Stop motori termici dal 2035, secondo De Meo non siamo pronti: la soluzione

Lo stop ai motori termici nel 2035 in Europa è destinato a rimanere un obiettivo fuori portata, ad avviso del numero uno del Gruppo Renault, Luca de Meo

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 23 Luglio 2024 09:15

Le auto elettriche rimangono delle incompiute. Nel mese di giugno le vetture a batteria hanno registrato un calo, persino in quei Paesi dove la transizione ecologica è stata meglio accolta. Non si tratta, insomma, di un fenomeno italiano, bensì di una ritrosia generale, da imputare a diversi motivi, tra cui i prezzi elevati, l’ansia da ricarica e le poche infrastrutture. Pertanto, secondo Luca de Meo, leader del gruppo Renault, il Vecchio Continente non è pronto allo stop ai motori termici dal 2035. In compenso, esiste una soluzione.

Non ancora sulla giusta traiettoria

La Commissione Europea deve andare avanti nella stessa direzione, che condurrà al bando dei motori a combustione interna nel 2035, purché ampli gli orizzonti, concedendo la deroga ad alimentazioni alternative. Lo afferma de Meo, in un’intervista al Corriere della Sera.

“Quando è stato deciso, due anni fa, la posizione della Francia e quella del Gruppo Renault era che il 2035 era troppo presto e che avremmo dovuto puntare piuttosto al 2040 spiega il manager italiano -. Chiedemmo anche di rispettare il principio della neutralità tecnologica e che il per il calcolo delle emissioni di CO2 si considerasse l’intero ciclo di vita dell’auto, dalla culla alla tomba. E non solo la CO2 che esce dal tubo di scappamento. Su questi tre argomenti non ho cambiato idea.

La verità è che non siamo ancora sulla giusta traiettoria per raggiungere il 100% di auto elettriche entro il 2035. Questa è la verità. Se i clienti non ci seguono, siamo tutti responsabili. Dobbiamo tagliare i costi”.

Al tempo stesso, de Meo evita di essere disfattista. Gli incidenti di percorso vanno messi in preventivo, l’importante è fare tesoro degli errori commessi e, nel caso, correggere il tiro.Non va strumentalizzato l’attuale rallentamento del mercato per abbandonare in modo puro e semplice l’obiettivo – prosegue -. Sarebbe un grave errore strategico. L’industria europea dell’auto ha investito decine di miliardi di euro in questa transizione. Li buttiamo dalla finestra? No.

Il potere politico non può cambiare idea in un momento in cui tutti i nostri sforzi si stanno concretizzando con l’arrivo sul mercato di nuovi modelli. Non dobbiamo rifiutare il progresso. Nei prossimi 10 anni non ci saranno abbastanza veicoli elettrici per avere un impatto reale sulla decarbonizzazione. È opportuno spingere l’ibrido plug-in, come stanno facendo i cinesi. Alla roulette non puoi puntare tutto su un colore”.

Il pericolo cinese

Al quotidiano di via Solferino si tocca pure una delle questioni più scottanti: i dazi fissati dall’UE sulle vetture della Repubblica del Dragone: “I cinesi hanno visto molto presto l’occasione di un salto tecnologico con le auto elettriche, mentre da noi si discuteva ancora di diesel – dichiara de Meo -. Hanno preso una generazione di vantaggio. Ma non dobbiamo politicizzare il tema dei dazi. Per me è una questione tecnica e giuridica. Abbiamo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e dobbiamo rispettare il principio di reciprocità”.

E sull’apertura di nuove fabbriche in Europa, de Meo ha chiari i motivi: “Chiaramente è un tentativo di aggirare i dazi. Ma penso anche che dobbiamo trovare dei compromessi con i cinesi, perché l’industria cinese può portare molto all’industria europea, stimolandola con la concorrenza, e perché porta tecnologia e materie prime”.