Italia sfida l’UE, no allo stop a diesel e benzina nel 2035

Il Governo cercherà di convincere il prossimo 25 settembre gli altri Paesi europei ad anticipare la revisione dello stop ai motori a benzina e diesel nel 2035

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 10 Settembre 2024 07:30

L’Italia non si rassegna a salutare i motori termici. In occasione del Workshop Teha di Cernobbio, Adolfo Urso, presente all’incontro con Matteo Salvini, ha annunciato la missione che lo attende il 25 settembre. Durante un vertice sul settore automotive promosso dall’Ungheria, proverà a persuadere gli altri Paesi UE circa la necessità di anticipare le discussioni sullo stop a benzina e diesel.

Bocciata pure dalla premier, Giorgia Meloni, la storica svolta annunciata dalla Commissione Europea riscuote parecchio scetticismo. E le riserve provate dall’esecutivo motivano le pressioni esercitate nel cancellare il provvedimento. Per quanto manchino ancora oltre 10 anni alla deadline fissata, i player della filiera dovranno attrezzarsi presto e fornire loro delle risposte certe li aiuterebbe a ponderare gli investimenti.

Incontro da anticipare

In principio fissato per il 2026, nell’ambito del Green Deal dell’UE, il ministro delle Imprese e del Made in Italy confida di anticipare la revisione all’inizio del 2025. Il giorno successivo porterà la proposta anche al consiglio comunitario sulla competitività. Ai microfoni ha definito il problema non solo italiano, ma europeo, citando, a sostegno della propria tesi, la situazione affrontata da Volkswagen in Germania.

Il colosso di Wolfsburg, secondo produttore al mondo, naviga in cattive acque. Lo hanno spiegato pure gli stessi portavoce di VW in recenti occasioni. Per rimettersi sui giusti binari, il direttore finanziario ha fissato una scadenza di uno, massimo due anni, superata la quale scoppierebbe il caos. Le proteste sollevate pure in una fabbrica Audi dagli stessi lavoratori confermano le ritrosie circa la transizione ecologica.

Nessuno osa porre in discussione l’emergenza climatica; tuttavia, agli organi comunitari viene imputato un approccio troppo radicale. Allo stato attuale, le vetture full electric rimangono costose, al di fuori della portata delle famiglie comuni. Inoltre, le limitate infrastrutture e la lentezza delle ricariche pesano come un macigno sulle prospettive di crescita. Mentre i colossi europei devono convertire le linee di montaggio, il Governo della nostra penisola punta i piedi.

Basta all’incertezza

“Il processo del green deal prevede una clausola di revisione entro la fine del 2026, ma chiunque conosca il sistema produttivo sa che gli investimenti si fanno se c’è certezza”, ha dichiarato Urso. “Chiedo di anticipare questa decisione perché se lasciamo l’incertezza fino al 2026, si rischia un’ondata di scioperi e proteste europee come hanno fatto gli agricoltori e rischiamo il collasso dell’industria”. Di conseguenza, chiederà “chiederò per la prima parte del prossimo anno, per rivedere il processo, la tempistica e la modalità per giungere alla sostenibilità ambientale nel nostro continente”.

“Se si vogliono mantenere tempi stringenti – ha concluso – occorre sostenere l’industria con imponenti risorse pubbliche europee, con un piano tipo Pnrr per l’automotive e comunque la tempistica deve essere adeguata alla sostenibilità economica produttiva e sociale del nostro Paese”.

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha confermato il parere di Urso. “Non siamo solo noi a esplicitare qualche dubbio sul tutto elettrico dal 2035. Adesso si è accorta anche la Germania e quindi immagino che saremo più fortunati. Il green deal lo fai con il cambio di modalità operativa e lavorativa”.