Ferrari ha perso un’ottima occasione a Las Vegas. Il recupero di 12 lunghezze sulla McLaren è positivo sino a un certo punto, in quanto la scuderia di Woking si è persa nello speedway del Nevada. I britannici hanno sofferto in qualifica e pure sulla distanza dei 300 km, dove non sono mai riusciti a estrapolare la performance. Tenendo a mente che il tracciato statunitense era l’ultimo in cui le MCL38 potevano avere problemi, il quadretto a due gare dal termine si è complicato per la rossa. A cominciare dal prossimo Gran Premio del Qatar, con tanto di Sprint Race al sabato, dove le vetture color papaya partono con il favore del pronostico, considerando layout e caratteristiche dell’auto inglese.
L’overperformance della Mercedes era in parte attesa. Si sapeva che le W15 potevano esaltarsi con le basse temperature. Ciò malgrado, nessuno attendeva un dominio così schiacciante anche in gara, dove le monoposto tedesche hanno mostrato un rendimento davvero sopra le righe. La corsa di Hamilton è la fotografia perfetta in tal senso. Il talento di Stevenage partiva dalla decima piazza, per via di un paio di sbavature nella Q3 che lo hanno relegato in quinta fila. Eppure la sua corsa è stata piuttosto “semplice”. Una rimonta che ha messo in luce la capacità della W15 di amministrare le coperture, sia per l’attivazione che per il mantenimento della finestra di utilizzo.
F1, Ferrari ha capito come usare le gomme solo nel 3° stint di Las Vegas
Se Mercedes è andata liscia sul fattore pneumatici, lo stesso non possiamo sostenere per la Ferrari. Il Cavallino Rampante aveva studiato parecchio questo tema, proprio per non incappare in una situazione del genere. E invece il teamdi Maranello casca un’altra volta sulla gestione dei compound. C’è però una scusante che, in parte, salva la faccia al reparto che si dedica alla dinamica del veicolo. I tratti distintivi della SF-24 riguardo agli schemi sospensivi sono oramai noti. In normali condizioni ambientali, Ferrari ha imparato a contenere il degrado delle gomme. Purtroppo però, quando la colonnina di mercurio scende, le qualità cinematiche della vettura italiana non aiutano affatto.
Abbiamo riprodotto la dashboard del volante Ferrari. L’immagine a seguire riporta i valori che il pilota vede sul volante. Tra questi, i dati riguardanti le gomme inseriti nelle quattro caselle attorno alla scritta “gear” (marcia), che indicano il delta di temperatura di ambedue gli assi della monoposto rispetto al target prefissato dal team. Anzitutto va ricordato un fatto: quando abbandonano la pit-lane, le gomme sono ben lontane dal grip necessario. Questo poiché le termocoperte scaldano le mescole sino a 70°. La restante temperatura, almeno 30° nel caso delle Hard, viene immessa tra battistrada e carcassa girando in pista, realizzando il corretto ciclo di isteresi durante il quale avviene la deformazione dello pneumatico e l’aderenza delle coperture aumenta.
Ferrari, sino all’ultima sosta, non è stata capace di eseguire al meglio tale pratica. Per cambiare le sorti della gara, i piloti sono stati istruiti in merito al lavoro da svolgere. A differenza del cambio gomme precedente, questa volta va in scena una “slow introduction” fattuale. Un provvedimento che, se da una parte ritarda l’attivazione dall’altra evita di sovraccaricare eccessivamente il compound riducendone la vita utile. Inoltre, per evitare l’asincronia di temperatura sull’avantreno, i piloti della rossa hanno realizzato un certo power management nelle curve a sinistra, in quanto il layout del circuito americano “immette” più energia sullo pneumatico destro. Viene fissato quindi un lap time, pari a 1:37,5s, considerata l’andatura perfetta per centrare l’obiettivo.
L’intervento più complicato riguarda l’attivazione dell’anteriore sinistra, che tende a raffreddarsi maggiormente sulle rette rispetto allo pneumatico dello stesso asse. Ecco perché si sceglie di limitare l’angolo volante nei tratti guidati. Anche le fasi di accelerazione sono state monitorate, alzando leggermente il piede in determinate zone della pista per non “aprire il graining”. Parliamo di un fenomeno che nasce da una temperatura troppo bassa, che fa scivolare le coperture, crea uno strato di gomma abrasa che si fissa sul battistrada e riduce il grip. I ferraristi sono riusciti nell’intento di stabilizzare la surface temperature, mossa che ha fornito la giusta aderenza alla monoposto e di riflesso più prestazione alla vettura.
F1, la presunta guida tendenziosa di Sainz che insospettisce i tifosi di Leclerc
Leclerc ha sbottato in radio. Lo ha fatto poiché Sainz non avrebbe rispettato la strategia decisa nei briefing della domenica mattina, dove si ipotizza una tattica in base allo svolgimento della corsa. Nel 3° stint lo spagnolo si ritrova davanti a Leclerc, appena rientrato in pista dalla sua ultima sosta avendo allungato il suo run. Charles stava mettendo in pratica la suddetta slow introduction, mentre Sainz, con già quattro tornate sul groppone, aveva già espletata gran parte di questo lavoro. Per questo era più rapido e, arrivato negli scarichi della numero 16, passa il compagno senza pensarci troppo. È proprio questo il motivo dello sfogo a fine gara via radio. All’interno di tale scenario va detto che Adami avvisa sì Sainz, ma lo fa in ritardo, quando il sorpasso era praticamente già in atto, con questo messaggio: “Do not put him under pressure”.
C’è poi un’altra questione che va dipanata, andata in scena quando Sainz ha superato Verstappen acciuffando il terzo posto. Ci riferiamo all’handling dell’iberico in curva 10 che, dal giro 41 al 47, alza il piede parzializzando con l’acceleratore. In molti hanno supposto che la manovra di Carlos fosse finalizzata a perdere tempo per mantenere Max vicino, concedergli sempre il DRS e far sì che Leclerc non potesse attaccare l’olandese sulle rette. Un po’ quello che fece la passata stagione con Norris a Singapore. Tuttavia, a sua discolpa, va detto che il muretto gli ha chiesto di farlo al giro 40. A seguire, potete ascoltare l’audio che conferma quanto detto: “Earlier lift into 10 to keep the front sliding“.
Al netto dei fatti, va pure ricordato che Sainz è poi riuscito a scrollarsi di dosso l’attuale quattro volte campione del mondo di F1, su preciso ordine del suo ingegnere. Carlos ha “obbedito”, malgrado abbia impiegato ben cinque tornate per farlo. Passaggi nei quali si è lamentato del fatto che, migliorando il suo passo, nella tornata successiva sarebbe stato lento “aprendo il graining.” Per ultimo, un’altra nota curiosa: appena Max non ha più potuto usare l’ala mobile, finalmente arriva il sorpasso di Leclerc. Momento in cui, senza che il muretto abbia detto nulla, l’iberico non alza più il piede in curva 10 e spinge al massimo per i restanti quattro giri. Lasciamo a voi giudicare i fatti, considerando che l’unica vera colpa provata è il sorpasso ai danni del compagno dopo la sosta, mentre per il resto l’alibi perfetto fa presenza…