Dazi Usa sui farmaci ma conseguenze anche per i pazienti italiani a causa di materie prime e tecnologia
I dazi Usa sui farmaci colpiranno i pazienti americani, ma anche quelli italiani a causa dei costi al rialzo di tecnologia e materie prime
La notizia era nell’aria, ma adesso che l’arrivo di dazi sui prodotti farmaceutici sembra inevitabile, la reazione delle Borse non ha tardato ad arrivare. A preoccuparsi, però, non è solo l’Europa, ma anche gli stessi Usa, dove le tariffe sui farmaci europei potrebbero avere un effetto boomerang sui pazienti e negli ospedali. Se l’industria farmaceutica statunitense è molto importante, soprattutto sul fronte della ricerca, molti dei medicinali sono Made in Europe. Ora che Donald Trump ha annunciato dazi su questi prodotti, c’è chi si chiede quali saranno le conseguenze e, soprattutto, se non si potrebbe verificare una carenza di farmaci. Virgilio Notizie ha intervistato Andrea Mandelli, presidente della Federazione Ordine Farmacisti Italiani.
- Trump vuole spingere le industrie farmaceutiche americane
- Quali e quanti farmaci importano gli Usa
- I farmaci italiani esportati negli USA
- Il valore dell’export italiano
- L’intervista ad Andrea Mandelli
Trump vuole spingere le industrie farmaceutiche americane
Nell’ormai storico annuncio dal Giardino delle rose della Casa Bianca, oltre a mostrare la tabella coi dazi per ogni Paese, Donald Trump aveva anche parlato delle aziende farmaceutiche che “torneranno a ruggire, torneranno tutte nel nostro Paese perché, se non lo faranno, dovranno pagare una grossa tassa”.
Se il danno economico per la produzione Made in Italy è evidente, le ricadute potrebbero essere pesanti anche negli Stati Uniti, a causa di aumento di costi e ritardi nell’ingresso dei medicinali in America.
ANSA
Quali e quanti farmaci importano gli Usa
Insieme a India e Cina, l’Europa – ma in particolare l’Italia – rappresenta il principale produttore di molti farmaci.
Nello specifico, se da Pechino e Nuova Dehli arrivano negli Usa soprattutto i principi attivi dell’ibuprofene e della ciprofloxacina (un comune antinfiammatorio utilizzato per problemi alle vie respiratorie o urinarie), da Roma provengono molti dei cosiddetti principi attivi di alta qualità (API) ed è florido il mercato della produzione per conto terzi per diverse aziende statunitensi.
I farmaci italiani esportati negli USA
Le difficoltà potrebbero riguardare, come indicano i dati di IQVIA, soprattutto prodotti contro:
- ipercolesterolemia (atorvastatina, rosuvastatina)
- pressione alta
- problemi cardiaci (amloodipina, lisinopril, losartan, metoprololo)
- tiroidismo (levotiroxina)
- diabete (metformina)
- antidolorifici e anticonvulsivi (gabapentin)
- problemi gastrici (pantoprazolo)
Il valore dell’export italiano
I dati ufficiali stimano in oltre 11 miliardi di euro il valore dell’export del settore farmaceutico verso gli Stati Uniti, dei quali circa 7,97 miliardi di dollari sono frutto di vendita di prodotti italiani negli Usa nel 2023.
Molti sono destinati ai singoli consumatori (con un valore calcolato in circa 5,27 miliardi di dollari), ai quali si aggiungono prodotti indispensabili per la ricerca e in settori specifici, come vaccini, sangue umano o animale, antisieri, tossine e colture.
Tra i principali gruppi industriali coinvolti nell’export, il Giornale ha ricordato queste aziende italiane:
- Chiesi Farmaceutici
- Gruppo Menarini
- Angelini Pharma
- Recordati
- Dompé Farmaceutici
- Alfasigma
- Zambon
- Kedrion Biopharma
L’intervista ad Andrea Mandelli
Cosa pensa dell’imminente arrivo dei dazi sui farmaci?
“Naturalmente penso che siamo di fronte a qualcosa di inedito. Va tenuto presente, però, che già oggi le aziende farmaceutiche italiane dovranno fare i conti con i dazi imposti su materie prime per realizzare i farmaci e hanno iniziato con una prima presa di coscienza. Poi, però, esiste anche un secondo livello di problematicità: all’industria farmaceutica occorre anche tecnologia e in questo caso le ripercussioni potrebbero essere importanti, sia a livello italiano che europeo”.
Quali potrebbero essere le conseguenze per il settore farmaceutico italiano?
“Certamente attendiamo di capire quali saranno, al di là degli annunci, le reali misure che l’Amministrazione Trump potrà decidere in campo farmaceutico. È evidente, però, che le ripercussioni non mancherebbero, dal momento che l’industria farmaceutica italiana rappresenta un’eccellenza e i dati lo dimostrano”.
L’Italia esporta molti prodotti farmaceutici di uso comune, dagli antidiabetici ai farmaci contro colesterolo, pressione alta e problemi cardiaci. Ci potranno essere conseguenze per i pazienti americani?
“Non è da escludere. Basti pensare che nel 2024 abbiamo esportato per 10 miliardi di euro, importando invece solo 1,4 miliardi di euro. L’eventualità di una politica restrittiva potrebbe avere conseguenze certamente anche per i consumatori americani. D’altro canto i farmaci non sono beni di consumo, ma beni essenziali, quindi io continuo a sperare che ci possa essere una soluzione differente”.
Un dazio del 25% potrebbe significare un aumento per un farmaco, inteso come singola compressa o pillola, di quasi 1 dollaro, ma nel caso di terapie oncologiche il costo potrebbe lievitare di moltissimo. I pazienti italiani, invece, non rischierebbero conseguenze?
“Purtroppo è difficile fare previsioni, anche perché si tratterebbe della prima volta nella storia recente”.
