Addio motori termici, le accise che fine faranno? La strategia del Governo

Le auto termiche hanno una "data di scadenza" e sulle accise il Governo dovrà esprimersi, ma al momento regna una spaccatura tra due correnti di pensiero

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 15 Luglio 2024 11:41

Il futuro della mobilità è green, ma a che prezzo? In Italia, il dibattito sull’introduzione di nuove tasse sulle ricariche delle auto elettriche (BEV) si accende. Tra le esigenze di sostenibilità ambientale e quelle di bilancio statale, bisogna trovare una soluzione. Che, magari, non soddisferà appieno nessuno, ma quantomeno rappresenterà un valido compromesso.

Spaccatura nel Governo

Dal Governo arrivano segnali precisi. Il ministero dell’Ambiente, Gilberto Picchetto Fratin, ribadisce la sua posizione di un “approccio realistico e concreto” alla transizione energetica. Senza finire imbrigliati nei dogmi, e pagarne pegno a lungo andare, l’idea dell’onorevole è di apportare dei correttivi sulla “neutralità tecnologica” e sul sostegno ai biocarburanti. Una posizione che incontra il favore dei petrolieri, preoccupati dall’impatto negativo che l’elettrificazione dei trasporti potrebbe avere sul loro business.

Nel mentre, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, non esclude l’ipotesi di tassare le ricariche delle vetture a batteria. Secondo le stime dell’Unem (Unione energie per la mobilità), ciò consentirà di generare 3,8 miliardi di euro in entrate alle casse erariali. Si verrebbe, quindi, a creare un meccanismo di compensazione.

Vantaggi e svantaggi

Tuttavia, la strategia non è esente da criticità. Il prezzo della ricarica è, infatti, già cresciuto in misura considerevole nell’ultimo periodo. Inoltre, un ulteriore aggravio rischia di disincentivare il passaggio alle BEV, rallentando il processo. Inoltre, l’imposizione di nuove tasse sui biocarburanti, considerati da alcuni una soluzione alternativa ai combustibili fossili, solleva dubbi sulla loro reale sostenibilità e sul futuro all’interno del panorama europeo.

L’esecutivo si trova, insomma, di fronte a un bivio: privilegiare il breve o il lungo periodo? Nel caso in cui venga scelta la prima strada, allora la politica promossa dalla Commissione Europea) è la migliore. Altrimenti, se l’obiettivo è quello di creare un sistema virtuoso in vista dei prossimi anni, l’idea del Governo si lascia preferire. I biocarburanti, lo ricordiamo, verrebbero esclusi nel 2035, stando ai piani comunitari, i quali, però, verranno ridiscussi come già comunicato da Ursula von der Leyen.

Degli investimenti sulle colonnine andranno, comunque, fatti, questo è sicuro. Perché le colonnine di ricarica rimangono perlopiù confinate alle grandi città (dove, comunque, ci sarebbe ancora da lavorare), mentre nelle realtà di provincia scarseggiano. In merito alle lente procedure di rifornimento, la responsabilità ricade sulle realtà di settore. Che sono attualmente all’opera, anche se il ritardo tecnico maturato rispetto alla Cina è notevole.

Il colpevole gap in confronto alla Repubblica del Dragone viene avvertito in tutto il Vecchio Continente, e la scarsità delle terre rare non aiuta a risalire la china. Avendo in mano una sorta di monopolio, Pechino tira le redini e i prezzi elevati vanno a interessare lo stesso singolo consumatore. A causa degli elevati costi di produzione, le aziende occidentali devono, infatti, applicare un rincaro pure sui prezzi di listino.

Focalizzandoci sull’Italia, una luce di speranza filtra con la risposta della popolazione agli ecobonus. I generosi sconti del 2024 hanno portato a prosciugare gli incentivi sulle auto elettriche in tempo zero. In nemmeno dieci ore sono andati esauriti e, a partire da qui, magari è opportuno ripartire.