Il paradosso del gatto di Schrödinger è noto per essere una importante riflessione sulla natura della realtà quantistica e sulla difficoltà di conciliare i tali fenomeni con il mondo che ci circonda.
Lo stesso Schrödinger non intendeva proporre seriamente un esperimento da fare, ma piuttosto evidenziare le stranezze della teoria quantistica applicata al mondo macroscopico. Ai giorni nostri esistano molte interpretazioni della meccanica quantistica, eppure il paradosso risalente a quasi un secolo fa continua a stimolare il dibattito scientifico e filosofico. A offrire una vita d’uscita forse definitiva è un concetto moderno: quello del multiverso.
Risolto il paradosso del gatto: siamo in un multiverso?
Il fisico austriaco Erwin Schrödinger descrisse nella prima metà del XX secolo un esperimento mentale che evidenziava un problema lampante al cuore della meccanica quantistica. Il problema può essere riassunto nella nozione di un gatto che esiste in uno stato indefinito tra la vita e la morte.
Fisici teorici dell’Università di Barcellona potrebbero aver trovato una spiegazione. La loro proposta si basa principalmente sull’assunzione che ogni possibilità di un sistema quantistico costituisca un universo a sé, un concetto noto come la teoria dei molti mondi o, se preferite, del multiverso.
Philipp Strasberg, Teresa E. Reinhard e Joseph Schindler usano questo principio per mostrare come l’intreccio delle particelle in un paesaggio esistente trascina il gatto di Schrödinger fuori dalla propria equazione: il felino è morto o vivo, ma mai “nel mezzo”.
Un tentativo di dare un senso a questa distinzione nelle realtà è immaginare che tutte le possibilità degli stati di una particella siano ugualmente valide, ciascuna nel proprio universo. Di questi molti mondi, solo uno si intreccia con il nostro, guadagnandosi il diritto di essere considerato “reale”.
Problema risolto? Sì e no. Mentre l’ipotesi ci aiuta a visualizzare un singolo stato tra infinite possibilità, la spiegazione si basa ancora sull’assunzione che tutti gli universi si comportino in questo modo. Alla luce di ciò, il gatto di Schrödinger rimarrà un enigma nella fisica ancora per un po’. Con il gatto di non parliamo di fenomeni paranormali, ma di un paradosso che affascina e fa discutere da decenni, anche gli addetti ai lavori.
Cos’è il paradosso di Schrödinger
Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale proposto dal fisico austriaco Erwin Schrödinger nel 1935 per illustrare le difficoltà interpretative della meccanica quantistica.
Nel paradosso, Schrödinger immagina una situazione in cui un gatto viene posto in una scatola chiusa insieme a un meccanismo quantistico che può decidere se il gatto è vivo o morto. Il meccanismo è composto da un atomo radioattivo che, in base alla sua decadimento, attiva un martello che rompe una fiala di acido cianidrico, uccidendo il gatto. Se l’atomo non decade, il gatto rimane vivo.
Secondo la meccanica quantistica, fino a quando non osserviamo il sistema, la particella subisce una superposizione di stati, cioè l’atomo radioattivo si trova contemporaneamente in uno stato di decadimento e non decadimento. Di conseguenza, anche il gatto dovrebbe essere sia vivo che morto allo stesso tempo.
Secondo la meccanica quantistica, il sistema non “sceglie” uno stato definitivo fino a quando non viene osservato. Pertanto, il gatto è “sia vivo che morto”. Il paradosso solleva diverse domande filosofiche e interpretative, domandandosi come un oggetto macroscopico (come il gatto), che si comporta secondo le leggi della fisica classica, possa essere descritto dalla meccanica quantistica, la quale prevede sovrapposizioni di stati.
Il paradosso anima da molto tempo la discussione scientifica e, al contempo, provoca mal di testa a chi non ha una formazione scientifica. Per noi comuni mortali che non amiamo complicarci la vita, il problema del gatto in scatola resta esclusivamente quello del micio chiuso in un pacco Amazon nella primavera del 2024.