Rivolta nel carcere di Marassi di Genova per uno stupro, Ministero avvia le indagini sulle presunte sevizie
Aperte le indagini sulla rivolta avvenuta nel carcere di Marassi a Genova, scatenatasi dopo lo stupro di un giovane detenuto
Un giovane detenuto del carcere Marassi sarebbe stato vittima di stupro e sevizie da parte dei compagni di cella. Il caso ha scatenato la rivolta nella prigione di Genova. Sul caso indagano la Procura del capoluogo ligure e il ministero della Giustizia. L’inchiesta si concentra sulle azioni dei presunti aggressori e sulle eventuali responsabilità del personale penitenziario, che non si sarebbe accorto di nulla.
Stupro e sevizie in cella
Un giovane appena maggiorenne, arrivato nel carcere di Marassi in attesa di giudizio, sarebbe stato vittima dell’aggressione di alcuni detenuti.
Il ragazzo sarebbe stato stuprato e aggredito da quattro uomini, tatuato in volto e sequestrato per più di 24 ore.
ANSA
Le sevizie sarebbero iniziate domenica pomeriggio, per concludersi soltanto nella mattinata di martedì.
Soltanto dopo la vittima è stata soccorsa e condotta presso l’ospedale San Martino, dove si trova ricoverata.
Rivolta a Marassi
A seguito dell’aggressione del nuovo arrivato, nel carcere di Marassi è iniziata una protesta cui hanno preso parte centinaia di detenuti.
Nel corso della rivolta, i carcerati hanno danneggiato celle e aule scolastiche, rovesciando tavoli, sedie, mensole, armadi e scaffali.
Circa dieci uomini sono poi saliti sul tetto dell’istituto detentivo, proseguendo le proteste dal muro di cinta.
Quattro agenti sono rimasti feriti, nessuno in maniera grave. La direttrice Tullia Ardito ha tentato una mediazione, ma senza risultati.
I disordini si sono conclusi nel giro di un paio di ore, quando i detenuti sono rientrati spontaneamente nelle celle.
La procura di Genova ha definito la rivolta di Marassi un “atto di solidarietà” tra detenuti.
Le indagini sul carcere di Genova
Sul caso sono state avviate le indagini da parte della Procura di Genova e del ministero della Giustizia.
Dopo aver ascoltato il racconto della vittima, per i quattro detenuti autori dell’aggressione si ipotizza il reato di tortura.
Gli indagati sono stati posti in isolamento, separati e condotti in diverse carceri al di fuori della Liguria.
Le indagini si concentrano anche sulle eventuali responsabilità del personale penitenziario, che non avrebbe fermato l’aggressione per volontà o disattenzione.
In corso, a seguito delle proteste del 4 giugno, anche un’inchiesta del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Fabio Pagani, coordinatore ligure di Uilpa, l’organizzazione sindacale della polizia penitenziaria, ha chiesto le dimissioni della direttrice di Marassi Tullia Ardito.
