazione della McLaren era micidiale. Ferrari sapeva di essere più debole nella fase di accelerazione rispetto alla monoposto britannica, e per sorpassare un avversario, guarda un po’ te, perdere tanto terreno in trazione significa abbassare notevolmente le percentuali di successo. A questo va aggiunto un ulteriore elemento: il carico aerodinamico installato.
Ferrari lo aveva ritoccato nelle Fp3 per avere più spinta verticale al retrotreno. Questo provvedimento è riusato efficace in qualifica, sommato al lavoro svolto sulle altezze da terra per ammorbidire il retrotreno. Ma ovviamente, in gara, ha tolto almeno 3 km/h di velocità di punta alla SF-24. Conoscendo alla perfezione tutti questi dettagli tecnici, far passare “agilmente” Piastri era la mossa perfetta per darsi la zappa sui piede e perdere. Per questo motivo girano le scatole, in quanto un team che aspira a una vittoria iridata non può assolutamente dimenticare le proprie caratteristiche in una corsa di F1. Al contrario, deve sempre tenerle a mente in ogni piccola scelta che decide di effettuare.
Evidentemente, in un contesto competitivo estremo come un Gran Premio di F1, non è affatto facile mostrare grande lucidità in ogni istante della gara. Senza dubbio, parlare a posteriori ed erigersi a massime esperti ( “ingegneri del lunedì”, Enzo Ferrari docet) risulta piuttosto semplice. Tuttavia il rammarico è doppio, considerando anche la sberla di Sainz contro il muro nel terzultimo giro della corsa. Certo, lo sappiamo e lo abbiamo già detto: l’aria sporca ha influito negativamente sulla gestione delle gomme, ma proprio perché tale aspetto era noto anche ai muri di Baku, Piastri andava tenuto dietro a tutti i costi. O, per lo meno era giusto provarci…