Durante le vacanze vi sarà capitato d’incontrare tanti motociclisti, soprattutto lontani dalle autostrade, lungo quella rete di statali e provinciali che incorniciano le regioni d’Italia e d’Europa. Con un po’ di fortuna e attenzione, avrete sicuramente notato un gesto alquanto consolidato. Due dita verso il centro della strada, esposte a mezz’altezza, timide e schive o larghe e robuste che identificano il saluto dei motociclisti.
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La tecnica non è tutto
Come tutte le passioni, anche andare in moto porta a conoscere un linguaggio che va oltre quello tecnico, che mette in comunicazione individui sconosciuti, di estrazioni sociali e culturali diverse, ma che hanno tanto in comune. Non c’è condizione atmosferica o data del calendario che possa sovvertire la sensibilità del motociclista nel voler riconoscere sé e la propria passione nell’altro, definendo il saluto del motociclista un marchio di fabbrica, simbolo di appartenenza a vanto di civiltà.
La suggestione più grande è però capire se quel saluto voglia dire sempre la stessa cosa, o se i significati possano essere diversi. C’è chi saluta perché vede negli altri un popolo a cui appartiene, alcuni augurano un buon viaggio senza sapere motivo e destinazione, mentre altri ancora lo fanno come per dire: “ciao, anche tu qui”, ovviamente. I motivi possono essere molti e uno, ovvero che andare in moto accomuna e quel saluto ancor di più.
Tanto che si sono creati piccoli miti e leggende a riguardo ad esempio che, quelli sull’Harley o quelli con il BMW, non salutino tutti o non sempre salutino e che preferiscano socializzare con i loro compagni di marca. Teorie infondate poiché non si può sapere con certezza se chi guida una Honda CBR 1000, non possa avere nel proprio garage anche una 883, chi viaggia su una tedesca non sia comunque un amante delle sportive italiane o giapponesi, o chi vediamo in sella ad una KTM, debba per forza disdegnare una bella Moto Guzzi.
Un piacere diventato tradizione
Abbandonando questi fragili stereotipi, si può semplicemente constatare che ai motociclisti piace salutarsi e ne hanno fatto una tradizione. Il senso più plausibile per cui un saluto può non essere ricambiato sta nel dover stare attenti alla guida, con i comandi sotto controllo, le mani sul manubrio e lo sguardo già sull’uscita dalla curva, oltre a chi ci precede.
Si tratta di una pratica molto simile a quello che avviene lungo i sentieri di montagna dove escursionisti e camminatori si salutano tra chi sale chi scende. Molto spesso, la meta di questi alpinisti è raggiungere un rifugio e il meritato ristoro. Stessa cosa capita sui passi di montagna, che solitamente vedono torme di motociclette parcheggiate davanti al bar o la trattoria del luogo, veri e propri punti di riferimento per i motociclisti del fine settimana, o per i grandi viaggiatori che approfittano di un caffè o un panino seduti all’ombra, prima di riprendere il cammino.
In conclusione, se questo modo di rapportarsi con chi incontriamo in moto fosse esteso a tutte le attività della nostra vita e non circoscritto al solo viaggiare in moto, probabilmente ci sarebbe più educazione e rispetto. Un atteggiamento che non contempla il bisogno di essere migliori, di prevalere tra esseri della stessa specie, ma sarebbe una sfida vinta con se stessi e un’indubbia crescita.
Un legame con un mondo spesso meraviglioso in cui, di tutte le categorie che si muovono lungo le strade, solo i motociclisti vantano un saluto così popolare, un codice inimitabile come questo del gesto con la mano. Basta prendere la moto e percorrere pochi chilometri per confermare quest’invidiabile certezza.