Femminicidio di Jessica Stapazzollo a Castelnuovo, Roberta Bruzzone spiega qual è la "trappola mortale"
Roberta Bruzzone rivela i meccanismi che intrappolano le vittime di violenza domestica. Il caso di Jessica Stapazzollo palesa un sistema fallimentare
Roberta Bruzzone spiega quali sono i meccanismi che incastrano una vittima di violenza domestica in una relazione tossica. La morte di Jessica Stapazzollo ne è un esempio. La giovane donna avrebbe dovuto essere protetta dal sistema del braccialetto elettronico, ma questo è scomparso, mentre il dispositivo consegnatole è stato ritrovato nel garage della madre. Tra inefficienze nel monitoraggio e un uomo violento che ha continuato a fare pressioni psicologiche, si conta l’ennesimo femminicidio.
Bruzzone: “Le donne intrappolate”
La criminologa Roberta Bruzzone ha spiegato in televisione qual è il meccanismo che incastra le donne in una gabbia di violenza. Racconta di come, prima del gesto violento e omicida, ci sia un lungo processo manipolatorio. Proprio questo innesca un meccanismo “trappola” di natura psicologica e chimica.
Spiega che “le donne sono intossicate da queste relazioni”. Per questo, prosegue, ogni volta che l’uomo torna con carezze o promesse di cambiamento, “le donne si riattivano e pensano di ritrovare il principe azzurro dell’inizio della relazione”. Bruzzone fa riferimento a quello che viene definito “love bombing”, ovvero una tecnica manipolatoria che spinge a un veloce innamoramento con una falsa promessa di attenzione e affetto. “Questa è la trappola mortale che ancora oggi molti esperti fanno fatica a riconoscere”.
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E ancora aggiunge: “Non sono donne che non ce la fanno a lasciarli, sono donne intrappolate in meccanismi potenti. Altrimenti sottovalutiamo la portata del legame traumatico, che unisce queste donne agli uomini inesorabilmente”.
Il caso di Jessica Stapazzollo
Quello che è accaduto a Jessica Stapazzollo sembra configurarsi proprio come un caso da manuale che va dal love bombing alle violenze, fino al drammatico esito finale: il femminicidio. Si tratta di una parabola della violenza che gli studi di genere in ambito psicologico e criminologico conoscono bene.
Jessica, come stanno raccontando la famiglia e gli amici in questi giorni, era una vittima di violenza psicologica e fisica da tempo. È stata allontanata dal carnefice più volte, sono intervenute le forze dell’ordine che hanno colto in flagranza di reato Reis Pedroso Douglas, e si è arrivati fino al braccialetto elettronico e all’obbligo di restare a 500 metri dalla donna.
Contro l’uomo sono molte le accuse: dai maltrattamenti alle lesioni nei confronti di Jessica, fino alle violenze sessuali commesse contro la sorella della compagna e alla resistenza e minacce ai danni dei carabinieri intervenuti. A suo carico anche un provvedimento di ammonimento e il braccialetto elettronico.
Che fine ha fatto il braccialetto elettronico?
Non si può dire che Reis Pedroso Douglasnon fosse considerato pericoloso dalla famiglia, dagli amici, da Jessica stessa, ma anche dai giudici e dalle forze dell’ordine, che lo conoscevano fin troppo bene. Eppure è riuscito a restare fuori da un sistema di monitoraggio che, con molta probabilità, avrebbe potuto evitare l’ennesimo caso di femminicidio in Italia.
Il braccialetto elettronico si è dimostrato ancora una volta uno strumento non sufficiente per evitare l’omicidio di una donna. Era stato installato il 19 maggio e a Jessica era stato consegnato l’apparato ricevitore, che avrebbe dovuto avvisarla in caso di violazione.
Al momento del fermo dell’uomo, questo non indossava il braccialetto, che non è ancora stato ritrovato. Sappiamo invece dove si trovava l’apparato di Jessica: dietro una lavatrice nel garage della madre.
ANSA/ Facebook Luce di Maria