Achille Costacurta racconta a One More Time i TSO e il tentato suicidio col metadone: "Non so come sono vivo"
Achille Costacurta, figlio del calciatore Alessandro e di Martina Colombari, ha raccontato a One More Time i TSO subiti e il tentato suicidio
Nel corso di una intervista rilasciata al podcast One More Time, il 21enne Achille Costacurta, figlio dell’ex calciatore Alessandro e di Martina Colombari, ha parlato della sua vita, dei numerosi TSO ai quali è stato sottoposto e del tentativo di suicidio con il metadone: “Nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo”.
L’intervista ad Achille Costacurta
È stata pubblicata oggi – venerdì 31 ottobre 2025 – la puntata del podcast One More Time, condotto da Luca Casadei, con ospite il 21enne Achille Costacurta, figlio dell’ex calciatore Alessandro e e della showgirl Martina Colombari. Per ora la puntata è disponibile solo in formato audio, ma nei prossimi giorni uscirà anche il video.
Achille Costacurta si è aperto nel corso della puntata, affrontando molti temi delicati, tra i quali la detenzione, i TSO subiti, i problemi con droghe e gestione della rabbia, la diagnosi di ADHD, i problemi familiari e, non ultimo, un tentativo di suicidio.
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Partendo proprio dalla recente diagnosi di ADHD, spiegando che il suo cervello “non produce abbastanza dopamina” e che al momento usa il Ritalin per gestire il problema. “Quando i miei genitori hanno fatto anche loro un corso genitoriale per l’ADHD, il nostro rapporto è cambiato da così a così. Prima in casa quando litigavamo, io andavo fuori, spaccavo porte. Da lì non è mai più successo perché loro ora sanno come dirmi un ‘no’”.
I sette TSO
Achille Costacurta ha spiegato di aver avuto sin da giovanissimo problemi con la droga, raccontando un episodio di quando era 18enne ed era sotto effetto di mescalina quando ha avuto a che fare con un poliziotto: “Arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7”.
Differenze anche sul luogo di ricovero, perché se a Padova è andato tutto bene, a Milano “mi hanno legato al letto per tre giorni perché gli ho dato un colpo sulla spalla. Urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato, mani e piedi, tutto, e mi dovevo fare la pipì addosso”.
La svolta in una clinica svizzera: “ti dicono: ‘Tu sei qua e puoi scegliere, se ti vuoi drogare c’è la strada, puoi andare e puoi fare quello che vuoi, vai. Se tu invece hai bisogno di una mano, vieni qua e noi ti aiutiamo’. Mi hanno fatto cambiar vita, grazie a loro io non mi drogo più. Il loro approccio ti fa capire veramente le cose importanti. Li ringrazierò per tutta la vita”.
Il tentativo di suicidio
Il giovane racconta anche di quando, durante il periodo del Covid, iniziò a spacciare e venne arrestato, a neanche 16 anni, finendo in un centro penale e comunità terapeutica, dove passa la notte del suo compleanno.
“Non ce la facevo più, aspetto la notte quando c’è un solo operatore ed entro in ufficio, lo distraggo e prendo le chiavi dell’infermeria – racconta Costacurta – Lo chiudo dentro l’ufficio, lui con le sue chiavi riesce a uscire. Io però nel frattempo ero già in infermeria e prendo tutto il metadone che c’era, sette boccettine, mi chiudo in bagno e le bevo tutte, volevo suicidarmi”.
“Arrivano i pompieri e sfondano la porta, poi l’ambulanza. Nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo perché l’equivalente di sette boccettine di metadone sono sui 35, 42 grammi di eroina. La gente muore con un grammo” ha poi concluso Achille Costacurta.
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