Bianchi 175 Sport Freccia d’Oro: la storia della moto di Benito Mussolini

La Bianchi 175 Sport Freccia d’Oro è stata la moto di Benito Mussolini

Foto di Alex Ricci

Alex Ricci

Divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Che fosse un modello abbastanza comune e conosciuto degli anni trenta non è un segreto e le molte testimonianze che emergono ancora oggi tramite documenti, pubblicità, foto dell’epoca e annunci di vendita di pezzi completi o ricambistica originale ne sono la prova. Ma a rendere nota la Bianchi 175 Sport Freccia d’Oro è stata, soprattutto fra gli storici, la figura di Benito Mussolini. Già Duce degli italiani, amava mostrarsi in pose altere, a cavallo, animale che sapeva montare, di cui possedeva più esemplari e vi sono varie immagini che lo ritraggono sprezzante cavaliere in uniforme militare, vestito da parata, con il pugnale sguainato, o in abito borghese. Alle mosse ardimentose si aggiunge il motociclismo e nel 1931, Mussolini si affilia al Moto Club d’Italia da cui riceve la tessera numero uno, il fascismo sdogana definitivamente la motocicletta “temuta e aborrita dai pusillanimi” e conquista il Capo del Governo che “Ha voluto concedere al poderoso esercito dei motociclisti italiani l’altissimo onore di appartenerVi anche praticamente”, come si legge in un comunicato ufficiale di allora.

Come era la moto di Mussolini

La Bianchi Freccia d’Oro, targata “1 Roma”, era diventata la protagonista delle sue uscite in moto, più private che ufficiali, perché contrariamente a quello che si pensa, pare che la passione si fosse realmente impossessata del personaggio. Dotata di un motore da 173 cc, quattro tempi, monocilindrico raffreddato ad aria, il cambio a tre marce era comandato a mano e posizionato lateralmente a destra del telaio. La forcella era in lamiera di acciaio stampato con ammortizzatore e le ruote da 19’ x 2½. Come tutte le moto moderne aveva già il serbatoio a sella, cromato con grafica oro e laterali paglierino, con capacità 7 litri, mentre 1 kg era la capienza del serbatoio dell’olio. La sella originale era di tipo Terry, con supporti a ponte, il portapacchi posteriore usciva già corredato di borsette laterali e il cavalletto centrale completava la dotazione base. L’impianto elettrico era da 6 volt-30 Watt, ma fanale e trombetta elettrica erano a parte. Costava 3.600 lire e come tutte le Bianchi, veniva venduta con una ricca trousse di attrezzi e pompa per i pneumatici

Le moto non erano alla portata di tutti, ma stavano guadagnando sempre più popolarità e da un dato dell’epoca, nella sola regione Piemonte se ne contava comunque una ogni 181 abitanti. Era anche il periodo delle grandi manifestazioni motoristiche come la Liegi-Milano-Liegi, una corsa massacrante di più di 2.000 chilometri da percorrere alla media dei 50 km/h e senza sosta. Dei diciannove partenti del 1931, solo dodici tagliarono il traguardo.

Il fascismo, per vari interessi, valorizzava ogni esibizione ardimentosa e la guida della motocicletta lo era. Con una campagna di agevolazioni, promosse chi produceva piccole ed economiche cilindrate, a cui lo stato dava contributi e la richiesta di costruire una moto del popolo. La domanda fu accolta dalla Moto Guzzi che nel 1939 mise in produzione il modello Ardetta da 250 cc, economica e con il telaio stampato. Pensata con l’idea di essere la motocicletta per tutti, doveva servire ad un paese che si stava infilando dentro una profonda crisi.

La versione più sportiva

Ci fu anche una versione più sportiva chiamata Egretta, tutta nera, voluta direttamente da Mussolini e che venne denominata PL “Faccetta nera” come la canzone celebrativa delle conquiste in Abissinia. Era stata voluta anche per la grossa presa che la moto esercitava sulla gente e il suo potere propagandistico. Eppure, la passione del leader fascista è stata più volte confermata da episodi di vita personale in cui in sella alla Freccia d’Oro andava a trovare persone della vita privata, quasi volendo sfuggire agli impegni pubblici, evadendo dalla condanna di vertice di uno Stato che il potere si sarebbe poi definitivamente mangiato, come era chiaro.

La storia di Mussolini e del fascismo termina con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, ma le motociclette hanno ormai un ruolo ben definito anche nel conflitto mondiale. Le grandi case italiane come Benelli, Moto Guzzi, Sertum, Gilera, M.A.S., si prestano alla produzione militare e così anche la Bianchi proponendo un modello commerciale da 500 cc, convenientemente trasformato per gli usi delle forze armate. Fu collaudata al circuito dell’Idroscalo di Milano prima di partire per il fronte, soprattutto in Africa dove, con un ultimo atto di attenzione verso le moto, il Duce creò una rete di scambi e mediazione di moto nelle colonie.

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