Vi sono collezionisti che nascondono un vero e proprio tesoro all’interno di vecchi fienili. Se i ritrovamenti di leggendarie supercar abbandonate non sono una novità negli Stati Uniti, in Italia è molto più raro. Alle nostre latitudini c’è una passione enorme che spinge i proprietari a prendersi cura di tutti i propri beni. Una Lamborghini Miura SV è venuta alla luce dopo decenni lontana dai riflessi della strada.
Presentata al Salone dell’automobile di Ginevra del 1966, la Miura fece brillare l’immagine di Ferruccio Lamborghini. L’obiettivo dell’imprenditore emiliano era quello di mettere i bastoni tra le ruote a Enzo Ferrari, dopo un noto litigio, costruendo la supercar perfetta. Sul piano estetico la Miura ha lasciato il segno e ai tempi fece invecchiare le linee delle dirette rivali. Per anni il progetto fu portato avanti sotto traccia. Nel 1965, all’esposizione di auto di Torino, venne svelato solo un autotelaio in lamiera scatolata denominato TP400.
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La Lamborghini della svolta
Gian Paolo Dallara e Paolo Stanzani avevano creato la base, ma serviva un tocco di genio per sviluppare una carrozzeria innovativa. Nuccio Bertone, presente all’evento nel capoluogo torinese, rimase a bocca aperta al punto da sussurrare a Ferruccio Lamborghini: “Io sono quello che può fare la scarpa al tuo piede“. La storia del marchio del Toro cambiò per sempre. Venne preso in esame lo schema a motore centrale di alcune supercar da corsa, quali la Ford GT40 e la Ferrari 250 LM, per sfoderare una innovazione che fece innamorare le folle. Rispetto alle due vetture sopracitate con il motore in posizione longitudinale, in Lamborghini preferirono il montaggio trasversale tra l’abitacolo e l’assale posteriore.
La Miura, grazie al giovane designer Marcello Gandini, alzò l’asticella sul piano aerodinamico con un linguaggio stilistico inedito. La vettura non era semplicemente elegante come una Ferrari, ma aggressiva con linee tese, inaugurando un design sportivo che nessuno è riuscito a imitare. Ferruccio Lamborghini, che era nato sotto il segno del toro, volle battezzare il suo gioiello col nome Miura in onore dell’allevatore di tori da combattimento Don Eduardo Miura Fernandez. Fu la prima vettura ispirata alla tauromachia di una lunga tradizione che è stata ripresa anche nella gamma attuale. La coupé a due porte, realizzata dal 1966 al 1973, ha fatto la storia della Casa automobilistica di Sant’Agata Bolognese.
Il ritrovamento della Miura SV
La prima auto da strada ad alte prestazioni con motore centrale posteriore e trazione posteriore oggi vale una fortuna. La SV si distingueva per la mancanza di “ciglia” attorno ai fari, parafanghi posteriori più larghi per ospitare le ruote posteriori da 9 pollici (230 mm) di larghezza e pneumatici Pirelli Cinturato 215/70R15 CN12 e 255/60R15 CN12, e fanali posteriori differenti. Sono stati prodotti in totale 150 esemplari di SV. Vantava una diversa fasatura dell’albero a camme e carburatori Weber 4×3 modificati. C’erano a disposizione 15 CV in più, per una potenza complessiva di 385 CV (283 kW; 380 CV) a 7.850 giri/min e una coppia massima di 400 Nm (295 lb⋅ft) a 5.750 giri/min.
Un prezioso esemplare di Miura SV con esclusiva finitura terrosa, acquistata nel 1974 dall’italiano Giuseppe Caprioli, è stata ritrovata in un garage del Nord Italia. L’auto in passato era stata esposta in un museo, ma poi era stata tenuta nascosta. Sembrava sparita nel nulla, ma dopo la morte di Caprioli nel 2020, il garage è stato riscoperto con l’aiuto dell’esperto Simon Kidston. L’auto ha un nuovo proprietario, ma vi lasciamo alle suggestive immagini del ritrovamento proposte dalla pagina IG Baladain.