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BUONO A SAPERSI 14 NOVEMBRE 2024

Bere dalle lattine di alluminio fa male? La risposta della scienza

Bere dalle lattine di alluminio fa male? La risposta la dà la scienza, in uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Diseases. Un dubbio che in molti hanno sempre avuto, viste alcune pericolose proprietà del materiale, ma dopo tanti studi sul morbo dell’Alzheimer una risposta definitiva l’hanno data dei ricercatori che hanno voluto valutare gli effetti della sostanza sul nostro cervello.

Alluminio, gli effetti sul cervello

Gli scienziati inglesi che hanno condotto lo studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Diseases, hanno studiato la correlazione tra l’alluminio e le malattie del cervello, una fra tutte l’Alzheimer. Sembra infatti che questo metallo sia dannoso per la salute a lungo termine, in particolare per quella del cervello.

La scoperta più preoccupante è stata quella sulle piccole particelle di alluminio che ingeriamo senza accorgerci, per esempio quando beviamo da una lattina oppure mangiamo un panino incartato con quella sostanza. Queste piccolissime tracce di alluminio possono entrare nel nostro corpo e creare seri danni alla nostra funzione cognitiva a lungo termine.

I ricercatori hanno infatti scoperto che l’alluminio era presente nelle stesse aree del cervello dove ci sono i grovigli di proteine ​​che compaiono nelle prime fasi dell’Alzheimer. Lo studio ha anche dimostrato che l’alluminio potrebbe essere una delle cose che stimola la formazione di questi grovigli e delle placche che di solito precedono la diagnosi dell’Alzheimer. Questa scoperta dovrà poi essere confermata da ulteriori ricerche, ma non è la prima volta che un team di scienziati conferma gli effetti negativi dell’alluminio sul corpo umano.

Perché l’alluminio fa male, le altre ricerche

Già in passato, degli scienziati avevano ipotizzato che l’alluminio presente nei prodotti di uso quotidiano, come i deodoranti, potesse essere collegato in qualche modo alle malattie neurodegenerative e ad alcune forme di demenza. Questo problema ha avuto inizio negli anni ’60, quando gli scienziati hanno scoperto che l’alluminio si concentrava nel tessuto cerebrale dei malati di Alzheimer. Ma le industrie che producono il materiale hanno sempre negato ci potesse essere un collegamento con l’utilizzo quotidiano che ne facciamo tutti i giorni.

La stessa Alzheimer’s Association ha affermato con fermezza che “gli studi non sono riusciti a confermare un ruolo dell’alluminio nel causare l’Alzheimer” e “pochi credono che le fonti quotidiane di alluminio rappresentino una minaccia“.

Questo fino al 2011, quando è uscito uno studio del Journal of Alzheimer’s Disease del 2011 dal titolo “Alluminio e Alzheimer: Dopo un secolo di controversie, c’è un collegamento plausibile?“, che ha concluso una cosa molto interessante: dei 34 studi che hanno coinvolto 1.208 partecipanti e 613 casi di Alzheimer, i pazienti di AD avevano “livelli significativamente superiori di alluminio nel cervello, nel siero e nel CSF”. Da allora i ricercatori si sono concentrati nel cercare di scoprire la provenienza di questo alluminio, e le ricerche continuano ancora oggi.

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