Tra film e serie tv, le moto Triumph che hanno fatto la storia

Un breve viaggio nel mondo Triumph visto in celluloide

Foto di Alex Ricci

Alex Ricci

divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Pubblicato: 20 Gennaio 2023 12:01

Tra film e serie tv, le moto Triumph hanno tutt’ora una longeva carriera cinematografica. Che si tratti di una pellicola “cult”, o di un semplice telefilm, le moto britanniche più vendute al mondo sono sempre protagoniste. Sarà per lo stile intramontabile di Bonneville e Scrambler, sarà per il look adatto a tutte le situazioni e quell’aria da motociclista vissuto che ne conferisce il genere, che nel tempo sono state sempre maggiormente utilizzate per caratterizzare i personaggi più diversi. Con questo articolo, facciamo un breve viaggio nel mondo Triumph visto in celluloide.

LA MOTO DI JOHNNY IL SELVAGGIO (The Wild One – 1953)

La Triumph Thunderbird 6T è la moto di Johnny “Il Selvaggio” interpretato nell’omonimo film da Marlon Brando. La pellicola di Làzlò Benedek pare fosse ispirata ad un fatto realmente accaduto a Hollister in California nel 1947 quando un gruppo di motociclisti: il “Black Rebel Motorcycle Club” si scontrarono con una banda di Harleysti in occasione di una corsa stradale.

I componenti della banda di Johnny guidano tutte moto inglesi e la Thunderbird 6T è stata una delle motociclette più veloci e prestazionali oltre che bella e sportiva di quel periodo. Emblema di ribellione giovanile, come spesso accade, in questo film la motocicletta come modello preciso centra poco. Il contesto è quello dei biker che scorrazzano per le assolate strade californiane tra bar, scorribande e il cinema offre uno spaccato di bullismo tipicamente grezzo e dannato dei ragazzi sbandati e rissosi. Dopo il secondo conflitto mondiale, i reduci dovettero fare i conti con una società dura e molti di loro, spesso giovani, si trovarono soli e senza fissa dimora, con una moto recuperata come unico patrimonio, costretti a riunirsi in bande con regole e conflitti per sopravvivere.

La moto quindi è solo un pretesto per introdurre il vero tema del film, ma il pubblico ha apprezzato così profondamente che da questo capitolo cinematografico è partito il mito del motociclismo come atto di evasione, libertà e anticonformismo. Triumph conserva nella gamma di modelli più classici lo stile dell’epoca, laddove le prestazioni pur sempre migliorate grazie ai vari aggiornamenti tecnici, rimangono fedeli alle prime moto sportive inglesi usate per la maggior parte del ‘900. Il merito della Thunderbird e del film di Benedek è quello di aver lanciato un messaggio, un tema che nel tempo verrà proposto e riproposto in più occasioni.

LA GRANDE FUGA (The Great Escape – 1963)

Dieci anni più tardi dall’uscita de Il Selvaggio, è nuovamente Triumph (non pubblicizzata e sotto mentite spoglie), protagonista di un film che ha fatto storia, “La Grande Fuga”. Il cast è composto da attori importanti per il genere come James Coburn, Charles Bronson e James Garner, ma il personaggio cult della vicenda è chiaramente Steve McQueen. La trama si svolge in un campo di prigionia nazista nel 1942, dove sono stati radunati prigionieri che in precedenza hanno già tentato l’evasione. Tuttavia, l’intento dei tedeschi è quello di dissuadere questi recidivi della fuga dal tentare nuove imprese, con un regime di detenzione non troppo duro. Il tentativo fallisce e i vari esperti si mettono insieme per realizzare tre tunnel di cui poi solamente uno verrà utilizzato.

La scena più celebre di tutto il film diretto da John Sturges è ovviamente quella con Steve McQueen che prova a sfuggire in sella ad una moto della Wermacht. Per procurarsela, tende un filo tra due paletti lungo una strada dove sta sopraggiungendo un militare in moto che cade e presumibilmente perde i sensi dato, che McQueen si mette anche la divisa del nemico. Con tanto di elmetto in testa, l’eroe scappa in incognito, ma al primo posto di blocco viene colto sul fatto e fugge inseguito da altre moto e sidecar. La scena, della durata di quasi sette minuti, continua con il buon Steve che, smessi anche i panni del nazista, si fa riconoscere dal pubblico come il grande motociclista che è stato. Per scelta però, la produzione e il regista assegnarono le evoluzioni più pericolose al pilota e stuntman Bud Ekins, compreso il famosissimo salto oltre i reticolati di filo spinato.

Le moto utilizzate nel film non sono però le Zündapp o le BMW in dotazione alla Wermacht durante la guerra, ma bensì tutte Triumph T6 Trophy. Seppur abilmente camuffate, la natura di questi mezzi non può sfuggire ad un occhio esperto e si coglie subito che nessuna ha il motore bicilindrico boxer laddove, fatta eccezione per la Zündapp K 500, tutte le altre montavano. Inoltre, i comandi stessi al manubrio rilevano una certa modernità non ancora raggiunta nel 1942. Emblematiche poi sono le forcelle anteriori telescopiche tipiche delle scrambler anni sessanta e non il sistema a parallelogrammo di molti modelli tedeschi dell’epoca, obsoleto come i pesanti telai a doppio trave. In evidenza anche la mancanza del sistema di trasmissione finale a cardano. In questo caso, l’antistoricità dei mezzi a disposizione è comunque ricompensata da uno spettacolare salto che resterà per sempre scolpito nell’immaginario collettivo.

UFFICIALE E GENTILUOMO (An Officier and a Gentleman – 1982)

In “Ufficiale e Gentiluomo” Richard Gere guida una Triumph Bonneville 750 T140E, versione cruiser e meno conosciuta dalle nostre parti dell’intramontabile Bonneville e che ben si adatta al genere da sempre in voga negli Stati Uniti. Manubrio alto, forcella inclinata e cromature la fanno somigliare molto ai custom americani, anche in questo caso scartati come moto del protagonista e rivisitare il “mito” Triumph già espresso nei precedenti film.

Un’associazione perfetta che nel 1982, anno d’uscita nella sale, connotava Gere come ennesimo bello e anticonformista della storia. Romantico e molto attraente, il protagonista è Zack Mayo, un allievo del corso piloti della Marina USA che dopo il suo arrivo alla base di addestramento intreccia la vita del campo con quella amorosa per una ragazza del luogo, Paula. Tra prove da superare, durezza del sergente istruttore dei Marines Foley e una serie di fatti che segnano il carattere e la disciplina del giovane militare, arriverà al termine del corso maturato e preparato ad una nuova vita. La moto, anche qui unico mezzo del protagonista, è presente soprattutto nella seconda parte del racconto ed è un elemento perfetto per Mayo che nel finale, come un principe azzurro nelle migliori fiabe, la guida fino alla fabbrica dove lavora la fidanzata per prelevarla e portarla con sé verso un futuro insieme.

Prodotta dal 1977 al 1988 la Triumph Bonneville 750 T140E è stata progettata e pensata per il mercato americano. Dotata di un bicilindrico parallelo da 744 cc che sviluppava 49 Cv a 6.500 giri era e rimane una delle più belle moto uscite dalla fabbrica di Coventry. I dettagli erano però in gran parte superati per il periodo in cui venne commercializzata e questo ha certamente favorito l’esplosione delle giapponesi anni ottanta, decisamente migliori in tutto. Da notare che, i cerchi a razze erano già in disuso sulle moto di grossa cilindrata, in favore delle leghe leggere. Si nota come nella moto delle riprese, il freno anteriore sia composto da un sistema a disco, mentre nell’immagine del manifesto e delle copertine di DVD e Blue Ray, la ruota anteriore abbia ancora il vecchio sistema a tamburo.

LE REGOLE DEL GIOCO (Lucky You – 2007)

Il protagonista di questa pellicola del regista Curtis Hanson, interpretato dall’attore australiano Eric Bana, è un giocatore di poker incallito che si guadagna da vivere utilizzando la sua bravura al tavolo verde e ripulendo gli avversari al texas hold’em. Per muoversi a Las Vegas, si serve di una Triumph, il cui modello somiglia molto alla Thruxton 900, modello uscito negli anni delle riprese del film, ma questa versione è sprovvista di parti speciali come il cupolino o “l’unghia” che ricopre il posto del passeggero in stile cafè racer, sembrando più comunemente una Bonneville dotata di semimanubri.

La bellissima moto non c’entra niente con la trama del film, ma funziona da elemento di rottura rispetto allo stereotipo del giocatore d’azzardo, ben vestito, di solito abbastanza borioso e tradizionalmente amante del lusso e della vita effimera, mentre Bana si porta a spasso una bella Drew Barrymore acqua e sapone, sulla lunga sella tipica delle classiche moto inglesi.

La Triumph Thruxton 900 cc è ormai stata sostituita dalla più grossa 1200 cc, ma questa precedente poteva raggiungere la velocità di 191 km/h con una potenza di 58 CV circa a 7350 giri per un peso di 212 kg a secco. Guardando il film e seguendo la storia di questo campione del poker alla texana non si può fare a meno di notare quanto la scelta della moto sia stata più che azzeccata, dato che nel deserto del Nevada, dove sorge la più famosa città del gioco, è stato da sempre terreno di scorribande di motociclisti più o meno legali e che quando si tratta di anticonformismo, Triumph ottiene sempre un occhio di riguardo.

IL COMMISSARIO MANARA (2009 – 2011)

Questa volta usciamo dai cinematografi e ci mettiamo comodamente sul divano di casa e accendiamo la rete nazionale. E’ infatti una fiction prodotta per la Rai in due sole stagioni, tra il 2009 e il 2011, dal titolo “Il commissario Manara”, che ci offre forse l’unico esempio di personaggio italiano in sella ad una Triumph Bonneville T100 black. L’attore Guido Caprino, protagonista della serie è il poliziotto Luca Manara che giunge in una località dell’Argentario per prendere il comando di un piccolo commissariato molto attivo nella zona, che lo vedrà impegnato in indagini e avventure emozionanti. Giunto a destinazione con la sua Bonneville, svolgerà il proprio lavoro sempre in sella alla moto inglese, svincolandosi dai mezzi d’ordinanza in dotazione al suo reparto. Tra inseguimenti e spostamenti di lavoro, si reca sulla scena del crimine in moto lungo strade e tratti di sterrato.

Anche la Triumph Bonneville T100, nella versione “black” è una moto, per caratteristiche non convenzionale, intrisa di linee classiche che non passano mai di moda. Lo stratagemma è lo stesso del cinema e punta ad ottenere l’effetto di connotazione del personaggio. Abituato a non seguire le regole, intelligente, maldestro e per nulla intimidito dagli schemi del proprio mestiere, Manara è accattivante e questa moto lo rende quindi diverso in partenza, più simile ad un antieroe che ad un paladino della legge ed esula da quello che per tutti potrebbe essere un ingessato funzionario di polizia.

Con questi ingredienti, la serie ha goduto di un relativo successo anche tra i non amanti del genere, che si sono appassionati per l’accostamento del personaggio al mondo della moto e del motociclismo di molte persone comuni. Non importa quindi che nello sceneggiato le giornate siano baciate da un sole mediterraneo di prim’ordine e ogni occasione sia ottima per uscire in moto. Non importa se il protagonista è sempre pronto ad inforcare la sua Triumph con un semplice casco jet e un paio di occhiali a goccia e ancor meno se ha sempre con sé un casco di riserva per eventuali passeggeri; questo è il personaggio cucito intorno a una bella moto. E lo stereotipo del bello e dannato che in altri casi scricchiola, qui è stato ben calibrato.

Nonostante qualcuno abbia fatto notare che la moto usata per la serie ha i cerchi in lega e non i più classici a razze, questo modello è bellissimo, ed è l’essenza della Bonneville come l’intende Triumph. Senza fronzoli estetici, essa possiede il massimo del minimo, che evidenzia il carattere e la bellezza delle moto inglesi. Raffreddato ad aria il bicilindrico parallelo fronte marcia da 67,98 Cv è classico evocativo e sempre alla moda, che riesce ad ispirare ancora il mondo e la sua immagine e continua ad ispirare motociclisti di tutte le età, che ad una moto così, difficilmente restano indifferenti.

Concludendo, Triumph ha nella sua storia il pregio di aver fatto “recitare” le proprie moto in film di largo successo e aver ispirato scrittori e produttori televisivi. Una popolarità che, come spesso accade, viene celebrata con un riconoscimento pubblico e chissà, se a Hollywood hanno già pensato di mettere una stella in più sulla celebre Walk of fame?