Daihatsu, dai motori industriali alle kei car: l’icona delle compatte

Con oltre 100 anni di storia all'attivo, Daihatsu ha mostrato una natura camaleontica come poche altre aziende nel mondo: ripercorriamone i fasti dalla nascita

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 1 Ottobre 2024 23:10

Nel vasto panorama dell’industria automobilistica giapponese, uno dei nomi che rimane spesso all’ombra di Toyota e Honda è Daihatsu. Tuttavia, dietro il marchio c’è una storia affascinante, in veste di fautore di alcune delle principali innovazioni nelle vetture compatte. Daihatsu va al di là del semplice ruolo di produttore, assurgendo a simbolo di una tradizione che abbraccia l’efficienza, la praticità e la sostenibilità.

Benché le radici affondino negli inizi del Novecento, mentre la visione guarda al futuro della mobilità globale. Dai primi motori industriali a combustione interna, fino alle moderne “kei cars” ecologiche, il suo è stato un viaggio attraverso l’evoluzione del trasporto leggero e delle esigenze urbane. Ma cosa l’ha resa un attore chiave al giorno d’oggi? Andiamo a scoprire le tappe in grado di plasmarne il percorso, segnato da audacia e lungimiranza, due costanti.

La fondazione

La storia di Daihatsu comincia nel 1907, alla fondazione di Hatsudoki Seizo Co., Ltd. a Osaka, in Giappone. Originariamente, si concentrava sulla fabbricazione di propulsori a combustione interna per applicazioni industriali. Soltanto in un secondo frangente i componenti avrebbero trovato posto su veicoli dedicati al trasporto di persone. All’epoca il Giappone era nel pieno di un’intensa fase di modernizzazione, in cui la domanda dei propulsori cresceva senza interrompersi mai. La compagnia maturò delle competenze specialistiche in ambito marittimo e agricolo, nonché nella generazione di elettricità.

Nel 1930, Hatsudoki Seizo realizzò la sua prima tre ruote, un piccolo mezzo adibito al trasporto commerciale leggero. Esso segnò un’importante svolta, con un graduale spostamento del focus verso il settore automotive. La produzione di autoveicoli rimase, però, limitata fino al termine della Seconda guerra mondiale, poiché l’industria locale era perlopiù focalizzata sull’attività bellica.

La nascita del marchio e l’espansione

Il 1951 è un anno di grande importanza storica. Fu, infatti, allora che Seizo cambiò ufficialmente nome in Daihatsu Motor Co., Ltd., derivante dalla combinazione dei caratteri Kanji di “Osaka” e “motore”, che rifletteva le radici geografiche dell’impresa e il core business. Ciò decretò pure una rinnovata attenzione nei confronti delle automobili.

Nel corso degli anni ’50 e ’60, la terra del Sol Levante si trovava nel pieno della ricostruzione post-bellica. A causa degli ingenti danni riportati, le servì tempo per rimettersi in piedi. Ne pagò dazio la popolazione, che in buona parte arrancava. Malgrado l’economia locale aveva vissuto giorni migliori, in maniera graduale cominciarono, però, a scorgersi dei segnali di risalita.

Daihatsu ebbe il merito di capire anzitempo il potenziale dei mezzi compatti low-cost. Operava sugli esemplari a tre ruote e su auto di dimensioni ridotte, adibite a vari scopi. Uno dei primi successi fu il Daihatsu Midget, un veicolo commerciale a tre ruote introdotto nel 1957. Presto la scommessa imprenditoriale si rivelò azzeccata. Infatti, le imprese giapponesi e i piccoli commercianti ne apprezzarono la funzionalità, la maneggevolezza e il prezzo accessibile. Talmente divenne famosa da essere inclusa in film e programmi TV del periodo.

Quand’era il 1963, Daihatsu lanciò la pioniera delle quattro ruote della propria gamma, la Compagno, declinata in diverse varianti, tra cui una berlina e una station wagon. Fu lei a sancire il via alla fabbricazione di automobili nel vero senso della parola, indirizzate al ramo consumer. Un passo importante nella transizione dai mezzi commerciali a quella di automobili riservate a un ampio pubblico.

L’era delle kei cars e l’alleanza con Toyota

In un’industria spesso spietata, dove vige la legge del più forte, i vertici Daihatsu capirono quanto fosse essenziale affiancarsi a un colosso. Il momento propizio giunse nel 1967, sotto forma di una partnership stipulata assieme a Toyota, la potenza numero uno nel Paese orientale. In principio, l’alleanza era di natura tecnica, con la Casa delle Tre Ellissi che le offriva supporto tecnologico affinché migliorasse la qualità e l’efficienza produttiva. In virtù dell’intesa, Daihatsu ottenne l’accesso a risorse e competenze avanzate, utili ad accelerare lo sviluppo di proposte inedite e l’espansione in nuovi mercati.

Il decennio seguente vide la compagnia di Osaka buttarsi nelle cosiddette “kei cars”, un segmento alquanto popolare in Giappone. Contraddistinte da dimensioni molto ridotte, sottostavano a regolamentazioni inerenti alle dimensioni e alla cilindrata del propulsore per conseguire dei vantaggi fiscali e assicurativi. Tale tipologia di vettura è l’ideale nello scenario cittadino nipponico, caratterizzato da strade strette e traffico intenso. Modelli come la Hijet e la Mira, rispettivamente rivolte a professionisti e privati, non si limitarono, comunque, a conquistare il Giappone. Entrarono, infatti, nelle grazie dei consumatori anche all’estero.

Espansione internazionale

Nell’ultimo decennio prima del nuovo millennio, Daihatsu tentò di espandere la relativa presenza sulla scena globale. Pertanto, cominciò a esportare le sue vetture in Europa, America e mercati emergenti. In particolare, registrarono dati di vendita soddisfacenti la Charade e la Terios (uno dei SUV più piccoli al mondo), apprezzata soprattutto da chi andava alla ricerca di opzioni piccole, economiche e affidabili. Nel 1995, Toyota aumentò la sua partecipazione in Daihatsu, consolidando l’alleanza.

La seconda fabbricava esemplari di piccola taglia e veicoli commerciali leggeri, mentre la prima si dedicava a segmenti e a una gamma più vasta. A livello tecnologico, Daihatsu fu pioniera in diverse innovazioni nell’ambito dei mezzi ecologici e riservati a una nicchia di utenti. Ad esempio, nel 1999 lanciò la Move, una kei car all’avanguardia mossa da un propulsore a tre cilindri in grado di offrire consumi di carburante parecchio contenuti. L’azienda investì altresì nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie rispettose del Pianeta , tipo i motori a basse emissioni e ibridi.

Acquisizione totale da parte di Toyota

Nel 2016 Toyota ha finalizzato l’acquisizione di Daihatsu, trasformandola in una sussidiaria da lei controllata al 100%. Mentre la società madre si rivolge a un pubblico eterogeneo, Daihatsu ha canalizzato le energie nelle kei cars e nei veicoli commerciali leggeri. Con un occhio di riguardo ai costi, ha pure il compito di vagliare le soluzioni di mobilità alternative ed ecologiche.

Nell’innovazione non vengono esclusi i sistemi ausiliari alla guida: i generosi equipaggiamenti della Tanto e della Rocky lo certificano. Nella sede a Ikeda, vicino Osaka, sorge oggi un museo interattivo, chiamato Daihatsu Heartful Museum: la struttura permette di dare uno sguardo ravvicinato alla storia della compagnia e ai suoi modelli più rappresentativi.