L’era dei controlli elettronici di velocità entra in una nuova fase e si apre il capitolo della legittimità degli autovelox. La pubblicazione del nuovo decreto direttoriale sull’operatività della piattaforma nazionale di censimento dei rilevatori di velocità segna un punto di svolta nella gestione delle sanzioni stradali in Italia. Da questo momento, ogni apparecchiatura installata sulle strade del Paese dovrà essere comunicata al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e solo i dispositivi censiti e riconosciuti potranno essere utilizzati ai fini sanzionatori. È un cambiamento che mette in discussione migliaia di postazioni fisse e mobili e che definisce i casi in cui un autovelox è da considerarsi fuori legge.
Il riferimento normativo è il decreto legge 73 del 21 maggio 2025, convertito con modificazioni nella legge 105 dell’8 luglio 2025, che ha introdotto l’articolo 5, comma 3 bis, con l’obbligo per le amministrazioni e per gli enti locali di trasmettere al Ministero i dati relativi a ogni dispositivo di rilevazione.
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Il primo caso: la mancanza di omologazione
Il primo profilo di illegittimità riguarda la mancanza di omologazione del dispositivo utilizzato. Su questo punto la Corte di Cassazione è stata costante nel tempo: un autovelox può essere impiegato per accertare violazioni solo se è omologato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’omologazione, a differenza della semplice approvazione del prototipo, certifica che il modello in uso risponde ai requisiti tecnici di precisione e affidabilità richiesti dalla normativa vigente. Non basta che un dispositivo sia stato autorizzato o testato, deve risultare omologato per il tipo e la versione installata, pena la nullità del verbale di accertamento.
Questo principio è stato ribadito in più occasioni dai tribunali di merito e di legittimità che hanno ricordato come la distinzione tra omologazione e approvazione non sia una sottigliezza burocratica, ma una garanzia di certezza del dato tecnico. Se il dispositivo non è stato sottoposto a questa verifica o se il suo modello differisce da quello indicato nel decreto di omologazione, la multa risulta viziata alla radice.
Il secondo caso: la collocazione e l’uso irregolare
Il secondo profilo di illegittimità si lega invece alle modalità di collocazione e di utilizzo degli autovelox, disciplinate dal cosiddetto decreto Salvini dell’11 aprile 2024. Il provvedimento, emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 maggio dello stesso anno, ha introdotto nuove regole sulla posizione, la distanza e la segnalazione preventiva delle postazioni di rilevamento. L’obiettivo era di garantire una maggiore uniformità tra i territori e ridurre la discrezionalità dei Comuni.
La norma prevede che i dispositivi possano essere installati solo in tratti di strada con alta incidentalità, o in aree dove la contestazione immediata è impossibile per ragioni di sicurezza o di traffico. Ogni postazione deve essere preventivamente segnalata, con cartelli visibili e collocati a una distanza congrua dal punto di rilevazione. Anche il limite di velocità rilevato deve essere proporzionato alla tipologia di strada senza che un tratto urbano secondario venga equiparato a una strada di grande comunicazione.
In assenza di questi requisiti, l’autovelox perde la sua validità legale. Se un dispositivo è collocato senza autorizzazione del Prefetto o se la segnaletica è inadeguata o non visibile, la multa non solo può essere contestata, ma è destinata a essere annullata in sede di ricorso. È già accaduto in più di un’occasione che i giudici di pace abbiano dichiarato nulle le sanzioni derivanti da postazioni installate in modo scorretto con il riconoscimento che l’obiettivo della sicurezza stradale non può essere piegato a logiche di profitto.
Il terzo caso: la mancata iscrizione al censimento nazionale
Il terzo e più recente caso di illegittimità riguarda la mancata iscrizione dell’autovelox alla piattaforma nazionale di censimento istituita dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. È questo l’aspetto introdotto dal decreto emanato il 18 agosto 2025 che ha reso effettivo l’obbligo previsto dalla legge 105 del 2025. Da quel momento, ogni amministrazione locale o ente proprietario di strade è tenuto a inserire in un portale telematico dedicato i dati identificativi di ciascun autovelox in funzione.
Il sistema di censimento è una misura di trasparenza e tracciabilità. Per ogni apparecchiatura dovranno essere comunicati il tipo di dispositivo, la marca, il modello, la versione, il numero di matricola, e gli estremi del decreto di approvazione o estensione emesso dal Ministero delle Infrastrutture e del Trasporti. In buona sostanza si tratta di un vero e proprio registro pubblico delle apparecchiature di controllo della velocità, destinato a essere consultabile dai cittadini attraverso il Portale dell’automobilista.
Il provvedimento prevede anche un termine massimo di 60 giorni dalla data di pubblicazione per completare la registrazione, scadenza fissata al 30 novembre 2025. Da quella data, qualsiasi autovelox non censito o non comunicato al Ministero sarà da considerarsi fuori legge, con conseguente illegittimità di tutte le sanzioni emesse tramite il suo utilizzo. Un dispositivo non inserito nell’elenco non può produrre effetti giuridici validi.
Cittadini più tutelati, amministrazioni più controllate
Per la prima volta gli automobilisti avranno la possibilità di verificare in tempo reale se l’apparecchio che ha generato la loro multa è effettivamente censito, omologato e collocato in modo conforme. Allo stesso tempo, le amministrazioni locali saranno obbligate a mantenere aggiornato l’elenco delle apparecchiature e a garantire la manutenzione periodica dei dispositivi senza derive speculative o abusi amministrativi.
Non è un caso che il nuovo impianto normativo arrivi dopo anni di polemiche e ricorsi, durante i quali una parte dei verbali elevati con autovelox è stata annullata dai giudici per vizi di forma o per carenze documentali. L’intento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è riportare il sistema a un equilibrio virtuoso: l’autovelox deve essere un mezzo di prevenzione, non una trappola fiscale.