La mossa dell’Europa contro l’invasione di auto elettriche cinesi

L’Unione Europea si appresta ad adottare delle contromisure per l’invasione in massa delle auto elettriche cinesi: i dazi potrebbero arrivare già a luglio

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

L’ombra dei dazi anti-sovvenzioni incombe sulle auto elettriche cinesi. A seguito di un’indagine durata mesi, l’Unione Europea ha trovato prove attestanti l’erogazione di sussidi illegali da parte di Pechino alle rispettive rappresentanti, distorcendo la concorrenza nel Vecchio Continente. La Commissione UE ha annunciato che il 7 marzo inizierà a registrare le importazioni di BEV della Repubblica del Dragone. Una mossa preliminare all’introduzione di dazi retroattivi, qualora l’ente comunitario decidesse di applicarli.

Si corre ai ripari

La netta presa di posizione deriva pure dai precedenti riguardanti il Paese asiatico. Nella fattispecie, ci riferiamo alla politica aggressiva adottata con i pannelli fotovoltaici, dove ha maturato una sorta di monopolio. A suon di sostegni pubblici, le aziende di settore hanno potuto applicare dei prezzi imbattibili per le start-up continentali, fino alla totale resa.

Tra le autorità serpeggia il timore di vedere auto elettriche cinesi proposte a prezzi stracciati, in grado di danneggiare irreparabilmente l’industria locale. Tra ottobre 2023 e gennaio 2014, le importazioni hanno riportato un incremento dell’11%, con un trend preoccupante, reo di porre a repentaglio posti di lavoro e la produzione interna.

Le dichiarazioni rilasciate dalla presidentessa della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, avevano indispettito lo Stato orientale, che lo aveva definito un atto di proibizionismo. Tra i principali detrattori rientra la Francia, che – riferiscono delle voci di corridoio – avrebbe insistito parecchio affinché venissero presi dei provvedimenti. Una tesi mai confermata dalle parti in causa, almeno direttamente, perché la mancanza inclusione delle auto elettriche cinesi nel leasing sociale (rivelatosi un enorme successo) sembra avvalorare la teoria.

La reazione delle autorità cinesi

L’UE sta valutando diverse contromisure per proteggere il mercato interno e le sue aziende. Introdurre dei dazi mirati costituisce una delle opzioni maggiormente vagliate, nel tentativo di livellare il campo da gioco e ripristinare una concorrenza leale. Mentre attendiamo di apprendere delle notizie ufficiali, la reazione della Cina non si è fatta attendere, mediante l’avvio di un’indagine del brandy importato dall’Europa, in segno di ritorsione contro le recenti manovre. Fiutando l’aria di tempesta, i relativi marchi delle quattro ruote hanno già cominciato ad adottare delle risposte.

Certe compagnie, tipo BYD, hanno deciso di delocalizzare l’attività nel Vecchio Continente, in modo da evitare i dazi e portare avanti la propria offensiva. E il feedback dei gruppi tradizionali? È divisivo, perché alcuni di essi hanno cominciato a intrattenere dei serrati rapporti insieme ai presunti rivali. Stellantis, ad esempio, ha acquisito una quota della partecipazione azionaria in Leapmotor, allettata dalla possibilità di fruire della relativa piattaforma. Il bagaglio di competenze sviluppato nella realizzazione delle BEV, fa, infatti, parecchio gola.

Nelle scorse settimane è, oltretutto, circolata l’indiscrezione secondo cui i futuri modelli di Leamotor saranno commissionati allo stabilimento di Mirafiori, a Torino. Lo scenario, né confermato né smentito da portavoce ufficiali, consentirebbe di aumentare la tiratura produttiva del gruppo, in vista dell’obiettivo di un milione di auto all’anno fabbricate nella nostra penisola entro la fine del decennio. Che l’amministratore delegato del conglomerato, Carlos Tavares, ha da poco ribadito in un intervento ai microfoni, spegnendo le polemiche circa il presunto disinvestimento dal Belpaese.