In un mondo che punta tutto sull’elettrificazione spinta e sull’aerodinamica asettica, c’è ancora chi osa alzare il volume, rompere gli schemi e scrivere una nuova pagina di brutalità meccanica. Si chiama Zenvo Aurora Tur, e viene dalla Danimarca. Non è un’auto banale, ma un’arma per stabilire record di performance. Lanciata quasi due anni fa, sembrava già allora un’astronave pronta a sbarcare su Marte. Oggi, alla vigilia del suo debutto dinamico al Goodwood Festival of Speed, l’Aurora Tur si mostra nella sua veste definitiva. E quel che vediamo non è evoluzione: è affilatura. Come una spada temprata, pronta a colpire.
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Due anime, un solo ruggito: Tur contro Agil
Zenvo aveva presentato due volti dello stesso mostro: la “Tur”, pensata per la strada, e la “Agil”, scolpita per la pista. Un dualismo apparente, perché in fondo entrambe raccontano la stessa visione: potenza assoluta, senza compromessi. E se la Agil si esprime in leggerezza e deportanza, la Tur ruggisce con numeri da apocalisse meccanica.
Con 1.850 cavalli sotto il cofano, la Aurora Tur è la variante più potente, anche se paradossalmente più “civile”. Un’auto che, se la incontri in autostrada, non puoi che inchinarti. Perché anche solo sentirla passare è un’esperienza. Il cuore del sistema è un V12 da 6,6 litri quadriturbo, accoppiato a tre motori elettrici. Risultato? Un mostro da 1.700 Nm di coppia, capace di toccare i 450 km/h e scattare da 0 a 100 in 2,3 secondi. Tempi da jet privato. E senza decollo.
L’Aurora Tur nasconde il suo fascino nei dettagli. Il posteriore è stato scolpito come il torso di un gladiatore: nuovo diffusore, più aggressivo, supporto targa spostato e scarico ridisegnato. Il piano di coda appare più esteso, rispetto a due anni fa, e i fanali posteriori più robusti, quasi minacciosi. Anche il frontale cambia, ma sottovoce. Le nuove griglie a rete proteggono le aperture, mentre il cofano si rifà il trucco e le luci diurne guadagnano un sottile accento di metallo. Non c’è ostentazione, solo una funzionalità ben congeniata.
Superare i propri limiti
Non è solo questione di muscoli. L’Aurora Tur è anche cervello e tecnologia. Zenvo ha appena annunciato la collaborazione con Alcon Components per l’impianto frenante, e pochi mesi fa ha mostrato il primo V12 costruito da Mahle, il partner scelto per l’ingegneria del cuore pulsante.
È un lavoro chirurgico, quello della Casa danese. L’assemblaggio finale non comincerà prima del 2026, ma ogni tassello si incastra al momento giusto. Un progetto lungo, come si addice alle opere che aspirano a diventare leggenda. L’anteprima dinamica nella cattedrale della velocità di Goodwood è stata l’occasione ideale per far vedere al mondo una nuova stoffa pregiata.
La Zenvo Aurora Tur nasce da un’idea pura e assoluta: superare ogni limite. In un’epoca in cui molte hypercar sembrano uscite dallo stesso stampo, la Tur è un colpo di scena. Un assalto nordico alla vetta della performance mondiale, portato avanti non da un colosso industriale, ma da una realtà indipendente, testarda, che ha deciso di scrivere la propria saga. L’aurora boreale ora ha un suono ed è quello di un V12 quadriturbo che urla vendetta. Vediamo se farà strada.