Il mercato cresce sempre di più. E sempre più in fretta. Tanto che non sembra più così lontano quel momento in cui il numero di auto elettriche vendute sopravanzerà quello delle auto con motore a combustione. Lo dicono le previsioni dei massimi dirigenti dell’industria automotive mondiale, suffragate da dati di vendita sempre più importanti.
Eppure c’è un ostacolo, non del tutto imprevisto, che potrebbe rallentare quella che sembra ormai una corsa inarrestabile: il litio. Questo minerale è infatti fondamentale per la realizzazione di batterie sempre più capienti ed efficienti. Insomma, è fondamentale per garantire un’autonomia quanto più estesa possibile. Non ci si deve stupire, dunque, se nell’ultimo decennio si è scatenata una vera e propria corsa al litio che vede i produttori di auto europei in mezzo a due fuochi.
Corsa al litio: prezzo raddoppiato e problema approvvigionamenti
L’inizio di questo terzo decennio del XXI secolo sarà ricordato, quanto meno dai produttori auto, per una sequenza apparentemente interminabile di “emergenze”.
Prima il Covid-19, che ha di fatto messo in stand-by l’intero settore per mesi e mesi, poi la crisi dei semiconduttori, che ancora oggi ha effetti sui tempi di consegna dei nuovi veicoli; ora l’impennata dei prezzi del litio, che potrebbe incidere negativamente sulla capacità di produzione delle auto elettriche.
Nel corso del 2022, infatti, il prezzo del minerale è cresciuto in maniera considerevole. A fine anno, il costo per tonnellata ha superato i 70 mila dollari, esattamente il doppio rispetto all’inizio dell’anno. Un aumento che finirà con l’incidere sia sui prezzi delle auto, sia sulla capacità di approvvigionamento da parte dei produttori.
Gli USA inseguono la Cina. L’Europa guarda?
In questo scenario economico – e politico – la Cina ha conquistato una posizione di vantaggio apparentemente difficile da ribaltare. Il colosso asiatico ha infatti stretto diversi accordi commerciali con alcuni dei maggiori Paesi produttori così da alimentare la sua industria automobilistica (e non solo).
A oggi, infatti, la Cina ha l’80% della capacità globale di lavorazione dell’idrossido di litio. Grazie ai già citati accordi sottoscritti con Paesi africani e sudamericani (dove i vincoli estrattivi sono differenti rispetto a quelli statunitensi ed europei), l’industria automobilistica e tecnologica cinese può contare su un acceso quasi illimitato ai minerali critici per la filiera produttiva di batterie e veicoli elettrici. La costante crescita dei produttori auto cinesi, pronti a invadere anche il mercato occidentale, è dovuta proprio a questo.
Per recuperare il terreno perso, gli Stati Uniti hanno recentemente promulgato l’Inflation Reduction Act, che garantisce quasi 400 miliardi di dollari in sussidi “verdi” per aziende operanti nel territorio degli Stati Uniti. A questi si aggiungono 2,8 miliardi di dollari recentemente erogati ad aziende che lavorano nella filiera dei veicoli elettrici. Per sopperire alla mancanza di materia prima, inoltre, l’amministrazione Biden si sta muovendo per accelerare le tempistiche di rilascio delle autorizzazioni di nuovi impianti di estrazione di litio in territorio statunitense e per la creazione di nuovi impianti di lavorazione del minerale.
L’Europa, almeno per il momento, sembra che resti a guardare. L’opposizione delle popolazioni locali ha infatti frenato (se non addirittura definitivamente stoppato) l’apertura di impianti estrattivi e di raffinazione in diverse parti del Vecchio Continente, mentre di sussidi in stile statunitense ancora non se ne parla. Insomma, nella corsa al litio i produttori di auto europei potrebbero essere quelli più penalizzati.